Banchieri e imprenditori ancora al centro della finanza italiana, occhi puntati su scena e retroscena…
Perché Caltagirone dà tribuna al capo di gabinetto di Meloni (bastonato dal giornale di De Benedetti)
Gaetano Caputi, capo di gabinetto di Palazzo Chigi, in un’intervista al Messaggero parla dei “tentativi di condizionamento”, del dossier dossieraggio e anche delle vicende che lo riguardano più da vicino
Forse non è un’anomalia, sicuramente però non è da tutti i giorni aprire un giornale e leggere un’intervista al capo di gabinetto in carica del Presidente del Consiglio. Non era capitato durante il governo Draghi quando c’era Antonio Funiciello, né durante i governi Conte quando a sedere sulla poltrona di capo di gabinetto c’era Alessandro Goracci, E’ avvenuto invece oggi sul Messaggero, con richiamo in prima pagina, con il colloquio tra il giornalista Ernesto Menicucci e Gaetano Caputi.
Un’intervista ospitata sul giornale del gruppo Caltagirone, quotidiano tendenzialmente mai ostico con l’attuale governo (tranne che sull’Autonomia), che varia tra il personale, il tecnico e che alla fine verte sui principali dossier di politica economica.
Il tutto avviene dopo una sequela di articoli pubblicati nelle scorse settimane sul Domani di Carlo De Benedetti, che aveva preso di mira il ‘grand commis’ di Palazzo Chigi. E, non a caso, Caputi coglie al volo la tribuna offerta dal Messaggero per replicare proprio alle inchieste giornalistiche del Domani e togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Non esitando, allo stesso tempo, come aveva già fatto in passato la premier Meloni, a denunciare “tentativi di condizionare le scelte dell’esecutivo” (senza specificare bene chi).
CAPUTI: “C’E’ UNA FORTE TENDENZA A CONDIZIONARE LE SCELTE DEL GOVERNO”
Ecco alcuni stralci dell’intervista:
Lei è un esponente di punta del cosiddetto Deep State. E vero che il vero potere è lì? «È un’immagine non corretta, figlia di un vizio di fondo: quello di una cinghia di trasmissione che in certo qual modo non contribuisce a far funzionare le soluzioni che la politica, nella sua centralità e anche sovranità, individua al di fuori da ogni altro vincolo che non sia istituzionale. Se la politica ha il compito di tracciare la rotta, la burocrazia deve fare la sua parte. Se poi le soluzioni individuate si rivelano non corrette saranno gli elettori a dirlo, ma la politica deve avere la sua agibilità e libertà di movimento».
C’è qualcuno, o qualcosa, che vorrebbe limitare questa libertà? «Diciamo che c’è una forte tendenza al tentativo di condizionare le scelte dell’esecutivo per finalità e canali estranei alla pura scelta politica. E questo è inaccettabile».
“DA NOI NESSUNA ACCONDISCENDENZA A QUESTO TIPO DI APPROCCIO”
A questo punto il giornalista del Messaggero chiede se è capitato anche a loro. «Ci sono espressioni di centri di interesse fini a se stessi o estranei a trasparenti dinamiche politiche che sono rimasti completamente spiazzati dalla totale impossibilità di comunicazione con quest’esecutivo».
Esempi? «Le posso dire che da parte nostra non c’è nessuna forma di dialogo amichevole o di accondiscendenza a questo tipo di approccio del tutto privo di sana grammatica istituzionale. Non c’è spazio neanche per alcun diritto di tribuna. Una cosa è il confronto tecnico con i protagonisti dei vari dossier, che è indispensabile perché molto spesso serve a mantenere il contatto con la realtà dei diversi problemi: non stiamo dentro al Palazzo come dentro una bolla. Altra cosa è farsi guidare la mano nelle scelte».
TRA LOBBY E ‘AMICHETTISMO’
Quali dossier sono più “esposti” a questo tipo di attenzioni? «E evidente che dove ci sono grandi interessi economici è più facile imbattersi in un certo tipo di tentativi di approcci». Che differenza c’è tra quello di cui parla e una normale attività di lobbying? «Una differenza sostanziale. L’attività di lobbying è legittima e auspicabile. Quando viene fatta in maniera trasparente e competente è persino necessaria. Qui stiamo parlando di altro».
Si riferisce al famoso “amichettismo” citato dal premier Meloni nella sua conferenza di inizio anno? «Quella è un’immagine plastica, che meglio di tutte le parole sintetizza un approccio anomalo e inappropriato, quello per cui la gestione di certi dossier dovrebbe essere condizionata dall’essere amico di qualcuno. E la prova è che dopo quelle parole del presidente del consiglio la reazione è stata immediata, istantanea». Quali sono stati i segnali? «Subito dopo quella posizione pubblica ha ripreso vigore una campagna di attacchi rivolta an[1]che a chi più da vicino collabora con il presidente Meloni».
CAPUTI: “MAI MESCOLATO L’ATTIVITA’ DI PROFESSIONISTA CON GLI INCARICHI PUBBLICI”
Menicucci adesso chiede delle attenzioni della stampa ricevute da Caputi per due vicende, con riferimento “ai suoi rapporti con Roberto Alesse e una gara bandita dal Consiglio del notariato vinto da una società considerata vicina a lei”. «La mia vicenda personale – spiega Caputi – è molto semplice: faccio questo lavoro da decenni, sono un professioni[1]sta e ho ricoperto incarichi pubblici. Ma non ho mai mescolato i diversi piani di attività. Sostene[1]re il contrario è sostenere il falso e chi lo fa si sottopone alle conseguenze giudiziarie. Ho già attivato i rimedi del caso davanti agli organi giurisdizionali competenti. Preoccupante è invece il tentativo, usato non soltanto con me, di usare strumentalmente attacchi personali fatti solo di insinua[1]zioni offensive e allusioni infamanti per delegittimare istituzioni non accondiscendenti».
Il giornalista chiede se, essendo uno dei vertici amministrativi del governo, non sia inevitabile finire sotto i riflettori. «La vicinanza ai centri decisionali determina una maggiore attenzione. E giusto e fisiologico, tutto sta a capire cosa significa. Un conto è il ruolo di “cane da guardia del potere” che l’informazione esercita, un altro è andare fuori dalle righe, magari a servizio di ben altre finalità».
A chi si riferisce Caputi, con quest’ultima stoccata? Quali sarebbero le finalità che lascia intendere? Dalla lettura dei giornali di domani le probabili risposte.