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Amministrative, il ritorno a Roma di Marino il marziano
«Quella ferita non verrà riparata», dice Marino, alias “cavallo scosso”, tornando nella capitale per promuovere il suo ex assessore Caudo. Ma sfrutta l’occasione solo per attaccare il PD
A volte ritornano. Ma che Ignazio Marino potesse riaffacciarsi all’uscio ci avrebbero scommesso in pochi, con tutti gli schiaffi che si è preso non solo dagli avversari politici, ma soprattutto dai suoi. Massimo artefice, involontario, del successo dei 5 Stelle a Roma per la vicenda degli scontrini finita, come era apparso da subito scontato, in una enorme bolla di sapone irrilevante sul piano penale, nei mesi scorsi aveva incassato le scuse dell’esponente pentastellata che gli ha preso la poltrona da sindaco, Virginia Raggi, mentre quelle degli alleati, invece, non sono mai arrivate.
E dire che la sua breve esperienza da primo cittadino della capitale era finita nel peggiore dei modi, con un ‘cesaricidio’ (il set, del resto, è quello e impone sempre una certa teatralità) perpetrato da 26 consiglieri della sua maggioranza che si sfilarono depositando in gran segreto le dimissioni davanti al notaio. Per Marino il mandante fu l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi, certo non nuovo a simili giochi. Le cronache di quelle ore riportano questa dichiarazione dell’esponente toscano: “Marino non è vittima di una congiura di palazzo, ma un sindaco che ha perso contatto con la sua città”. Ancora più duro, dalla trasmissione Otto e mezzo, fu Matteo Orfini: “Marino continua a dire bugie. La verità è che ha commesso una enormità di errori. Noi gli avevamo chiesto di venire in aula senza ritirare le dimissioni”.
Ieri Ignazio Marino ha confermato nuovamente quello che dico da tempo. Il pezzo di classe dirigente del PD Romano che ha…
Pubblicato da Carlo Calenda su Sabato 12 giugno 2021
In quel momento il “Marziano a Roma”, soprannome preso in prestito dal teatro di Flaiano, divenne “cavallo scosso”, ovvero il puledro che perde il proprio fantino a metà competizione (trademark Goffredo Bettini, a sottolineare ancora una volta il peso del fuoco amico nella vicenda). Perché raccontiamo tutto questo, storia di un secolo fa, dato che ormai PD e M5s provano persino a correre assieme con candidati unitari (non a Roma, comunque)? Perché ieri appunto Marino è ritornato nella città che gli ha voltato le spalle per appoggiare – non si sa bene con quale esito – la campagna elettorale di Giovanni Caudo, suo ex assessore all’Urbanistica, candidato indipendente alle primarie del centrosinistra.
Come da copione, per restare in ambito teatrale, di Caudo s’è parlato ben poco, perché il chirurgo ha preferito puntare il bisturi sul ventre molle del PD, sfilettandolo come lombata. Su Roberto Gualtieri, favorito almeno alle primarie del centrosinistra: «Sarà il primo a doversi scusare». E poi senza ironia ha aggiunto retoricamente: «Ricandiderà quelli che sono andati dal notaio per paura di sfiduciarmi apertamente?». Sulle primarie: «Mi sembra incredibile che il Pd decida di far ritirare tutti i possibili candidati che possono contendere la posizione a Gualtieri». Quindi è la volta dei «Giovani orchi» (sarebbero turchi) di Orfini. E poi l’affondo su Dario Franceschini: «La maggioranza si capisce da dove va lui», battuta che fece Renzi «ma avrei sempre voluto farla io. Franceschini viene da una scuola democristiana, che non lo frega nessuno…». E siamo solo al primo atto della nuova farsa del centrosinistra romano, domenica andrà in scena il clou dello spettacolo.