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Le ville degli Stati Generali

Conte

 I Graffi di Damato sul mistero della villa scartata da Conte per i suoi Stati Generali dell’Economia

Non lo faccio per infierire su Giuseppe Conte dopo tutte le ironie procurategli dagli Stati Generali dell’Economia organizzati come un nuovo Re Sole — secondo la vignetta di Emilio Giannelli sul Corriere della Seranella Villa Doria Pamphili, realizzata  dagli architetti Alessandro Algardi e Giovanni Francesco Grimaldi nel Seicento, ben prima quindi della Rivoluzione Francese. Tra vignette  e titoli sfottenti, fra i quali gli “Stati particolari” di una testata romana che ha una vecchia storia di scontri e querele col presidente del  Consiglio, il professore e avvocato ne ha collezionati davvero tanti, immagino con quanta poca soddisfazione del portavoce Rocco Casalino. Cui peraltro mi rifiuto di pensare che abbia voluto alludere Giannelli con quel Cardinale Mazzarino disegnato dietro il nuovo Re Sole.

LA RAGIONE DIETRO LA SCELTA DELLA SEDE PER GLI STATI GENERALI

La cosa — modestissima, sono il primo ad ammetterlo — di cui non riesco a capacitarmi è la ragione per la quale Conte non ha scelto per i suoi Stati Generali la sede più adatta, direi anzi unica, messagli a disposizione dall’articolo 99 della Costituzione, considerando anche il fatto ch’essa è sopravvissuta a furor di popolo nel 2016 all’abrogazione proposta nella sua riforma dall’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi. Che — pensate un po’ — aveva scommesso proprio su questa eliminazione, ritenuta condivisa dal 99 per cento degli italiani, per trascinarsi appresso anche le altre modifiche apportate in Parlamento alla Costituzione.

Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, presieduto dal 2017 dal professore e pluri-ex ministro Tiziano Treu, “è composto nei modi stabiliti dalla legge — dice la Costituzione — di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa. È organo di consulenza delle Camere e del Governo per la materie e secondo  le funzioni che gli sono attribuite dalla legge. Ha l’iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti della legge”. In più, anche se l’articolo 99 non lo dice, ma vi supplisce una prassi consolidata, il Cnel può ascoltare pareri anche di chi non ne facesse parte, a livello nazionale e internazionale, comprese quindi le personalità o “intelligenze” comunitarie scomodate da Conte per i suoi Stati Generali.

LA SEDE DEL CNEL

La sede del Cnel non ha gli anni e la bellezza — lo ammetto — di Villa Doria Pamphili ma è ugualmente di tutto rispetto e imponenza. È la famosa Villa Lubin, progettata agli inizi del Novecento dall’architetto Raffaele De Vico e situata nel parco di Villa Borghese. Dove avrebbe peraltro voluto trasferirsi dal Palazzo dei Marescialli il Consiglio Superiore della Magistratura se il Cnel fosse stato abolito. Pensate un po’ come si sarebbe trovato più comodo e felice, con o senza il suo bollente telefonino iniettato spionisticamente di “trojan”, l’ancora barbuto consigliere Luca Palamara.

Villa Lubin è attrezzata su due piani proprio come un Parlamento, o Parlamentino, e dispone di un verde che manca invece alla Camera, salvo le piante del cortile dove ora possiamo pascolare noi giornalisti orfani del  Transatlantico, e al Senato. Certo, non ha il “giardino segreto” di Villa Pamphili, ma non ditemi, per favore, che sarà proprio questo l’elemento decisivo del successo che, nonostante le tante perplessità, auguro ugualmente all’iniziativa del presidente del Consiglio, sperando davvero che non gli costì né la testa né il trono di Luigi XVI.

 

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