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Ecco perché il decreto clima è stato azzoppato
A fare resistenza sul decreto clima non sarebbe solo la politica ma anche i sindacati che lamentano di non essere stati informati e gli autotrasportatori che hanno già dichiarato di non digerire i tagli ai sussidi dei carburanti.
Il decreto clima doveva approdare sul tavolo del Consiglio dei ministri per il via libera in vista della partenza del titolare dell’Ambiente Sergio Costa con il premier Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, per il Climate Action Summit 2019, il summit mondiale sul clima all’Onu in programma a New York il 23 settembre. Invece il nuovo piano “green” del governo, messo nero su bianco in un decreto legge, non è stato nemmeno portato a Palazzo Chigi.
MANCANO LE COPERTURE
La ragione? Troppi malumori tra gli altri membri del governo e mancanza di coperture. A ricostruire la vicenda è Il Messaggero: “Il neo ministro Roberto Gualtieri è all’affannosa ricerca di una quindicina di miliardi di euro tra tagli di spesa e revisione delle agevolazioni fiscali da utilizzare per disinnescare gli aumenti Iva da 23 miliardi del prossimi anno. Costa è entrato a gamba tesa su una delle voci più promettenti di risparmio allo studio del ministero dell’Economia” vale a dire il taglio lineare del 10% ai sussidi ambientalmente dannosi. “E non sarebbe stato l’unico. Fonti bene informate raccontano che nell’ultimo preconsiglio dei ministri, più di un componente del governo Conte bis si sarebbe presentato con la proposta di un decreto legge. A Palazzo Chigi è subito scattata un campanello d’allarme” per il rischio di “trovarsi ingolfato di provvedimenti da convertire proprio alla vigilia di una complicata manovra economica”. Non solo. “Due commissioni fondamentali per l’esame dei provvedimenti economici sono in mano a due esponenti dell’opposizione. La commissione bilancio della Camera è presieduta dal leghista Claudio Borghi, quella finanze del Senato dal collega di partito Alberto Bagnai. L’incidente, insomma, rischia di essere dietro l’angolo”.
TECNICI AL LAVORO PER TROVARE LA QUADRA
Anche secondo il Fatto Quotidiano “a farlo slittare è stata la riduzione del 10% annuo – a partire dal 2020 e fino a esaurimento nel 2040 – dei cosiddetti sussidi ambientalmente dannosi che, ha stimato il ministero, ogni anno ammontano a circa 19 miliardi di euro in tutti i settori, dall’agricoltura, all’energia, fino ai trasporti”. Per ogni settore colpito, “c’è chiaramente un ministero di riferimento con cui doversi raccordare nelle prossime ore”, ha evidenziato il quotidiano aggiungendo che un altro dei nodi, riguarda “il ministero dei trasporti e l’introduzione di un bonus di 2000 euro per chi rottama un’auto da classe Euro 4 in giù. L’idea di Costa è prendere le coperture dalle aste verdi” il cui ricavato “finora è andato al Bilancio dello Stato e che stavolta – nelle intenzioni – dovrebbe rimanere al ministero dell’Ambiente”.
“Trattative in corso insomma, e non è da escludere che si cederà su alcuni fronti (come ad esempio sulla riduzione dei sussidi che potrebbe essere spalmata su un periodo più lungo e quindi a meno del 10% all’anno)”. In ogni caso “i tecnici dei ministeri proveranno a trovare la quadra durante gli incontri previsti per l’inizio della prossima settimana e così il decreto (e le sue inevitabili modifiche) potrebbe arrivare al prossimo Consiglio dei ministri, probabilmente già giovedì, evitando così di essere trasformato in un disegno di legge”.
SINDACATI E AUTOTRASPORTATORI GIÀ SUL PIEDE DI GUERRA
Ma a fare resistenza non sarebbe solo la politica ma anche i sindacati che lamentano di non essere stati informati e gli autotrasportatori che hanno già dichiarato di non digerire i tagli ai sussidi dei carburanti. “La Cgil ha lamentato che sul decreto Ambiente non c’era stato alcun confronto con i sindacati – si legge su La Verità -. La segretaria della Cisl, Annamaria Furlan, si è detta stupita che all’incontro con il premier Conte ‘nessuno ci abbia accennato che fosse pronto un decreto importante’”.