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Francesco Giubilei e non solo, gli esponenti di Lega e FdI al meeting conservatore contro la difesa dell’Ucraina

Francesco Giubilei Consigliere Di Gennaro Sangiuliano

Il consigliere del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ma anche Vincenzo Sofo, Simone Billi, Guglielmo Picchi e Daniele Scalea hanno partecipato alla Cpac, la Conservative Political Action Conference tenutasi il 4 e 5 maggio a Budapest

In questi primi sei mesi di governo in Italia, Giorgia Meloni ha avuto a che fare con diverse difficoltà interne alla propria maggioranza e anche con le prime crepe sul Pnrr tra Bruxelles e Roma. Ma i timori dei mercati, delle cancellerie estere e anche della stampa in generale si sono placati soprattutto per il decisionismo della leader di Fratelli d’Italia nel ribadire senza se e senza ma l’appoggio a Kyiv, l’adesione all’Ue e all’alleanza atlantica.

Eppure, in passato ma anche oggi, le ambiguità ideologiche e posizionali interne ai tre partiti che hanno vinto le elezioni del 25 settembre scorso, FdI-Lega-Forza Italia, riemergono non appena si apre uno spiraglio. Per esempio, se non soprattutto, sulle idee riguardo l’aggressione russa all’Ucraina.

NUOVO CASO FILORUSSO PER LA DESTRA?

Agli albori del voto che ha portato per la prima volta nella storia un partito erede della tradizione neofascista e post-fascista a Palazzo Chigi, Silvio Berlusconi, leader mai arrendevole e vecchio amico dello zar Vladimir Putin, parlando a Porta Porta accusava Zelensky e spiegava che in realtà Mosca voleva solo prendersi il Donbass mettendo un governo di “persone per bene”.

Più di recente, ma di casi passati ce ne sono e come (i viaggi di Salvini in Russia dicono qualcosa), ricordando l’anniversario dell’assassinio di Giacomo Matteotti il senatore leghista Massimiliano Romeo ha ridotto al minimo le parole sull’attentato fascista di 99 anni fa per concentrarsi sui pericoli del politicamente corretto (che in Italia, a differenza degli Usa, ancora non c’è ma lo si combatte come se ci fosse) e dei vaccini. E sulla guerra russa all’Ucraina, dicendo che “venire accusati di essere filo-putiniani perché si sostiene che è giusto che tra Ucraina e Russia si raggiunga al più presto la pace, che bisogna stare attenti a evitare quella che può essere un’escalation, è o meno libertà? Per noi no, non è libertà di pensiero”.

IL MEETING DI BUDAPEST

Ne scrivevamo su Policy Maker il 3 maggio, un giorno prima di un altro evento che può essere inserito in questa recentissima rassegna di sparate filoputiniane della destra, malgrado Giorgia Meloni continui a mettere tutto il suo impegno per ribadire il sostegno a Zelensky e all’Ucraina.

Si tratta della Cpac, acronimo di Conservative Political Action Conference. Giunta al secondo anno, si è svolta a Budapest sotto il motto “Uniti ci troviamo” e si definisce come “il principale raduno conservatore internazionale del mondo”. Prima di specificare che “anche quest’anno, gli organizzatori hanno invitato Viktor Orbán, il primo ministro dell’Ungheria, a tenere il discorso di apertura.

“Originario degli anni ’70, il CPAC divenne il raduno annuale della destra americana. La prima iterazione europea della conferenza è stata ospitata dal Centro per i diritti fondamentali nella capitale ungherese l’anno scorso. L’evento, incentrato sui valori di “Dio, Patria, Famiglia” e ha attirato più di 1.500 persone, tra cui quasi 200 decisori stranieri, giornalisti e influencer, ha generato un enorme interesse: sono state forgiate amicizie ancora più strette con i nostri alleati e il mondo liberale di sinistra è scoppiato nell’isteria. Con una buona ragione. Il CPAC, sperimentato dall’American Conservative Union (ACU), il partner americano del Centro, è un progetto di punta per i conservatori che costruiscono la loro alleanza internazionale, e il CPAC Ungheria di quest’anno si concentrerà sull’incubo dei liberali: la convergenza internazionale delle forze nazionali”.

FRANCESCO GIUBILEI, CONSIGLIERE DI SANGIULIANO, E TUTTI I PARTECIPANTI DI LEGA E FDI ALLA CPAC 2023

Tutto normale? Tutto nella norma se non che è opportuno ricordare come Ungheria e conservatori americani duri e puri sono oggi molto trumpiani e come tali sulla questione russo-ucraina sono molto distanti dalla causa di Kyiv. “Più democratici (66%) sosterrebbero Kiev «as long as it takes», più repubblicani (61%) e indipendenti (49%) vorrebbero limiti temporali all’aiuto”, ricordava il mese scorso Federico Petroni su Limes.

E partecipare attivamente a una kermesse come la Cpac, che ha visto anche la presenza di Steve Bannon, di Eduardo Bolsonaro (figlio di Jair), Santiago Abascal (leader del partito di estrema destra spagnola Vox) riaccende le ambiguità in politica estera di Lega e Fratelli d’Italia.

Infatti, come ha raccontato Paolo Mastrolilli – inviato negli States di Repubblica, il meeting è servito a riunire chi è pronto a sostenere ancora Donald Trump verso il voto del 2024 e a ribadire, come ha fatto Viktor Orban aprendo le danze, i “no all’immigrazione, no alle politiche di genere, no alla guerra”.

Venendo ai protagonisti italiani, Francesco Giubilei (qui il suo curriculum) – cesenate classe 1992, giornalista e oggi consigliere del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano – ha partecipato al panel “No woke zone” del 4 maggio insieme tra l’altro all’estremista di destra Usa Jack Posobiec (definito a giugno scorso dal Southern Poverty Law Center come “estremista, citando i suoi legami con gruppi di odio come i Proud Boys e Oath Keepers, così come i suoi legami con nazionalisti bianchi, neonazisti, estremisti antigovernativi e l’estrema destra polacca”).

Ma non solo. Al panel successivo, denominato “Nation’s first”, hanno partecipato il deputato della Lega Simone Billi (qui il suo curriculum) e Guglielmo Picchi. Passato da Forza Italia a Lega nel 2016, è stato sottosegretario agli Esteri, deputato e artefice dell’incontro tra Matteo Salvini e Donald Trump nell’aprile di sette anni fa. Ha co-fondato il centro studi conservatore Machiavelli e contrario (diversamente dal partito) al taglio dei parlamentari votato in referendum a fine 2020.

Infine, Daniele Scaleapresidente del Centro Studi Machiavelli – ha presenziato al “Local vs. Hiperglobal”. Un anno fa a Cusano Tv ci teneva a specificare – tra l’altro – che qui in Occidente ascoltiamo solo la campana ucraina. Di recente e Vincenzo Sofo, Gruppo dei Conservatori e Riformisti europei, figurava tra i partecipanti del “No country for woke men”. A marzo 2022 condivideva sui suoi social il post di Riccardo Emidio Cocco, estremista di destra con base in Donbass, uno dei protagonisti della propaganda filorussa.

LA PARTITA EUROPEA DI MELONI

Intanto, in Ue, Giorgia Meloni – che presiede il gruppo dei Conservatori e riformisti – sta tentando di stringere una alleanza con i Popolari. Anche la Lega vorrebbe, almeno in parte, smarcarsi dal suo gruppo Identità e Democrazia che vede la partecipazione anche di AfD e Rassemblement National.

“Le forze politiche della destra italiana sono alla ricerca di un nuovo profilo da destra di governa, allineata ai popolari sulle questioni economiche, internazionali e di governance europea”, scriveva su Domani Lorenzo Castellani. Ma reiterare certe ambiguità non aiuta a compiere questi passi.

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