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Perché il Garante della Privacy fa coriandoli dei pass vaccinali

Passaporto Sanitario Pass Vaccinali

Secondo l’Authority i pass vaccinali così come sono attualmente mettono a rischio i diritti e delle libertà delle persone

Se non è una bocciatura su tutta la linea, poco ci manca. Il Garante della Privacy non ha infatti accolto di buon grado la novella appena varata sul passaporto sanitario interno, quello che dovrebbe permettere di spostarsi tra Regioni “non gialle” e ha inviato un avvertimento formale al Governo nel quale si chiede di apportare una lunga serie di modifiche.

COME MAI I PASS VACCINALI NON PIACCIONO AL GARANTE

“La norma appena approvata per la creazione e la gestione delle “certificazioni verdi”, i cosiddetti pass vaccinali – scrivono dall’ufficio del Garante – presenta criticità tali da inficiare, se non opportunamente modificata, la validità e il funzionamento del sistema previsto per la riapertura degli spostamenti durante la pandemia. È quindi necessario un intervento urgente a tutela dei diritti e delle libertà delle persone”.

Il Garante osserva innanzitutto che il cosiddetto “decreto riaperture” non garantisce una base normativa idonea per l’introduzione e l’utilizzo dei certificati verdi su scala nazionale, ed è gravemente incompleto in materia di protezione dei dati, privo di una valutazione dei possibili rischi su larga scala per i diritti e le libertà personali. In contrasto con quanto previsto dal Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali, il decreto non definisce con precisione le finalità per il trattamento dei dati sulla salute degli italiani, lasciando spazio a molteplici e imprevedibili utilizzi futuri, in potenziale disallineamento anche con analoghe iniziative europee.

Leggi anche: Perché l’OMS bombarda l’idea del Digital Green Pass (passaporto vaccinale)

Non viene specificato chi è il titolare del trattamento dei dati, in violazione del principio di trasparenza, rendendo così difficile se non impossibile l’esercizio dei diritti degli interessati: ad esempio, in caso di informazioni non corrette contenute nelle certificazioni verdi.

La norma prevede inoltre un utilizzo eccessivo di dati sui certificati da esibire in caso di controllo, in violazione del principio di minimizzazione. Per garantire, ad esempio, la validità temporale della certificazione, sarebbe stato sufficiente prevedere un modulo che riportasse la sola data di scadenza del green pass, invece che utilizzare modelli differenti per chi si è precedentemente ammalato di Covid o ha effettuato la vaccinazione.

Il sistema attualmente proposto, soprattutto nella fase transitoria, rischia, tra l’altro, di contenere dati inesatti o non aggiornati con gravi effetti sulla libertà di spostamento individuale. Non sono infine previsti tempi di conservazione dei dati né misure adeguate per garantire la loro integrità e riservatezza. Il Garante rimarca, infine, che le gravi criticità rilevate si sarebbero potute risolvere preventivamente e in tempi rapidissimi se, come previsto dalla normativa europea e italiana, i soggetti coinvolti nella definizione del decreto legge avessero avviato la necessaria interlocuzione con l’Autorità, richiedendo il previsto parere, senza rinviare a successivi approfondimenti.

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