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Meno posti letto, più morti per Covid. Il report di Anaao

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Statisticamente a ogni posto letto in meno per 1.000 abitanti è associato un +2% di aumento della mortalità generale

Meno posti letto ci sono in un Paese, più alto sarà il numero di morti per Coronavirus. Potrà anche sembrare una ovvietà, visto che sappiamo bene il ruolo giocato dalle terapie intensive nella lotta al Covid-19,  ma ora c’è l’ufficialità matematica dello studio di Anaao – Assomed, associazione dei medici dirigenti.

COSA DICE IL REPORT SUI POSTI LETTO

Dalla recente indagine condotta da Carlo Palermo, Segretario Nazionale Anaao Assomed e Chiara Rivetti, Segretaria Anaao Piemonte su dati elaborati da Giuliano Antoniciello, ricercatore dell’Università di Padova – è emerso infatti che statisticamente a ogni posto letto in meno per 1.000 abitanti è associato un +2% di aumento della mortalità generale.

“Questo significa – spiegano gli autori dello studio – che Paesi come la Germania o la Bulgaria, dove i posti letto per 1.000 abitanti sono tra i 7 e gli 8, hanno avuto un aumento della mortalità quasi nullo, mentre il Portogallo o i Paesi Bassi, con circa 3 posti letto per 1.000 abitanti, hanno avuto aumenti vicini al +10%”.

Tra i Paesi nei quali l’aumento è stato maggiore spiccano l’Italia, con circa un +17%, la Spagna, con +18%, e il Regno Unito, con +22%. La popolazione di Italia e Spagna ha un’età mediana più alta (rispettivamente 47.9 e 45.5 anni) di quella del resto della popolazione europea (42.7 anni), ma non il Regno Unito (40.8 anni). “Il fattore più rilevante per l’aumento della mortalità generale che accomuna questi tre Paesi – si legge – è la scarsità di posti letto negli ospedali”.

posti letto

Se da un lato, a questi risultati particolarmente negativi ha contribuito l’età più elevata della popolazione, non si può negare che la disponibilità di posti letto (compresi quelli nei reparti di terapia intensiva) abbia giocato un ruolo significativo nel determinare l’aumento della mortalità. In Italia, i posti letto per acuti per 1.000 abitanti sono diminuiti dai 4.71 del 2010 ai 3.14 del 2018, una riduzione del 33% in 8 anni.

Sul fronte della spesa sanitaria, secondo il rapporto Health at a Glance Europe 2020 dell’OCSE, l’Italia ha una spesa sanitaria (pubblica e privata) pro capite che, a parità di potere d’acquisto, si attesta nel 2019 a 2.473 euro (a fronte di una media Ocse di 2.572 euro) con un differenze vertiginose rispetto a Francia e Germania che, rispettivamente, segnano valori di spesa sanitaria pro capite di 3.644 euro e 4.504 euro. Da notare come di questi 2.473 euro pro capite, il 25%, sempre secondo dati OCSE, è rappresentato da spesa privata, out of pocket.

“Dal sondaggio Anaao Assomed condotto nell’ottobre del 2020 – spiegano sempre gli autori del report -, è emerso inoltre come le carenze di professionisti e lo scarso coinvolgimento dei medici nei processi decisionali abbiano contribuito in modo sostanziale al peggioramento del servizio offerto dagli ospedali pubblici, in particolare per la sospensione dell’attività ordinaria”.

L’aumento di mortalità registrato “è infatti in larga parte attribuibile alla malattia Covid-19 ma sicuramente pesa anche l’aumento di mortalità per tutte le altre cause: la sospensione dei controlli per le malattie croniche, il rinvio degli screening e degli interventi non urgenti, la riduzione di accesso alle cure per timore del contagio hanno determinato decessi e ne determineranno ancora per molto tempo”.

In altre parole, concludono i ricercatori, “molte delle morti cui abbiamo assistito durante la prima ondata della pandemia si sarebbero potute evitare se avessimo avuto un sistema sanitario adeguatamente attrezzato, organizzato e soprattutto finanziato. La pandemia del 2020 ha mostrato con dolorosa chiarezza che il prezzo del sotto-finanziamento della sanità pubblica nel decennio 2010/2019, una scelta politica motivata con la necessità del risparmio e con la ricerca di una presunta maggiore efficienza del sistema sanitario, è stato pagato con la morte di decine di migliaia di persone”.

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