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Perché lo stop al terzo mandato può essere il de profundis per la Lega di Salvini

terzo mandato

Senza il via libera al terzo mandato per i governatori, la Lega rischia di perdere le proprie roccaforti e Salvini rischia di perdere la leadership del partito

Le diatribe esplose nella maggioranza intorno al via libera o meno al terzo mandato per i presidenti di Regione rischiano di lasciare numerosi strascichi. Non solo, in prospettiva potrebbe anche rappresentare il vero detonatore per il big bang del centrodestra.

Il tema è tornato in auge in questi giorni perché si devono decidere i candidati governatori per le elezioni regionali del 2024 (tra cui Sardegna, Abruzzo, Basilicata, Piemonte e poi Umbria). L’intervista di ieri del segretario di Forza Italia Tajani sul Messaggero, il quale ha detto di no all’ipotesi del terzo mandato, ha accesso fortemente gli animi tra gli alleati.

La questione è fortemente politica. E lo è soprattutto per lo stesso Antonio Tajani e per Matteo Salvini. Se le elezioni Europee di giugno possono risultare già decisive per capire le sorti dei due leader alla guida dei rispettivi partiti, la partita delle Regionali 2025 lo è ancora di più. Avevamo già scritto di come la Lombardia potesse diventare la polveriera del centrodestra, e di come alle Europee i tre partiti di maggioranza (FdI, Lega e FI) si giocheranno tantissimo nei rapporti di forza e di equilibrio all’interno della coalizione. La Lombardia fa il paio con il Veneto.

SENZA TERZO MANDATO LA LEGA PERDEREBBE IL VENETO E ZAIA SAREBBE LIBERO DI SCALARE IL PARTITO

Per Matteo Salvini riuscire a strappare il sì al terzo mandato è quasi di vitale importanza. Per due semplici motivi: perché senza l’uscente Zaia la Lega quasi sicuramente perderà la guida della Regione e perché Salvini si ritroverebbe tra i piedi proprio l’attuale governatore veneto. Zaia (che nei fatti è già al terzo mandato, in carica dal 2010, ma per via del combinato disposto legge nazionale-legge regionale risulta ancora al secondo) rimarrà in sella fino al 2025. Fuori tempo massimo per le elezioni Europee e probabilmente troppo in anticipo per le prossime Politiche. E’ chiaro che, con questo scenario, c’è già chi guarda allo stesso Zaia – senza incarichi istituzionali – come prossimo leader della Lega.

IN VENETO TOSI SCALDA I MOTORI, CON IL TACITO ASSENSO DI FDI

Tra l’altro per le prossime regionali in Veneto c’è già chi scalda i motori. La Regione è stata rivendicata proprio da Foza Italia con il ‘nemico interno’ l’ex leghista Flavio Tosi. Un’ulteriore dimostrazione di come tra Forza Italia e Lega, con riferimento ai territori e a Lombardia e Veneto in particolare, si stia giocando una partita per la sopravvivenza, senza esclusione di colpi.

Con il tacito assenso di Fratelli d’Italia che ha tutto l’interesse a scompaginare i piani della Lega, e quindi a dire di no al terzo mandato, perché avrebbe così gioco facile per rivendicare la candidatura alla Presidenza di importanti Regioni che andranno al voto dal 2025, incluse anche quelle dove regnano ras locali del Pd, come De Luca in Campania ed Emiliano in Puglia. E nel 2028 ci saranno poi altre due regioni governate dalla Lega, la Lombardia di Fontana e il Friuli Venezia-Giulia di Fedriga, entrambi al secondo mandato.

“Zaia definisce anacronistico il limite ai mandati ai presidenti di Regione fissato dalle leggi statali, ma gli ricordo – è il commento pungente di Flavio Tosi – che è stata proprio la Regione Veneto nel 2012, con lui Presidente, a fissare il limite dei due mandati per gli assessori regionali. Pertanto Zaia, da questo punto di vista, non mi sembra un campione di coerenza: è contro il tetto dei mandati se lo dice la legge nazionale, a favore del tetto se invece è la legge regionale varata con lui a fissarlo per gli assessori”.

Se queste sono le premesse…

Leggi anche: Cosa prevede la legge sul terzo mandato dei presidenti di Regione

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