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I problemi dell’Italia? Per Bankitalia non si risolvono con più debito

Task Force Bankitalia

Cosa ha detto il DG di Bankitalia Salvatore Rossi in occasione di una Lectio Magistralis all’Università di Venezia. Ecco un estratto del suo intervento

Secondo Bankitalia l’Italia spende molto e non produce in modo efficiente ma i problemi non si risolvono creando debito. Il richiamo è del direttore generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, nel corso di una lectio magistralis tenuta in settimana all’Università di Venezia, che sembra chiamare in causa, nemmeno troppo velatamente, le recenti misure della maggioranza e quel 2,4% di deficit con il quale il governo giallo-verde sta pensando di finanziare una fetta consistente della prossima manovra.

IL PROBLEMA NON SI RISOLVE INDUCENDO LO STATO A INDEBITARSI

Bankitalia“Un’economia che cresce poco per un periodo così lungo, dove i redditi familiari sono in termini pro capite sui livelli della fine degli anni Ottanta, è un’economia che offre poche opportunità ai suoi cittadini, soprattutto a quelli più giovani – è il pensiero di Rossi -. Non sorprende che due terzi dei giovani tra i 18 e i 34 anni si attendano che chi oggi studia o inizia a lavorare occuperà in futuro una posizione sociale ed economica peggiore di quella della generazione che li ha preceduti. Le cause di questa situazione sono molteplici e non le discutiamo qui. Una cosa è certa: il problema non si risolve inducendo lo Stato a indebitarsi. Lo Stato può far molto in questo campo spendendo meglio e fissando norme che incentivino l’efficienza”.

PERDERE DENARO PER IL DEFAULT DI UNO STATO “NON PUÒ CHE FARE PAURA”

Rossi è intervenuto poi, ancora più direttamente, sui timori dei mercati in vista della finanziaria. I mercati, ha precisato sono “i risparmiatori”, quindi persone che “investono il loro denaro e che, per questa ragione osservano attentamente l’andamento del debito pubblico e le scelte economiche degli esecutivi”. Tutto ciò avviene perché a nessuno piace perdere soldi, spiega in sostanza il direttore generale di Bankitalia aggiungendo che l’eventualità di non guadagnare o, perdere denaro per default di uno Stato “non può che fare paura”.

SE LO STATO ITALIANO DOVESSE FALLIRE PER CERCARE DI RISALIRE LA CHINA DOVREBBE AUMENTARE LE TASSEBankitalia

Non solo. Rincara ancora la dose Rossi: “Se mercati vuole dire essenzialmente risparmiatori, quelli nazionali sono diversi da quelli esteri? In altri termini, io che sono italiano tengo molto più volentieri nel mio portafoglio un BTP (un titolo dello Stato italiano) di un risparmiatore francese o tedesco, per ragioni patriottiche? Può darsi, ma è molto improbabile – ha ammesso il dg di Bankitalia -. I soldi sono soldi, a nessuno fa piacere perderli per amor di patria, salvo che in circostanze eccezionali, come ad esempio una guerra. Una differenza economica potrebbe essere che se lo Stato italiano, mettiamo, dovesse fallire, cioè non rimborsare a scadenza i propri titoli o farlo solo in parte, per cercare di risalire la china dovrebbe aumentare le tasse, colpendo quindi i propri cittadini ma non anche quelli francesi o tedeschi. Gli italiani potrebbero essere allora più restii a liberarsi di titoli pubblici nazionali, quando s’infittiscono notizie negative sulle finanze del loro Stato, nel tentativo di salvarlo e di non essere tassati”.

BANKITALIA: FARE ATTENZIONE AL MODO IN CUI LE NOTIZIE ECONOMICHE SI DIVULGANO

Secondo Rossi, bisogna quindi fare attenzione al modo in cui le notizie economiche si divulgano, e in questo i media e gli studiosi del settore hanno delle responsabilità. “Il luogo comune recita che l’economia italiana potrebbe essere prospera e felice se solo l’Europa, per stolidità teutonica, e i mercati, per occasionali antipatie politiche, non le imponessero una camicia di forza finanziaria. In questo modo ipersemplificato di raccontare le cose vi sono grandi di verità e tonnellate di falsità. Le cose sono molto più intrecciate e complicate e il compito di chi ha a lungo studiato questi problemi è di farlo capire bene”. Insomma, conclude Rossi “ciò che nei tempi passati era solo raccomandabile – cioè che gli economisti facciano più e miglior divulgazione delle teorie e dei dati economici buoni, validati – diviene imperativo e urgente in tempi, come gli attuali, di onnipresente cattiva o imprecisa informazione economica, usata a fini politici. Ne va non solo del buon nome della professione economica, ma del corretto funzionamento delle nostre società democratiche”, ha concluso il dg di Bankitalia.

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