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La scuola riparte nell’incertezza. L’allarme di docenti e sindacati

Scuola

Fra pochi giorni riapriranno le scuole e genitori, docenti e sindacati sono preoccupati. Tra Governo, Regioni e Cts sono state dette tante cose su mascherine, distanza, banchi, classi ridotte, aumento di personale e molto altro. Ma quelle fatte sono ancora troppo poche

La scuola si prepara a ripartire tra pochi giorni, ma rimangono dubbi e forti preoccupazioni: l’incremento dei contagi delle ultime settimane, infatti, sta destando allarme nel corpo docente, soprattutto quello anziano – nella scuola la percentuale di over 55 è del 40-45% e gli ultra 62enni sono 171 mila – e non sono pochi i professori che stanno presentando certificato medico.

L’ALLARME DEI SINDACATI

“C’è un certo timore sul ritorno a scuola ma è motivato dall’incertezza delle comunicazioni: mascherina sì o no, fragili sì o no. Tutto questo accentua le preoccupazioni di chi si sente minacciato dal punto di vista della salute”, ha dichiarato il leader della Uil Scuola, Pino Turi. “In questi giorni gran parte dei docenti si incontra da remoto ma le questioni esploderanno al momento di rientrare in servizio e questo perché mancano certezze”, ha aggiunto. “Abbiamo bisogno di indicazioni e regole per i lavoratori fragili: i dirigenti non possono operare in modo differente”, ha dichiarato anche la segretaria della Cisl Scuola Maddalena Gissi.

IL MESSAGGIO DI AZZOLINA

“Quello che stiamo per vivere è un inizio davvero particolare: tutti voi, docenti, dirigenti, personale Ata, siete ben consapevoli del fatto che stiamo per scrivere, insieme, un capitolo nuovo e determinante nella storia della nostra scuola”, ha scritto la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina in una lettera aperta al personale scolastico. “Siate innanzitutto fieri del lavoro fin qui svolto. Veniamo da mesi difficili in cui, come comunità scolastica, abbiamo dovuto reagire ad una pandemia che ha colto il mondo di sorpresa, travolgendolo. Abbiamo affrontato un evento inatteso e davvero doloroso per noi che viviamo del contatto con gli studenti: la sospensione delle attività didattiche in presenza. La didattica a distanza, nonostante le difficoltà, ha tenuto vivo il legame con le nostre ragazze e con i nostri ragazzi”.

IL NI DEL CTS SULLE MASCHERINE

Niente mascherina a scuola se viene rispettata la distanza di un metro. Nella scuola primaria, “per favorire l’apprendimento e lo sviluppo relazionale, la mascherina può essere rimossa in condizione di staticità con il rispetto della distanza di almeno un metro e l’assenza di situazioni che prevedano la possibilità di aerosolizzazione (ad esempio il canto)”. È quanto ha scritto il Comitato tecnico scientifico in una nota. “Nella scuola secondaria, anche considerando una trasmissibilità analoga a quella degli adulti, la mascherina può essere rimossa in condizione di staticità con il rispetto della distanza di almeno un metro, l’assenza di situazioni che prevedano la possibilità di aerosolizzazione (es. canto) e in situazione epidemiologica di bassa circolazione virale come definita dalla autorità sanitaria”.

COSA NON È STATO FATTO PER LA SCUOLA

“La scuola è una risorsa decisiva per il futuro della comunità”. Lo ha detto pochi giorni fa il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ma negli ultimi mesi è stato in realtà un coro unanime, da Confindustria alla sinistra extraparlamentare. “Vediamo allora quali misure concrete sono state prese per avviare questa encomiabile svolta nel mondo della scuola”, ha scritto in un post su Facebook Gianpaolo Pepe, dottorando in Diritto e istituzioni economico-sociali all’Università di Napoli Parthenope. “Aumento della spesa in istruzione (ultimi in Europa in rapporto alla spesa pubblica totale): NO. Investimenti per la sicurezza e l’igiene degli ambienti scolastici (i soffitti che crollano, i riscaldamenti che non funzionano e i bagni degni della legione straniera non sono colpa del Covid): NO. Raddoppio del corpo docente e degli edifici scolastici per avere finalmente classi con 15 alunni, anziché 30: NO. Ingente spesa per dotare finalmente le scuole di palestre e di laboratori di chimica, fisica, informatica, musica, al momento indecenti o proprio inesistenti: NO. Eliminazione del digital divide che esiste, per dire, tra una scuola del centro di Milano e un istituto di Casavatore o di Favara, e che fa da potente moltiplicatore del divario sociale: NO. Lotta alla dispersione scolastica (terzultimi in Europa con trend in crescita dal lockdown e picchi del 27,1% in province come Caltanissetta): NO. Elaborazione di un serio piano di ripetizioni pubbliche per attenuare lo scandalo classista delle ripetizioni private (un mercato da un miliardo di euro, come ricorda Christian Raimo): NO. Aumento dello stipendio degli insegnanti con adeguamento alla più dignitosa media Ocse: NO. Riformulazione delle modalità di reclutamento e formazione del corpo docente, sempre più appiattite su una deprimente aziendalizzazione del mondo scolastico: NO”.

COSA È STATO FATTO

Chiude con amara ironia il post di Pepe, provando a riassumere quali misure concrete sono state prese prima della riapertura della scuola: “Tiro al piccione sugli insegnanti, divenuti nuovo capro espiatorio autunno-inverno 2020/21; insultati ogni due ore da Confindustria, Renzi e giornali a reti unificate; trattati come scansafatiche anche se durante il lockdown si sono fatti un mazzo così con la didattica a distanza; ridotti, da educatori, a baby-sitter gratuiti della prole di un paese che altrimenti non può essere rimandato a calci in fabbrica e in ufficio (il tutto condito da un po’ di sana caciara su banchi, mascherine e misurazione della temperatura): SÌ”.

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