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Urbano Cairo di lotta e di governo
Lo scontro Gruber-Meloni è l’ultimo di una lunga serie di frizioni tra Fdi e i programmi de La7 di Urbano Cairo. Lo stesso imprenditore che guida Rcs e che invece viene tacciato con il suo Corriere della Sera di essere troppo filo governista
Non è da tutti i giorni assistere a uno scontro così plateale tra un presidente del Consiglio e un giornalista. L’eco del botta e risposta tra Lilli Gruber e Giorgia Meloni su una presunta cultura patriarcale di destra si fa ancora sentire, soprattutto negli uffici di Urbano Cairo.
LO SCONTRO GRUBER-MELONI
Nel corso della puntata di lunedì, dedicata al femminicidio di Giulia Cecchettin, la giornalista di La7 ha così commentato: “abbiamo per la prima volta una donna presidente del Consiglio che però tiene a essere chiamata “il” presidente del Consiglio; un mistero della fede per me, ma sarà anche questo una cultura di destra, patriarcale”. Parole che hanno generato la replica via social della premier, con una foto tutta al femminile (Meloni, la mamma, la figlia, la nonna) accompagnata dal commento che apre lo scontro diretto con la conduttrice: “La nuova bizzarra tesi sostenuta da Lilli Gruber nella sua trasmissione di ieri sera è che io sarei espressione di una cultura patriarcale. Come chiaramente si evince da questa foto che ritrae ben quattro generazioni di ‘cultura patriarcale’ della mia famiglia. Davvero senza parole”, scrive la premier, innescando il botta e risposta “(e relative polemiche tra le forze politiche).
La conduttrice a sua volta ha replicato ‘ringraziando’ la premier per “l’attacco”, che considera “una prima volontà di aprire un dialogo costruttivo”. Esercizio di “democrazia”, ha sottolineato, “al quale lei è poco abituata”. E invitando la premier in trasmissione (“le porte di Otto e mezzo sono sempre aperte”) ha aggiunto: “è sempre pericoloso, per il buon funzionamento democratico, quando un/una presidente del Consiglio attacca direttamente la stampa e singoli giornalisti”.
I RAPPORTI BURRASCOSI TRA LA7 E FDI
Al di là del caso specifico, allargando la prospettiva, che tra La7 e Fratelli d’Italia non corra buon sangue è abbastanza noto. Non è la prima volta che i programmi della tv edita da Urbano Cairo finiscono nel mirino dei meloniani e viceversa. Già prima ancora di diventare premier, erano stati altrettanto cruenti ad esempio gli scontri con Corrado Formigli. Tanto che, nonostante i reiterati inviti, la leader di Fdi non è andata mai in trasmissione a Piazza pulita. E anche Di Martedì di Giovanni Floris non è stato mai tenero con il governo di destra-centro.
Oggi Paolo Mieli, su Radio24, ha commentato dicendo che “Meloni è nervosa perché La7 critica”
.@paolomieli: "Gruber-Meloni io sono in conflitto di interesse però dico: Meloni reagisce ad un discorso di Gruber del tutto legittimo, lo fa mettendo in mezzo la famiglia e fa un errore: non si reagisce ad un giornalista a meno di diffamazioni. Meloni nervosa perchè La7 critica"
— 24 Mattino (@24Mattino) November 22, 2023
LA7 DI CAIRO SPINA NEL FIANCO PER GIORGIA MELONI
A rinfocolare la polemica con Lilli Gruber ci ha pensato anche l’affermazione dell’esponente di Fdi Federico Mollicone, il quale da Presidente della Commissione editoria avrebbe chiamato in audizione l’editore de La7 Urbano Cairo e la stessa Gruber “sulla tutela del pluralismo” per “fare chiarezza su trasmissioni come quella di Otto e mezzo che presentano tre sedicenti opinionisti orientati contro un unico interlocutore di area di centrodestra”
La7 si sta rivelando dunque una vera spina nel fianco per il governo. Eppure stiamo parlando dello stesso Urbano Cairo che, in qualità di presidente e amministratore delegato di Rcs MediaGroup, viene tacciato negli ambienti per aver fatto del Corriere della sera – diretto da Luciano Fontana – una sorta di house organ dell’esecutivo Meloni, troppo filo-governista.
MENTRE IL CORRIERE DELLA SERA DI CAIRO VIENE ACCUSATO DI ESSERE TROPPO FILO GOVERNISTA
Basti pensare che nei momenti più delicati in questo primo anno di governo, ogni qual volta c’è stata la necessità di veicolare un messaggio politico o attinente alla sfera privata, Giorgia Meloni e il suo entourage politico-familiare più ristretto si sono sempre affidati alle colonne del quotidiano milanese.
Come il 5 febbraio, quando imperversavano le polemiche sul caso Donzelli-Dalmastro con continue richieste di dimissioni, Giorgia Meloni scrisse una lettera al Corriere della Sera. Oppure il 25 aprile per la Festa della Libertà, quando la premier affermò che la democrazia e la libertà vanno difesi anche in Ucraina e rifiutò l’analogia con il fascismo “noi incompatibili con qualsiasi nostalgia”, scrisse.
Il 14 giugno venne pubblicato un intervento a sua firma in ricordo di Silvio Berlusconi, mentre il 19 luglio, nella giornata dell’anniversario della strage di via D’Amelio, la premier inviò una lettera per spiegare le ragioni della sua assenza alla tradizionale fiaccolata a Palermo. Ancora: il 12 agosto Meloni firmò una missiva che aveva al centro il tema del salario minimo e dei bassi redditi, in vista della legge di bilancio, su cui le opposizioni avevano iniziato a fare gran cassa mediatica. Il 6 ottobre, infine, un intervento a doppia firma con il primo ministro britannico Rishi Sunak sugli sbarchi illegali dei migranti.
ANCHE FAZZOLARI, GIAMBRUNO E LA SORELLA ARIANNA SI SONO ‘APPOGGIATI’ AL CORRIERE
Come detto non soltanto Giorgia Meloni. Al braccio destro e sinistro della premier Giovanbattista Fazzolari, di cui recentemente Fabrizio Roncone ha delineato un ritratto (sembra molto apprezzato) sul “‘Richelieu’ di Giorgia”, è stato affidato sul Corriere della Sera il commento sull’accordo con Edi Rama per trasferire i migranti in Albania. E la sorella Arianna, intervistata sul quotidiano del direttore Fontana il 28 agosto per difendersi dalle polemiche a seguito della sua nomina alla guida della segreteria politica di Fratelli d’Italia.
Il ricorso al Corriere si è verificato anche per alcune delicate vicende attenenti più alla sfera privata che politica. Come per le interviste all’allora compagno Andrea Giambruno. Tra queste quella del 29 luglio, quando dovette iniziare a difendersi dalle polemiche sollevate dalle sue sortite/gaffe in diretta tv ai tempi in cui conduceva ancora ‘Diario del giorno’, tra cui gli attacchi al ministro della Salute tedesco (insofferente per il troppo caldo in Italia) che avevano causato anche più di un imbarazzo diplomatico. O anche la pubblicazione dellettera di Rachele Silvestri, la deputata di FdI che aveva reso noto di essere “stata costretta a fare il test di paternità” al figlio per spegnere le voci sul fatto che il padre potesse essere un esponente di Fratelli d’Italia.