Da autostrade a dehors, da pubblicità indesiderate a più libertà per assicurati, i punti principali…
Autonomia differenziata: occasione o rischio? Il dibattito al Meeting di Rimini
Autonomia differenziata: il convegno “Quale Stato e quali Regioni” al Meeting di Rimini con i presidenti di regione Attilio Fontana, Stefano Bonaccini e Massimiliano Fedriga
“Nessuno si è mai preoccupato dei Lep prima della proposta di riforma sull’autonomia differenziata”. Le parole, con una venatura di ironia, sono del Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana. Il Governatore lombardo ha partecipato, insieme al presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini e del Friuli-Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga al convegno ‘Quale Stato e quali Regioni’ organizzato durante il Meeting di Rimini.
LA PROPOSTA DI CALDEROLI È CONTRASTATA PER RAGIONI POLITICHE
“Quella del ministro Calderoli è un’ottima proposta di autonomia – ha aggiunto il presidente Fontana difendendo la riforma. Eppure, oggi qualcuno continua a volerla contrastare per motivazioni che sono solo quelle di non volersi assumere la responsabilità di dare delle risposte efficienti ai propri territori. Calderoli ha semplicemente presentato un procedimento attraverso il quale si può arrivare all’autonomia.
FEDRIGA: “NOI DOBBIAMO AVERE IN MENTE COME POSSIAMO SPENDERE MEGLIO LE RISORSE”
“L’autonomia differenziata interviene dopo che lo Stato determina quali sono le prestazioni e quanto costano. Servono questi elementi perché lo Stato garantisca le risorse per adottare le prestazioni su tutto il territorio – dice il Presidente della regione Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga -. Quindi l’autonomia differenziata dice allo Stato, “dammi quella competenza perché penso di poterla esercitare meglio, migliorare il servizio e magari anche ottimizzare le risorse”. Ma nella realtà cosa succede? Lo spiega bene il presidente della regione Friuli-Venezia Giulia, che già gode di uno statuto speciale. “Quella regione, con le medesime risorse, non solo riesce a erogare quelle medie essenziali prestazioni, ma riesce a erogare un miglioramento delle stesse prestazioni. Perché dico questo? Non soltanto per far capire come interpretiamo l’autonomia differenziata. Ma lo dico anche perché oggi esiste una novella sbagliata che racconta che una parte del Mezzogiorno non all’altezza dell’autonomia differenziata. Io sono convinto, e l’ho visto nel corso della pandemia che i territori possono dare su alcune materie risposte migliori rispetto allo Stato centrale”.
FEDRIGA: “LA CAMPANIA HA CHIESTO L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA”
La domanda che occorre porsi, secondo il presidente Fedigra, è se riesca a erogare meglio una data prestazione lo Stato centrale oppure una regione. “Questo dobbiamo chiederci, perché altrimenti diventa semplicemente una lotta di potere tra Istituzioni ed è il fallimento dello Stato centrale, delle regioni, dei comuni, di tutti noi. Noi dobbiamo avere in mente come possiamo spendere meglio le risorse, quali iniziative per migliorare i servizi”. In ogni caso “nella peggiore dell’ipotesi, se una regione non si sente pronta, rimane esattamente così com’è oggi, nella migliore può ottimizzare quelle risorse per migliorare il servizio”. Tra l’altro c’è una regione che ha chiesto una forma di autonomia differenziata, è Campania. “La Campania ha chiesto l’autonomia differenziata, non utilizzando i Lea ma la spesa storica”, ha concluso Fedriga.
L’ANNO PROSSIMO TORNEREMO A PARLARE DI AUTONOMIA DIFFERENZIATA
“Se continuiamo così l’anno prossimo ci ritroveremo a parlare sempre di autonomia”. Nutre poche speranze il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. “Non se ne farà nulla perché non riusciranno a convincere le regioni del Sud. Il rischio è che una parte del paese che sta già meglio rischia di prendere qualcosa in più rispetto a chi sta peggio – spiega Bonaccini -. Quando si fecero gli asili nido in questa regione erano glia anni ’70, non c’erano mica nelle altre regioni. Io credo che ci sia oggi un inciampo, mi pare che la strada abbia preso una scorciatoia che rischia di portarci in un vicolo cieco. Ma non stiamo andando nella direzione che ci porterà a una soluzione politica”. Il governatore Bonaccini fa un discorso molto articolato, ricorda l’alluvione che ha funestato l’Emilia-Romagna e la capacità della “sua” gente di rimboccarsi le maniche e ricostruire, per arrivare a dire che da parte sua non c’è contrarietà all’autonomia, ma alla proposta avanzata dal ministro Calderoli. “Mi spiego con una battuta: se dallo Stato dovesse arrivarci un euro in meno del totale che riceviamo ma ci permettono, in alcune materie, di gestirle da soli, io credo che, a parità di risorse, o anche un po’ meno, sappiamo spenderle meglio di come le spendono da Roma – spiega il governatore Bonaccini -. Questo è il tema, ed è per questo che io non sono d’accordo con quella di Calderoli”.
I DUE PRINCIPI DELL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA SECONDO BONACCINI
Sono due i principi intorno ai quali il governatore Bonaccini incardinerebbe una riforma dell’autonomia differenziata: programmazione e sburocratizzazione. “Dobbiamo discutere di programmazione. Qualsiasi ente locale in questo paese, che sia una regione, una provincia, un comune non sa quanto gli spetta. E senza sapere quante risorse riceverai, fai fatica a immaginare il tipo di investimento”, dice il governatore dell’Emilia-Romagna. E poi è la burocrazia a finire nel mirino del governatore Bonaccini. “Dobbiamo ridurre la burocrazia. Faccio un esempio, avevamo chiesto che venisse assegnata alla regione la potestà di fare una valutazione di impatto ambientale per quelle infrastrutture che non sono di competenza nazionale come la tangenziale di Reggio Emilia – spiega il Bonaccini -. Ecco non ci hanno messo meno di un anno, per 190 milioni di euro di investimento. Ora, anche noi siamo burocrati come regione ma più di sei mesi non ci metteremmo a dare una valutazione di impatto ambientale. Ecco, siccome il tempo è denaro ho fatto un solo esempio per cercare di farmi capire”. A mancare, secondo il governatore emiliano, è l’unanimità in Conferenza Stato Regioni, “non c’è l’accordo con i comuni, non c’è l’accordo con le province. Ecco, ho finito, io penso che stiamo andando sulla strada sbagliata. L’unica cosa che chiedo, perché a me piace discutere nel merito delle questioni, è di poterci rivedere e ritrovare, perché secondo me dovremmo riprendere in mano almeno queste questioni che per noi sono essenziali nella discussione”.