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Sul codice penale ha ragione Nordio. Parla il prof. Guzzetta

Nordio Graffi Damato

Il Governo Meloni parte con tante aspettative: ogni passo sarà determinante per i risultati di lungo periodo. Conversazione con il costituzionalista Giovanni Guzzetta

Il Governo Meloni ha davanti a sé molte sfide, economiche, energetiche e sociali. Quella che si apre è una stagione determinante per il futuro del nostro paese che passa dall’impiego sapiente dei fondi del PNRR per il quale il Governo di Mario Draghi si è speso sino all’ultimo giorno di legislatura.

I giorni che hanno preceduto la formazione del Governo hanno visto scatenarsi tutta la litigiosità di una coalizione che vede al suo interno diverse anime, che potrebbero rendere non facile la convivenza.

Di tutto questo ne abbiamo parlato con il costituzionalista Giovanni Guzzetta, professore ordinario di Diritto pubblico presso l’Università di Roma Tor Vergata.

Cosa pensa della composizione del Governo della Premier Meloni?

Le aspettative si misurano su quello che il Governo farà ma la composizione mi sembra non presenti alcun elemento di particolare sorpresa o che dia alcuna indicazione rispetto alle possibilità di realizzare il programma. Dal punto di vista della compagine ministeriale essendo un governo frutto del risultato elettorale è chiaro che la componente politica sia rilevante, con un’integrazione dei tecnici, alcuni di indubbio valore. Il resto lo vedremo con il tempo. Il problema è un altro…

Qual è il problema?

Il problema del Governo, come di tutti i Governi è la tenuta della maggioranza, quindi la possibilità di durare e di essere determinato nel perseguire gli obiettivi.

Secondo lei la nomina di Tajani e Salvini come vicepremier e l’assegnazione a entrambi di ministeri di peso mette il governo al riparo dalle intemperanze degli alleati?

Secondo me, alla luce della storia repubblicana, il problema dei Governi è che le ragioni di stabilità sono ragioni politiche, che prescindono da singoli dossier o da singoli temi, nel senso che di solito sono legate alla esigenza degli alleati di ottenere una maggiore visibilità se si sentono, in qualche modo, eccessivamente messi in ombra dall’azione di Governo. Quindi da questo punto di vista direi che il problema non è tanto l’assegnazione di questo o quel ministero, il problema è se c’è la volontà politica di mantenere ferma l’alleanza. Ovviamente su alcuni dossier ci saranno maggiori confronti ma non vedo un legame stretto alle figure dei singoli ministri.

Chi temeva per la collocazione internazionale e europea del Governo Meloni può essere rassicurato dalla nomina di Antonio Tajani al Ministero degli Esteri e Raffaele Fitto al Ministero per gli Affari Europei?

Mi pare che la collocazione internazionale del nostro paese sia stata dichiarata molto esplicitamente dalla Presidente del Consiglio e queste nomine ministeriali mi pare la confermino. Una collocazione pienamente integrata nel contesto dell’Unione Europea e atlantista dal punto di vista geopolitico. Per altro lo stesso Presidente della Repubblica ha messo in evidenza che vigilerà che questa linea sia mantenuta nel Governo. Non vedo alcun elemento che faccia pensare il contrario.

La riforma istituzionale di stampo presidenziale secondo lei è al sicuro con il ministro Casellati?

La riforma presidenziale è una riforma tanto importante e che richiede un tale investimento politico che, per definizione, è un dossier dell’intero Governo. La ministra Casellati, che ha un’esperienza istituzionale indubbia essendo stata non solo al CSM ma anche Presidente del Senato, ha tutte le carte in regola per poterla portare avanti. Però ecco non è solo sulle spalle della Casellati a mio avviso ma è un impegno del Governo di cui tutta la squadra di ministri è responsabile, a iniziare dalla Premier. Quindi se riuscirà o fallirà sarà un risultato dell’intero Governo e dell’intera maggioranza.

Nella prima dichiarazione alla stampa il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha parlato della necessità di riforma del codice civile e del codice penale, ricordando che quello in vigore attualmente, il codice Rocco, è dell’epoca del ventennio. È partito con il piede giusto?

 È un fatto storico che il codice penale sia stato elaborato in epoca fascista ed è stato revisionato poi nel corso degli anni, in parte con interventi legislativi, in parte con sentenze della Corte Costituzionale. Io direi che, a prescindere dalla sua origine, i codici penali sono costantemente da aggiornare. Sia perché le fattispecie di reato cambiano sia perché la percezione sociale rispetto a certi comportamenti può essere o più rigorosa, e chiedere interventi di tipo penale più incisivi, oppure, invece, può determinare minore allarme sociale e si può pensare a delle depenalizzazioni. In termini generali direi che il fatto che un codice penale possa essere ritoccato è un fatto fisiologico, a prescindere da quando sia stato approvato.

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