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Ansie e grilli di Conte

Conte

I Graffi di Damato sull’incontro del presidente del Consiglio Conte con i gestori indiani dell’ex Ilva per trattenerli anche con le cattive in Italia

“Lo stop di Conte a Mittal”,  annunciato su quasi tutta la prima pagina dal Corriere della Sera riferendo sull’incontro del presidente del Consiglio con i gestori indiani dell’ex Ilva per trattenerli anche con le cattive in Italia, ha qualcosa francamente di troppo enfatico, contraddetto d’altronde dallo stesso quotidiano col titolo dato, sulla medesima prima pagina, ad un commento del suo Dario Di Vico. Che ha chiesto al presidente del Consiglio “uno scatto come per la Tav”, la linea ferroviaria per il trasporto delle merci ad alta velocità dalla Francia all’Italia avversata dai grillini con un’ostilità inizialmente appoggiata o tollerata da Conte ma infine da lui disattesa con la decisione di sbloccare l’opera.

COME SI MOSSE CONTE SU TAV

Il fatto è che i grillini reagirono alla scelta del presidente del Consiglio — il “loro” presidente del Consiglio — come un’opposizione irriducibile. Essi, fingendo di assumere come interlocutore solo il Senato, presentarono una mozione contraria alla Tav che fu respinta grazie alle opposizioni ragionevoli di destra e di sinistra e ai leghisti allora al governo, sia pure per qualche giorno ancora, prima della crisi d’agosto. E Conte fece finta di niente, disertando persino la seduta a Palazzo Madama in cui si discusse il documento grillino e lasciando che due sottosegretari del suo governo prendessero posizione l’uno a favore e l’altro contro. Ma di che cosa stiamo parlando, almeno sul piano politico? Del vuoto più assoluto.

E ORA SULL’EX ILVA

In realtà, Conte sta facendo paradossalmente l’indiano anche con gli indiani dell’ex Ilva, di cui contesta i cinquemila esuberi annunciati e, più in generale, l’azione giudiziaria promossa per svincolarsi dal contratto  ignorandone la ragione, o il pretesto, come lui preferisce chiamarlo, fornita loro con la contraddittoria e autolesionistica gestione del cosiddetto scudo penale per i reati ambientali commessi nelle gestioni precedenti. Esso fu promesso, concesso e poi lasciato annullare dalla maggioranza giallorossa che giustamente Giovanni Orsina sulla Stampa definisce “più gialla che rossa” per il peso preponderante dei grillini, peraltro divisi fra di loro come i famosi capponi di manzoniana memoria portati all’avvocato Azzeccacarbugli da Renzo. Che è solo per caso il singolare di quel Matteo Renzi e amici della nuova Italia Viva che si sono prestati  al Senato al gioco dei grillini “d’acciaio”, come li ha ironicamente definiti ieri su Repubblica il buon Stefano Folli perché mobilitati contro il rispetto della clausola principale del contratto stipulato a suo tempo con Mittal per salvare e insieme bonificare l’acciaieria di Taranto, con annessi e connessi.

Non ha quindi torto la stessa Repubblica a titolare oggi più realisticamente del Corriere della Sera “Fumata nera per l’Ilva e anche per il governo”. “L’agonia di un’alleanza senza anima”, è andato giù pesante con un editoriale l’ex direttore Ezio Mauro. Rispetto ai cui ragionamenti impallidisce l’ottimismo che ancora mostra in una intervista al Corriere il pur preoccupato Dario Franceschini, capo della delegazione del Pd al governo, chiedendo un “patto con renziani e grillini”, o fra gli uni e gli altri, per invertire la rotta che sta portando il Bisconte, chiamiamolo così,  e la stessa legislatura alla fine anticipata, infilati nella bara impietosamente disegnata dal vignettista Stefano Rolli sulla prima pagina del Secolo XIX.

IL PROBLEMA DI CONTE A PALAZZO CHIGI

Gratta gratta, come i biglietti delle lotterie, il problema di Conte, una volta che ha voluto restare a Palazzo Chigi cambiando maggioranza e alleati, rimane quello, già segnalato ieri, enunciato o vaticinatogli dall’anziano e autorevole amico e maestro Guido Alpa. È il problema di decidersi a scegliere e a compromettersi davvero, sapendo che la sua coalizione, come quella precedente d’altronde, è un ossimoro. E che — aggiungo io condividendo un titolo di prima pagina del Foglio, in rosso — che “con il grillismo non ci si può sposare”, specie ora che i pentastellati sono divisi, anzi dilaniati in correnti, anime, risentimenti e quant’altro rispetto ai quali impallidisce il ricordo della Dc dei tempi peggiori, dove ci voleva il radar per avvicinarsi a quella che Giampaolo Pansa chiamava “la balena bianca”. Eppure verrebbe voglia a volte di rimpiangerla. A riaverla…

 

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