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Il gusto di Mario Draghi per le conferenze stampa

Mario Draghi Conferenze

Mario Draghi, dopo essersi negato all’abitudine del suo predecessore di parlare ogni giorno, sta prendendo gusto alle conferenze stampa. I Graffi di Damato

Direi che Mario Draghi, dopo essersi negato all’abitudine del suo predecessore di parlare, parlare, parlare ogni giorno, spesso in dirette interminabili televisive nelle ore anche più impensabili, interrompendoci pranzi, cene e sonno, sta prendendo gusto alle conferenze stampa, pur in modica quantità di frequenza e durata. L’ultima, fatta dopo il Consiglio Europeo, pur avendo colpito molti solo per il modo in cui egli ha zittito a distanza capitan Matteo Salvini, smanioso che tutto torni aperto come prima anche perdurando la pandemia virale, e i bollettini quotidiani dei morti, ha dato invece la misura dello spessore internazionale del nuovo presidente del Consiglio. Che, senza farsi o alimentare illusioni sulla rapidità del processo d’integrazione europea con gli eurobond, un bilancio e una fiscalità comune perché “ci vorranno generazioni”, ha incalzato con critiche e richieste costruttive i partner continentali mostrando la competenza e il prestigio guadagnatisi sul terreno al vertice della Banca Centrale Europea.

“Così l’Italia torna leader”, dice il titolo del commento di Giampiero Massolo sulla Stampa. “Parla da leader europeo”, ha titolato il Giornale. “Draghi detta la linea a Bruxelles”, ha titolato il manifesto. “Incastra la Germania”, ha titolo La Verità. E’ un po’ come se Draghi avesse fatto scattare in anticipo l’ora legale europea, che ci farà spostare la prossima notte in avanti di 60 minuti le lancette dei nostri orologi. A proposito, non dimenticatevi di farlo e non travestitevi da sovranisti per pigrizia.

A qualcuno di voi apparirà forse troppo entusiastico, e persino retorico, ma mi sento di condividere ciò che ha scritto sul Dubbio Paolo Delgado riferendo e commentando proprio la conferenza stampa del “capo di governo del terzo Paese” dell’Unione Europea. Draghi “si candida a succedere non a Giuseppe Conte e forse a Sergio Mattarella ma, almeno sul teatro europeo, ad Angela Merkel”, ormai arrivata per sua stessa scelta al capolinea dopo una così lunga e sostanziale guida. “E da questo angolo visuale -ha insistito Delgado- una certa discontinuità con i premier del passato in effetti la si deve registrare” a vantaggio di Draghi.

Opposta ma patetica – direi – è la valutazione del solito Marco Travaglio. Che sul suo Fatto Quotidiano ha tonicamente perduto il sonno, che gli procura il presidente del Consiglio, leggendo il sondaggio fresco di anticipazione di Nando Pagnoncelli per il Corriere della Sera. Da cui risulta Conte al 61 per cento del gradimento, “Speranza 41, Meloni 37, Salvini 33, Letta 32, Pd e M5S in crescita, governo 48, Draghi non pervenuto”. E questo alla faccia -ha osservato Travaglio- dei “cazzari” che si rifiutano di rimpiangere l’ex presidente del Consiglio così ferocemente pugnalato alla schiena nell’ultima crisi di governo. Il quale, secondo la vignetta di Vauro Senesi troneggiante proprio oggi sulla prima pagina del Fatto Quotidiano, se ne sarebbe lamentato nell’incontro appena avuto con Enrico Letta. Che a sua volta, pugnalato anche lui a suo tempo, e dalla stessa persona, naturalmente Matteo Renzi, lo avrebbe realisticamente consolato dicendogli che “col tempo ci si abitua” anche con quel pugnale ancora nelle carni.

Ma come sono spiritosi questi critici, avversari e quant’altro di Mario Draghi, prestatosi come Bruto a cotanta congiura.

I Graffi di Damato

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