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I primi malumori nel Centrodestra

Cerasa Centrodestra

Cosa succede nel Centrodestra a guida Meloni?

Nella sua lunga, paziente attesa dell’agibilità della nuova legislatura in cui permettere al presidente della Repubblica di appropriarsi davvero dell’agenda della crisi per la formazione del governo Giorgia Meloni è tornata un attimo al ruolo di opposizione svolto contro tutti gli esecutivi succedutisi nella precedente, compreso quello di Mario Draghi. Di cui però è stata anche, e paradossalmente, la sostenitrice maggiore sul terreno non certamente secondario della politica estera, specie nella contingenza bellica provocata da Putin con l’invasione dell’Ucraina e l’annessione referendaria di territori che neppure controlla davvero.

La signora si è appena scontrata a distanza con Draghi sul piano nazionale di ripresa e resilienza concordato con l’Unione Europea lamentando “ritardi e mancanze” che il presidente del Consiglio nega con nettezza, levando gli occhi al cielo davanti alle telecamere. E indicando come prova delle sue valutazioni positive la tranche di 21 miliardi di euro appena disposta a Bruxelles, in aggiunta ai quasi 46  dei mesi scorsi.

A occhio e croce, trattandosi di numeri e di rapporti con uffici comunitari con i quali egli ha più dimestichezza della candidata alla sua successione, si dovrebbe o potrebbe -come preferite- credere più a lui che a lei, peraltro trattata generalmente con i guanti dal presidente del Consiglio per ragioni non semplicemente di cavalleria. E tanto meno per guadagnarsene l’appoggio a chissà quale incarico internazionale- fra quelli di cui si scrive da tempo sui giornali, dalla Nato alla stessa Unione Europea- avendo più volte precisato lui stesso che sa cercarseli e trovarseli da solo, senza bisogno di taroccare il suo curriculum, come è capitato nella scorsa legislatura a Giuseppe Conte di sentirsi rimproverare da qualcuno attento ai dettagli.

I problemi della Meloni sulla strada di Palazzo Chigi non sono tuttavia quelli dei presunti ritardi del piano di ripresa e resilienza. E forse neppure quelli di un alleato scomodo come Matteo Salvini, che prenota o fa prenotare posti un pò dappertutto agitando forse più i titolisti dei giornali che la stessa Meloni, convinta che alla fine il capo della Lega si adeguerà alle decisioni e valutazioni del presidente della Repubblica. Dal quale soltanto egli ha già detto di accettare di venire deluso.

I problemi della Meloni vengono forse sempre dal centrodestra ma più ancora da Forza Italia, dove Silvio Berlusconi si sarà pure assunto il ruolo di regista, padre di famiglia, nonno e quant’altro, ma non riesce a controllare umori, sospetti, risentimenti di chi lo circonda e magari pensa di farlo contento dicendo cose che a lui sono precluse dal profilo che ha voluto darsi in pubblico, a livello addirittura internazionale.

Sentite che cosa ha detto non più tardi di ieri all’edizione palermitana di Repubblica il presidente uscente dell’assemblea regionale siciliana Giovanni Miccichè, Gianfranco per gli amici. Che è ancora indeciso, mentre scrivo, se rimanere in regione, dove è stato rieletto, o trasferirsi al Senato, dove ha conquistato un seggio  e potrebbe davvero sedersi alla sinistra di Berlusconi, dalla parte del cuore. Deluso dal sistema maggioritario, fatto per “Paesi maturi”, come il nostro evidentemente non sarebbe, Miccichè ha considerato “il ritorno al proporzionale quasi scontato”. E non in una prospettiva, diciamo così, di medio o lungo tempo, ma a breve. “Per il 2023 -ha detto- si potrebbe arrivare al cambio della legge elettorale e a un ritorno alle urne”, al quale -ha aggiunto- sarebbe “felice di partecipare andando a Roma”, anziché rimanere nella sua Sicilia, magari a creare problemi all’amico Renato Schifani eletto alla presidenza della regione dopo la guerra -più o meno- fatta dallo stesso Miccichè al meloniano Nello Musumeci, Che in qualche modo ha chiesto e ottenuto asilo anche lui al Senato. Dove il governo avrà forse gatte da pelare più nella maggioranza che nell’opposizione.

Tutti i Graffi di Damato. 

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