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Ora è il PD ad avere bisogno di Enrico Letta, “48 ore per decidere”

Enrico Letta

Con buona pace delle donne democratiche, dei renziani e dell’eterno numero 2 Andrea Orlando, il più quotato di colpo è di nuovo Enrico Letta

Il PD è una bestia strana, che prima o poi disarciona tutti i segretari che hanno provato a cavalcarlo (sette segretari, otto considerando il reggente pro-tempore Maurizio Martina, in 14 anni non sono pochi). Ma anche Enrico Letta è parecchio strano. Non ce ne voglia: è detto nell’accezione genuina del termine. È infatti parecchio insolito che un trombato dalla politica (ma, nel suo caso, sarebbe più corretto tradito dalla politica), faccia fagotto e si ritiri a vita privata. Soprattutto quando è un figlio (anzi, nipote) d’arte. Ma del resto quella parentela con lo zio Gianni, bisbigliatore nelle grandi orecchie berlusconiane, per Enrico Letta è sempre stato più un impiccio che un vanto e non solo perché si è sempre mosso su fronti opposti al centrodestra. Troppo facile per grillini e rottamatori dargli dell’esponente della “kasta”, lui che la casta ce l’ha in casa. Forse, unendo queste due stranezze, del partito e del politico, mettendo in arcione un cavaliere che già conosce le bizze dell’animale ed è sopravvissuto già una volta alla caduta, il PD potrebbe finalmente trovare un segretario che sappia tenergli testa…

 


Non facciamoci illusioni: tra coloro che, tra i dem, chiedono il ritorno di Enrico Letta nessuno si è alambiccato in simili pensieri. Coloro che hanno fatto il ragionamento più complesso si sono limitati a osservare come, la passione degli italiani per Mario Draghi e Giuseppe Conte spinga verso la necessità di trovare un profilo moderato. Se Paolo Gentiloni fosse arruolabile, probabilmente avrebbero già chiesto a lui, ma Gentiloni è bene che resti in Europa, a garantirci il Next Generation Eu. E allora urge un grande ritorno. Caldeggiato proprio da Gentiloni: le telefonate tra Bruxelles e Parigi si sono fatte frequenti e insistenti, nelle ultime ore.

IL RITORNO DELL’EROE TRADITO

In un primo momento, Enrico Letta ha respinto la proposta al mittente. Ma poi pare che se ne sia pentito. È troppo tentato di riprendere la cavalcata dove era stata, bruscamente, interrotta. È tentato soprattutto di rimettere in sesto il partito prima che il suo avversario, Matteo “staisereno” Renzi, se lo fagociti di nuovo, o ne faccia comunque coriandoli. Se arrivasse Stefano Bonaccini, l’ex sindaco di Firenze potrebbe persino rientrare nel Pd. E poi, inutile negarlo, lo solletica pure l’idea di essere uscito da trombato e tornare in pompa magna da eroe. Certi capitomboli non si vedono nemmeno ne Il trono di Spade.

 


E allora ecco che Enrico Letta, col passare delle ore e delle telefonate, sta seriamente pensando di lasciare Parigi e la sua scuola di formazione politica (la Scuola di Affari internazionali di Sciences Po), che pure gli ha dato numerose soddisfazioni e in fondo gli ha permesso di mantenere un cordone ombelicale con quel mondo, anche quando aveva deciso di distaccarsene. “Sono grato per la quantità di messaggi di incoraggiamento che sto ricevendo. Ho il Pd nel cuore e queste sollecitazioni toccano le corde più profonde. Ma questa inattesa accelerazione mi prende davvero alla sprovvista; avrò bisogno di 48ore per riflettere bene. E poi decidere”, ha twittato poco fa.

 

A CHI NON PIACE ENRICO LETTA

Enrico Letta non torna – al momento – per partecipare alle elezioni e vincere alcunché. La sua segreteria durerà fino al 2023, ma non ci sta nemmeno a fare il reggente: se si candiderà, avrebbe detto a Dario Franceschini e a Paolo Gentiloni, dovrà avere “pieni poteri”, ma soprattutto domenica dovrà essere sostenuto da una larga maggioranza. Nel 2014 il letticida non fu solo Matteo Renzi, ma l’intero Pd, che lo lasciò isolato: se deve tornare ora per tenere a bada Base riformista dei renzianissimi Lorenzo Guerini e Luca Lotti, che non a caso spingono per un congresso entro l’anno che elegga Bonaccini (e faccia rientrare Renzi),  i dem questa volta sono chiamati a fargli quadrato. Tutti, senza esclusioni. Non sarà facile, perché Enrico Letta non piace ai renziani ma nemmeno alle donne dem, che vedevano nel passo indietro di Zingaretti la buona occasione di farsi finalmente avanti.

 


Ma chi davvero è furioso per il suo possibile ritorno da Parigi al Nazareno è l’eterno vice, Andrea Orlando, una vita passata sulla soglia dell’ufficio della segreteria. Sa bene che Letta è quell’alto profilo, moderato ed europeista che gli soffia un’altra volta il posto.

 


È soprattutto quell’alto profilo, realmente moderato ed europeista che il Pd può contrapporre a Giuseppe Conte, moderato ed europeista solo negli ultimi giorni di governo, ma che se andasse alla guida dei nuovi grillini “moderati ed europeisti” avrebbe comunque le carte in regola per soffiare al Partito democratico un buon numero di elettori (la campanella d’allarme che ha smottato il terreno sotto i piedi di Nicola Zingaretti). Quindi, piaccia o non piaccia, Enrico Letta al momento pare la sola scelta del Pd. Quella strana bestia che accoglie festante i suoi segretari fino all’istante in cui li disarciona.

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