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Anche a Mario Monti piace il Governo Meloni?

Monti

Mario Monti strizza l’occhio, pure lui, a Giorgia Meloni e ne pronostica praticamente il successo a Palazzo Chigi

A sentire e a vedere Mario Monti, più rosso del solito in viso, strizzare l’occhio, pure lui, a Giorgia Meloni e pronosticarne praticamente il successo a Palazzo Chigi, anche per non far tornare indietro “di dieci anni” -ha detto- la condizione femminile in Italia, si stentava francamente a credergli. E quando un giornalista ospite di Lilli Gruber nello studio televisivo di Otto e mezzo, su la 7, scherzando sui propri rapporti  personali con la candidata alla guida del governo, che stanno forse impensierendo i collaboratori più stretti e ufficiali dell’interessata, ha buttato lì l’idea di Monti “consigliere” o “consulente” di Palazzo Chigi, mi son chiesto se ci fosse o ci facesse.

Ma non solo. Mi è tornata subito in mente l’immagine di quella prima conferenza stampa dell’allora presidente del Consiglio Monti nella quale un’altra donna della quale egli era estimatore, avendola fatta ministra del Lavoro, si scusò in lacrime della stretta previdenziale cui aveva dovuto prestarsi. Mi riferisco naturalmente alla professoressa Elsa Fornero, miracolosamente sopravvissuta sul piano fisico a quell’esperienza, e alle ritorsioni propagandistiche e politiche di Matteo Salvini.

Par di capire che Monti veda la Meloni ormai sulla buona strada di un sostanziale, progressivo ripensamento del programma elettorale del centrodestra, troppo dispendioso per le condizioni italiane. Rassegnata, quindi, a mettere nel conto una certa impopolarità che potrebbe procurarle l’avventura a Palazzo Chigi. Dove un consiglio -completamente gratuito, da senatore a vita- glielo ha dato in diretta: quello di “non imbarcare al governo persone il cui scopo, pur essendo alleati, è il suo fallimento”.

Di chi si tratterrebbe è facilissimo immaginare: naturalmente, il già citato Salvini, che smania -secondo cronache, retroscena e quant’altro- di tornare al Viminale come ai tempi del primo governo di Giuseppe Conte, o di ripiegare su qualche altro dicastero meno pesante in cambio dell’abbinamento ad una vice presidenza del Consiglio. Ad anticipare la risposta o reazione della Meloni ha provveduto Stefano Rolli con la sua solita urticante vignetta per Il Secolo XIX, in cui “Matté” viene derubricato in romanesco stretto dalla vincitrice delle elezioni.

Vi debbo dire con franchezza che, fra tutte le crisi di apertura o di intermezzo di legislatura che mi è capitato di seguire tra le varie edizioni della Repubblica offerteci dalla politologia, questa ancora in attesa delle consultazioni di rito al Quirinale mi sembra la meno affannata. Non riuscirà certo ad agitarla il guerriero Beppe Grillo con le “brigate di cittadinanza” che ha appena proposto sul suo blog per fiancheggiare Conte nella marcia a sinistra. Nè vi riusciranno le solite notizie di fureria sulle troppe ambizioni -come al solito- esistenti rispetto ai posti disponibili, per tecnici e non tecnici, in un pò tutti i partiti interessati alla formazione del governo. Meloni farà almeno il suo primo governo, senza doversi rimproverare “inciuci” di cui ha sempre avvertito la puzza in passato e non si sente minacciata, ora che tocca a lei barcamenarsi in Parlamento e dintorni. Il suo aereo insomma decollerà. E Monti non le negherà l’applauso di incoraggiamento cavalleresco nella bomboniera di Palazzo Madama.

TUTTI I GRAFFI DI DAMATO.

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