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Tutti gli incubi di Enrico Letta (su Giorgia Meloni)

Letta Ius Soli

Enrico Letta invoca il voto utile, per perdere “bene” alle elezioni del 25 settembre 

In un crescendo non contraddittorio ma complementare alla scelta di Giorgia Meloni come antagonista principale di questa campagna elettorale, il segretario del Pd Enrico Letta ha lanciato “l’allarme” per la democrazia. Che è stato scelto come apertura di prima pagina da Repubblica, volendolo evidentemente condividere. Un allarme che deriverebbe non solo e non tanto dalla ormai scontata vittoria elettorale del centrodestra a trazione femminile con Giorgia Meloni, quanto dalle sue dimensioni.

L’”incubo” lettiano, esplicitato in particolare dal manifesto, è che la destra -grazie ad una legge elettorale che molti contestano proprio al Pd di avere voluto a suo tempo e di non avere fatto modificare in tempo- prenda il 70% dei seggi parlamentari e modifichi a suo piacimento la Costituzione. Per evitarlo basterebbe al Pd prendere con la sua coalizione “progressista” il 4 per cento in più di quanto gli attribuiscano sinora i sondaggi. Sarebbe per la destra una vittoria mutilata, e per gli avversari una sconfitta misurata, consolante  e quant’altro, magari suscettibile di rivalsa in corso di legislatura con qualche operazione di palazzo in un Parlamento che vi si presterebbe più facilmente con quei nuovi 600 seggi contro i 945 delle Camere sciolte a luglio. Vasto programma, avrebbe detto il compianto generale francese Charles De Gaulle spesso evocato quando i partiti, o le loro nomenclature, si prefiggono traguardi troppo ambiziosi.

Non so se l’allarme lanciato dal segretario del Pd, peraltro spalleggiato dal ricandidato “indipendente” Pier Ferdinando Casini in un discorso alla Fondazione Sturzo, basterà a rispondere all’inquietudine di Claudio Cerasa. Che sul Foglio di oggi da lui diretto, con minore rassegnazione forse del fondatore Giuliano Ferrara, si è chiesto “perché Meloni non fa così paura ai suoi nemici?”. Fra i quali infatti ve ne sono, come Claudio Calenda nel cosiddetto terzo polo, che non escludono di poterle alla fine dare una mano almeno nella difesa delle posizioni atlantiste dalle posizioni critiche assunte da Matteo Salvini verso le sanzioni adottate contro la Russia per la guerra in Ucraina. Esse, secondo il leader leghista, danneggerebbero più noi che Putin, pur tanto colpito evidentemente da averci minacciato un inverno freddissimo se non ci decidiamo a toglierle.

“La strana guerra” è stata definita nell’editoriale del Corriere della Sera quella che Putin combatte sul versante ucraino con le bombe e su quello europeo col gas. “Ancora una volta, come ai tempi del generale Kutuzov contro le armate napoleoniche, il Cremlino sembra scommettere -ha scritto Paolo Valentino- sul “generale inverno”, sperando questa volta che il fronte europeo si frammenti sotto la pressione delle opinioni pubbliche colpite dall’inflazione e stremate dal freddo della stagione che incombe”.

Ma da Londra, per quanto ormai uscita dall’Unione Europea, la nuova premier Liz Truss- conservatrice come il predecessore Boris Johnson e la candidata italiana a Palazzo Chigi Giorgia Meloni- ha detto fiduciosamente  che “supereremo questa tempesta”. L’aveva anticipata a Rimini Mario Draghi parlando, per l’Italia, di “qualsiasi governo” destinato a succedergli dopo le elezioni: evidentemente anche quello contro il quale Enrico Letta ha lanciato invece il suo allarme per le sorti della democrazia articolata nella Costituzione in vigore.

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