skip to Main Content

Perché la transizione ecologica manda in subbuglio la lobby dell’auto

Automotive Transizione Auto

L’industria Automotive vale in Italia un fatturato di 93 miliardi di euro, pari al 5,6% del Pil, ma con lo stop alla vendita di nuove auto con motori endotermici si rischia una perdita di circa 73.000 posti di lavoro

Un fronte compatto, di quelli come non se ne vedevano da tempo, o forse come non se ne erano mai visti, capace di portare sulla medesima barricata Federmeccanica, l’associazione di rappresentanza delle imprese della Metalmeccanica e ella Meccatronica, e i sindacati Fim, Fiom e Uilm. Assieme chiedono con urgenza un incontro al governo di fronte a quella che considerano “un’emergenza che oscilla pericolosamente tra grandi opportunità e gravi rischi”, con l’obiettivo, spiegano, “di salvaguardare e promuovere l’occupazione e la presenza industriale”.

PERCHÉ IL MONDO DELL’AUTO TEME LA TRANSIZIONE

Per questo Federico Visentin (Presidente Federmeccanica), Corrado La Forgia (Vicepresidente Federmeccanica con delega alla Transizione Tecnologica ed Ecologica), Roberto Benaglia (Segretario Generale Fim Cisl), Francesca Re David (Segretario Generale Fiom Cgil) e Rocco Palombella (Segretario Generale Uilm Uil), chiedono di essere ricevuti quanto prima dal Presidente del Consiglio insieme ai Ministri dell’Economia e delle Finanze, del Lavoro e delle Politiche Sociali, dello Sviluppo Economico e della Transizione Ecologica “per valutare assieme le condizioni e le possibili iniziative da attivare in merito ad alcune questioni cruciali”

transizione auto

La lobby dell’auto, registrato il disinteresse dell’esecutivo testimoniato dall’assenza di aiuti ad hoc nell’ultima manovra, punta i piedi: “anche oggi, pur a fronte di una caduta della produzione nazionale di autoveicoli – che è passata dagli oltre 1,8 milioni di veicoli del 1997 ai 700.000 nel 2021, di cui meno di 500.000 autovetture – il settore Automotive ha, nel suo insieme, un peso rilevante nell’economia italiana”.

FEDERMECCANICA: “MONDO AUTO SOTTOPRESSIONE PER LA TRANSIZIONE”

«Quello di oggi è un passo molto importante sulla strada del Rinnovamento avviato nel 2016 insieme al Sindacato. Non solo abbiamo realizzato riforme importantissime con gli ultimi Contratti Nazionali come il diritto soggettivo alla formazione, il welfare ed il nuovo inquadramento, ma intendiamo dare un contributo per la realizzazione di altre riforme di politica industriale, fondamentali per il futuro delle nostre imprese, dei nostri collaboratori e, più in generale, del Paese», ha dichiarato Federico Visentin, Presidente Federmeccanica.

«Proprio dall’Osservatorio Contrattuale – continua il numero 1 dell’associazione di rappresentanza delle imprese della Metalmeccanica e ella Meccatronica – nasce una prospettiva economica condivisa sull’Automotive, comparto critico per il settore e per l’industria che è molto sotto pressione per effetto della transizione tecnologica ed ecologica. E’ necessario che imprese, sindacati e istituzioni lavorino insieme per gestire e guidare il cambiamento senza subirlo, al fine di difendere e valorizzare un patrimonio italiano. Ci aspettiamo che il Governo riconosca il valore di questa unità di intenti delle parti sociali e che voglia con noi tradurla in unità di azione per il bene comune.»

L’industria Automotive vale in Italia un fatturato di 93 miliardi di euro, pari al 5,6% del Pil e nel solo comparto della fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi operano oltre 2mila imprese e 180mila lavoratori e si realizza il 7% delle esportazioni metalmeccaniche nazionali per un valore di 31 miliardi di euro.

“L’intervento degli Stati sul settore – lamentano le parti – negli anni è stato amplissimo e in ultimo l’Unione Europea ha previsto entro il 2035 lo stop alla vendita di nuove auto che producono emissioni di carbonio, confermata anche dal Governo italiano con la posizione del Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica dello scorso dicembre. Questa misura, se non accompagnata da interventi, potrebbe portare in Italia ad una perdita di circa 73.000 posti di lavoro, di cui 63.000 nel periodo 2025-2030 (stime Anfia-Clepa-PWC)”.

Già oggi, fa notare il mondo dell’auto, i dati sull’andamento dell’utilizzo degli ammortizzatori sociali forniti dall’INPS indicano la tendenza: nel 2019 sono state utilizzate 26 milioni di ore di cassa integrazione, nel 2021 quasi 60. “Rispetto a tutto ciò, la domanda circa la preparazione del sistema Paese a fronte di questo scenario di discontinuità è doverosa, urgente e non la vediamo finora accolta da tutti gli attori con la necessaria attenzione.”

LE PREOCCUPAZIONI RIGUARDANTI IL PNRR

Accanto alla necessità di un salto di qualità nella visibilità e condivisione di scenari e prospettive, “cresce la preoccupazione per l’assenza di certezza nelle misure di accompagnamento a fronte di un processo di allocazione delle ingenti risorse del PNRR che è stato avviato”.

“Ci si domanda – chiede il mondo dell’auto, visibilmente spaventato dalla transizione energetica ed ecologica – anche quali siano le politiche pubbliche messe in campo per il settore, dato che sono scomparse le precedenti misure di sostegno alla domanda di autoveicoli per favorire il rinnovamento del parco circolante verso tecnologie eco-compatibili in funzione dei crescenti vincoli alle emissioni”.

Il rischio di deindustrializzazione di un settore chiave dell’economia italiana è concreto, denunciano. “Occorre mettere in campo tutte le azioni difensive necessarie e guardare soprattutto all’opportunità di rilancio e sviluppo del settore Automotive, poiché non solo ha una sua storia, ma possiede un’identità distintiva, una base di competenze e una rete da mettere a sistema”.

crisi semiconduttori motus-e auto elettrica

«Abbiamo fatto un gran lavoro nell’Osservatorio Contrattuale sull’Automotive. Insieme a FIM FIOM e UILM ci poniamo l’obiettivo di preservare il tessuto industriale di questo importante segmento della Metalmeccanica/Meccatronica ed allo stesso tempo garantirgli un futuro», ha dichiarato Corrado La Forgia – Vicepresidente Federmeccanica con delega alla Transizione Tecnologica ed Ecologica.

«È necessario essere pragmatici ed avere una visione, fare cioè oggi tutto quello che è possibile per affrontare i problemi contingenti e incominciare a progettare in Italia un modello di business sostenibile che diventi domani un unicum a livello mondiale. Sono diversi gli ambiti sui quali dobbiamo concentrarci, dalle tecnologie alle competenze, il tutto all’interno di una politica industriale che va definita con il contributo di tutti i soggetti coinvolti, rappresentanti delle imprese, dei lavoratori e Istituzioni. Da questo confronto molto positivo con il sindacato, sono emerse questioni concrete che vanno ora sviluppate in un confronto ancora più ampio con il Governo perché i tanti rischi connessi alla transizione possano diventare opportunità nell’interesse dell’intera nazione.»

COSA DICONO I SINDACATI

«È la prima volta in assoluto che Federmeccanica insieme a Fim, Fiom, Uilm presentano un documento comune sull’automotive. Questo dimostra la straordinarietà della situazione della crisi dell’automotive in Italia, sono a rischio oltre 70 mila posti di lavoro», ha sottolineato Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil.

«L’obiettivo – ha aggiunto – deve essere tornare a produrre in Italia 1,5 milioni di veicoli per salvaguardare l’industria e l’occupazione nel nostro Paese ed essere competitivi sul mercato gloabale ed europeo. Siamo passati da secondo a ottavo produttore di auto in Europa. Attualmente viene utilizzata solo la metà della capacità produttiva istallata, con 700.000 auto prodotte nel 2021. Francia e Germania stanno già mettendo in campo politiche industriali per affrontare la transizione, mentre il Governo italiano non sta svolgendo nessun ruolo».

«Quello che vogliamo lanciare è un grido di allarme dopo mesi di silenzio assordante del Governo rispetto alle nostre richieste di interventi urgenti e strutturali per salvaguardare il futuro produttivo e occupazionale del settore dell’auto in Italia», ha detto Rocco Palombella, Segretario generale Uilm.

«Gli effetti della transizione ecologica, con il passaggio all’elettrico e lo stop alle auto con motori endotermici entro il 2035, li stiamo già registrando oggi. Solo per citare le vertenze più note con Gkn, Gianetti Ruote, Speedline, Caterpillar e per ultime Bosch e Marelli, stiamo parlando di circa 3mila lavoratori a rischio licenziamento, oltre a chiusure, delocalizzazioni e perdita di pezzi importanti della filiera della componentistica, la più colpita da questa rivoluzione industriale», ha spiegato il sindacalista.

«Gli interventi urgenti che chiediamo al Presidente Draghi e ai Ministri del Lavoro, dello Sviluppo Economico, della Transizione Ecologica e dell’Economia – ha incalzato il leader Uilm – riguardano misure strutturali che accompagnino nel breve e lungo periodo il processo di transizione ecologica, come l’utilizzo degli oltre 10 miliardi previsti dal PNRR per valorizzare e rendere competitiva l’intera filiera dell’auto, partendo dal sostegno alla domanda con incentivi permanenti, investimenti sulla rete infrastrutturale e per l’attrazione di nuove realtà produttive ecosostenibili».

«Inoltre – ha aggiunto – considero preoccupante il fatto che il Governo non abbia previso all’interno della Legge di bilancio i 450 milioni di euro di incentivi per auto elettriche e ibride, né ci possiamo accontentare del fatto che questa cifra potrebbe essere recuperata con i prossimi provvedimenti».

«Sarà fondamentale – ha quindi concluso Palombella – anche prevedere importanti investimenti nella formazione dei lavoratori per le nuove competenze richieste e l’utilizzo di misure di salvaguardia occupazionale per gestire al meglio la transizione. Non c’è più tempo da perdere, il rischio di una catastrofe sociale ed economica è dietro l’angolo, noi siamo pronti a fare la nostra parte per scongiurarla».

«L’obiettivo che abbiamo condiviso come FIM insieme agli altri – ha scritto infine l’ultima delle sigle sindacali coinvolte -, è quello di rendere il settore automotive centrale nelle scelte di politica industriale del nostro Paese. Politiche industriali che hanno bisogno di risorse finanziarie specifiche e soluzioni innovative. L’obiettivo principale è quello di rivolgerci al Governo per sollecitarlo a recuperare, come hanno già fatto altri paesi europei coinvolti nella transizione, a partire da Francia e Germania, con una visione concreta su come si vuole sostenere il settore dell’auto e della componentistica, così rilevanti nel nostro Paese posizionato sulle tecnologie powertrain tradizionali, oggi messe in discussione.»

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Back To Top