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Tutte le baruffe sul caso Gregoretti

Gregoretti

I Graffi di Damato sul dietro le quinte del teatrino della giunta del Senato per il processo a Salvini per la vicenda Gregoretti

L’ultimo caso emblematico dello spettacolo d’ipocrisia che riesce a produrre la politica  è quello in corso nella giunta delle immunità del Senato. Dove si sta giocando il primo tempo della partita apparentemente giudiziaria ma in realtà tutta politica, appunto, contro l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini per il cosiddetto affare Gregoretti. Che è il nome della nave della Guardia Costiera a bordo della quale più di cento immigrati, dopo essere stati soccorsi, rimasero bloccati per qualche giorno nel porto di Augusta a fine luglio dell’anno scorso, in attesa che fosse concordata la loro distribuzione fra vari paesi europei.

NEGATA L’AUTORIZZAZIONE AL PROCESSO PER LA NAVE DICIOTTI DAL GOVERNO GIALLOVERDE

Per il cosiddetto tribunale dei ministri di Catania fu sequestro di persona, escluso invece dalla Procura della Repubblica, cioè dall’accusa. Per Salvini, e per il centrodestra che lo appoggia, fu invece legittima azione in difesa dei confini nazionali dall’immigrazione clandestina, come nell’analoga vicenda dell’anno precedente sulla nave Diciotti, anch’essa della Guardia Costiera, che si  risolse col rifiuto del Senato di autorizzare il processo. Ciò avvenne con i voti del centrodestra e dell’allora maggioranza gialloverde di governo, a trazione numericamente grillina. Ma stavolta i grillini hanno cambiato idea e posizione, guarda caso dopo la rottura politica con i leghisti, ritrovandosi con la sinistra a favore del processo.

Nella giunta delle elezioni, come nell’aula del Senato, visto anche che si dovrà votare in modo palese per regolamento, c’è a favore del processo una maggioranza che però non ha il coraggio di assumersi la responsabilità del sì prima delle elezioni del 26 gennaio in Emilia-Romagna e in Calabria. Essa teme con quel sì di favorire Salvini per le buone ragioni che evidentemente sa a disposizione del leader leghista in veste di vittima di una macchinazione politica. Non a caso l’ex ministro sfida in questi giorni i giallorossi della politica a mandarlo sotto processo, così come sfida la magistratura ad allestire a Catania un’aula capace di contenere tutto il pubblico a lui favorevole e desideroso di farsi sentire e vedere.

SI TEMPOREGGIA SUL VOTO PER IL CASO GREGORETTI

Per ritardare il voto la maggioranza di governo ricorre a sostanziali espedienti, come quello adoperato appunto in giunta da un grillino chiedendo al tribunale dei ministri un supplemento di documentazione sanitaria sugli immigrati trattenuti a bordo della nave Gregoretti. Ma, messa ai voti dal presidente della giunta, che è il forzista Maurizio Gasparri, questa mossa dilatoria è stata respinta a parità di voti: 10 contro 10. La maggioranza, battuta per alcune assenze, fra le quali due per missione,  ha allora protestato accusando di scorrettezza il presidente per avere lui stesso partecipato alla votazione,  profittando di chi non c’era e rendendosi decisivo per il risultato.

Gasparri, che presiede la giunta proprio perché esponente dell’opposizione, cui spetta questo ruolo di garanzia, ha reagito rivendicando i suoi diritti parlamentari, essendo peraltro dichiaratamente e legittimamente convinto delle ragioni di Salvini, per il quale proporrà il rifiuto dell’autorizzazione a processarlo quando si tratterà di votare.

LA DECISIONE DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA GASPARRI

A proposito proprio della data di questo voto in giunta Gasparri ha deciso di affidare all’ufficio di presidenza dell’organismo di Palazzo Madama, anziché ad una trattativa o a una consultazione con la presidente del Senato, la decisione di rispettare o no anche in quella sede la sospensione dei lavori parlamentari disposta dalla conferenza dei capigruppo a cominciare dal 20 gennaio per la coincidenza con l’ultima settimana di campagna elettorale per le regionali emiliano-romagnole e calabresi. Ma disgraziatamente per la maggioranza il 20 gennaio, lunedì, scadranno anche i tempi regolamentari a disposizione della giunta per evadere, diciamo così, la pratica trasmessa dal tribunale dei ministri di Catania.

La maggioranza, a questo punto, sempre col proposito di non favorire la campagna elettorale di Salvini, ha preteso e pretende  che Gasparri non facesse e non faccia votare sul caso Gregoretti sulla scadenza del 20 gennaio, accampando il rispetto dovuto agli assenti e a impegni che il presidente avrebbe preso in tal senso, ma da lui negati perché contrari al regolamento, almeno nei termini e nei tempi indicati dai suoi critici ed avversari politici.

Questi sono i fatti nella loro essenza e chiarezza, al netto di tutte le manovre, i pretesti e quant’altro: fatti nei quali convergono le esigenze tattiche contro Salvini di grillini, piddini, renziani e sinistra di “liberi e uguali”. E dei quali si guardano bene dal discutere i piddini nel ritiro in cui sono impegnati in questi giorni un’abbazia del Reatino, in vista della verifica di governo di fine mese, sempre dopo le elezioni regionali del 26 gennaio, e poi di un congresso che vorrebbe essere di rifondazione del partito E’ un appuntamento, quello nell’abbazia, che si è prestato a non pochi titoli di giornale, commenti e vignette più o meno sfottenti, e forse non immeritati, perché la trasparenza non va solo invocata ma anche praticata nella pur dura lotta politica in cui si è impegnati.

 

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