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Elezioni regionali, tutti gli scheletri nell’armadio (non tanto segreti) dei candidati

Candidati

Dai crimini da “colletti bianchi” a errori di gioventù, passando per accuse infondate: quali sono gli “inciampi” dei candidati alle elezioni regionali in Lazio e Lombardia  

Si scaldano i motori per gli ultimi dieci giorni di campagna elettorale per le elezioni regionali in Lazio e Lombardia. I candidati sono donne e uomini con una lunga carriera politica (unica eccezione Donatella Bianchi passata dalla conduzione di Linea Blu alla candidatura alle Regione Lazio per il M5S). Un percorso, umano e professionale, che ha incontrato sul suo cammino luci e ombre. Andiamo a vedere quali sono stati gli “inciampi”, o presunti tali, dei candidati alle elezioni regionali in Lazio e Lombardia, due delle più popolose regioni italiane.

I CANDIDATI DEL LAZIO, D’AMATO: I COSTOSI INTRECCI TRA POLITICA E TERZO SETTORE

Finita l’era Zingaretti nel Lazio? Non nei desiderata del partito democratico che alle prossime elezioni del 12 e 13 febbraio ha candidato Alessio D’Amato, assessore alla sanità della regione Lazio dal 2018. D’amato ha costruito la sua candidatura sulla gestione della pandemia e della campagna vaccinale. Laureato in sociologia, da sempre si occupa di sanità. Dal 2005 al 2010 è stato membro della commissione sanità a bilancio del consiglio regionale del Lazio e della commissione sicurezza sul lavoro. Ed è proprio per fatti che risalgono agli anni della commissione sanità che la Corte dei Conti ha condannato D’Amato e i suoi collaboratori Barbara Concutelli ed Egidio Schiavetti a risarcire 275 mila euro. La sentenza, dello scorso 2 settembre 2022, si riferisce a fatti che risalgono agli anni 2005-2008. Secondo le rilevazioni della Corte in quel triennio sarebbero stati stanziati fondi pubblici utilizzati in maniera difforme rispetto all’oggetto dello stanziamento. La vicenda riguarda il finanziamento, con 275mila euro, della “Fondazione Italia – Amazzonia onlus”, della quale D’Amato è stato fondatore, vicepresidente e presidente onorario, al fine di promuovere “iniziative di carattere sociale, culturale e sportivo di peculiare interesse per la regione”. Invece, secondo la Corte, i fondi sono stati utilizzati per finanziare l’attività politica e di propaganda elettorale svolta dall’associazione Rosso Verde-Sinistra Europea, che nel periodo in esame ha espresso propri candidati alle elezioni politiche del 9-10 aprile 2006 e alle comunali del 29-29 maggio 2006″. Rispetto a tale sentenza il candidato Alessio D’Amato ha presentato ricorso in appello. Anche la giustizia penale si è interessata di questa vicenda ma il processo penale per truffa aggravata si è chiuso con la prescrizione del reato.

FRANCESCO ROCCA: IL CUORE A DESTRA E UN PASSATO RISCATTATO

Se sulle spalle del candidato del centro sinistra c’è una condanna di carattere amministrativo su quelle del candidato del centro sinistra ce n’è una penale. Aveva 19 anni Francesco Rocca quando nel 1986 venne condannato dal Tribunale di Roma per spaccio di eroina. I carabinieri stavano indagando su un giro di spaccio a Casal Palocco, tra Roma e il litorale laziale, e dopo una serie di appostamenti fermarono Francesco Rocca che disse che su richiesta di un gruppo di spacciatori nigeriani aveva trovato una acquirente per un grosso quantitativo di eroina, un 23enne romano. Rocca venne condannato a 3 anni e due mesi di reclusione, poi scontati di due mesi. Negli anni successivi Rocca si è riscattato raggiungendo posizioni di prestigio all’interno della Croce Rossa Italiana e internazionale: è stato il primo italiano a essere presidente della Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa. Vicino alla destra romana, come suo portavoce alla Croce Rossa ha scelto Marcello De Angelis, giornalista, ex parlamentare e in gioventù esponente di Lotta Studentesca insieme al fratello Nazareno, detto Nanni, morto mentre era nel carcere di Rebibbia in circostanze mai del tutto chiarite (venne ritrovato impiccato ma sul suo corpo vennero rinvenute le tracce di percosse).

DONATELLA BIANCHI: UN INCARICO DI TROPPO?

La candidata del M5S è Donatella Bianchi, giornalista Rai e conduttrice da vent’anni di Linea Blu, la trasmissione di Rai Uno dedicata al mare italiano, alla sua economia e alle persone che vivono nelle città sul mare. La giornalista, candidata alla Regione Lazio, è stata attaccata dai suoi avversari per il ruolo da presidente del parco delle Cinque Terre. “Ritengo sia un ruolo totalmente incompatibile”, ha detto Giovanni Toti, governatore della Liguria, invitando la candidata, e collega, a dimettersi da presidente del parco. A prendere le sue difese ci ha pesato presidente di Federparchi, Giampiero Sammurì, ricordando che anche l’ex presidente del parco nazionale del Cilento, Tommaso Pellegrino, era “consigliere regionale in Campania”.

I CANDIDATI IN LOMBARDIA, MAJORINO: LE CRITICHE PER L’ATTIVITÀ DA EURODEPUTATO

In Lombardia il candidato del centro sinistra è Pierfrancesco Majorino, ex assessore alle politiche sociali del Comune di Milano e eurodeputato. Milanese, residente nell’elegante quartiere di Porta Romana, da sempre vicino agli ambienti più di sinistra del versante democratico.  Ha scritto 9 libri, da saggi sulla politica a reportage a romanzi. Del resto è una passione di famiglia: è nipote del poeta meneghino Giancarlo Majorino, fondatore della Casa della Poesia nella Palazzina Liberty. Majorino è esponente di una sinistra ambientalista, “Sogno una Milano senza auto entro il 2030“, disse nel 2016, candidandosi alle primarie come sindaco di Milano. Qualche tempo fa ha ricevuto aspre critiche un suo voto in Parlamento Europe. Durante la plenaria dello scorso ottobre nel parlamento europeo si è votata la relazione sul bilancio dell’Ue per il 2023 ed è stato presentato un emendamento in cui veniva ribadita “profonda preoccupazione per il fatto che la Commissione europea abbia recentemente finanziato o cofinanziato campagne di promozione dell’hijab, in cui si afferma ad esempio che ‘la libertà è nell’hijab“. Silvia Sardone, eurodeputata della Lega, ha accusato Majorino di aver votato contro la sospensione dei finanziamenti alla campagna pro hijab. “Majorino, eurodeputato dei socialisti, ha votato contro sia alla critica ai finanziamenti pro velo islamico sia alla richiesta di non spendere più soldi pubblici per campagne pro hijab – ha detto Silvia Sardone – . Che credibilità può avere dunque Majorino che, di fatto, sostiene il valore islamico e chi lo vede come simbolo di libertà?”. Il tutto si accompagna alle aspre polemiche che hanno accompagnato lo scandalo Qatargate che ha travolto il Parlamento europeo e ha interessato il partito di Majorino. 

ATTILIO FONTANA: TUTTE LE ACCUSE SMONTATE

L’attuale presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana ha alle sue spalle numerose vicende giudiziarie, tutte concluse in un nulla di fatto, tranne una, una multa da mille euro comminata dall’Autorità nazionale anticorruzione per aver omesso, in qualità di sindaco di Varese, la dichiarazione del proprio stato patrimoniale. Durante la pandemia è stato accusato dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e dai sostituti Luigi Furno e Carlo Scalas, di frode in pubbliche forniture. L’indagine verteva sull’affidamento, nell’aprile 2020, da parte della Regione Lombardia di una fornitura di 75mila camici e altri dispositivi di protezione individuale all’azienda Dama, di proprietà del cognato di Attilio Fontana, e in misura del 10% della moglie del presidente della Regione. Valore totale circa mezzo milione di euro. Secondo la Procura, il Governatore avrebbe poi tentato “di simulare l’esistenza” dall’inizio “di un contratto di donazione” per i 50mila camici che erano stati già consegnati. La fornitura si era poi trasformata in donazione e per rifondere Dama del mancato guadagno, avrebbe effettuato un bonifico dal proprio conto di 250mila euro. Dopo le prime indagini il gup ha chiesto l’archiviazione, che segue la richiesta di archiviazione per epidemia colposa ed omicidio colposo plurimo, entrambe le accuse maturate nelle prime fasi dell’epidemia da Covid19.

LETIZIA MORATTI: LE PENDENZE GIUDIZIARIE CHE NE HANNO OSTACOLATO L’ELEZIONE AL QUIRINALE

Chiude la rassegna degli “scheletri nell’armadio” dei candidati alle elezioni regionali in Lazio e Lombardia, Letizia Moratti, ex sindaco di Milano ed ex assessore al welfare di Attilio Fontana. Anche nel curriculum di Letizia Moratti la lunga carriera politica ha lasciato strascichi giudiziari. Nel 2017 l’ex sindaco di Milano, la sua giunta e alcuni ex dirigenti comunali sono stati condannati in via definitiva dalla Corte dei Conti Centrale a rifondere l’erario pubblico (e nello specifico il Comune di Milano) con oltre un milione di euro. La sentenza arriva al termine di un procedimento per danno erariale nell’ambito della vicenda delle “consulenze d’oro” del 2007. Letizia Moratti è stata condannata a versare oltre 591 mila euro per 11 incarichi dirigenziali esterni a non laureati per quasi 1 milione e 900 mila euro, e retribuzioni ritenute troppo costose, più di 1 milione, per alcuni addetti stampa. Tale condanna venne ripescata quando il centrodestra fece il suo nome come candidata al Colle, prima della rielezione del Presidente Sergio Mattarella.

 

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