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Blocco operatori telefonici, proroga concessioni, reti in fibra ottica: tutti i suggerimenti dell’Antitrust al “Cura Italia”

Antitrust Agcm Direzione Servizi Digitali

E il sottosegretario Di Stefano (M5S) ricorda ai rigoristi olandesi le parole del presidente dell’Antitrust Rustichelli sulla concorrenza fiscale in Ue


L’emergenza coronavirus non ferma l’attività dell’Autorità per la Concorrenza e il Mercato. Mentre continua a ricevere segnalazioni e a monitorare siti web, l’Antitrust dice la sua anche sul decreto “Cura Italia”, varato dal Consiglio dei ministri a metà marzo e ora al vaglio del Senato.

“Nella consapevolezza della drammaticità dell’emergenza che il nostro Paese sta attraversando” e “in pieno spirito collaborativo”, sottolinea l’Authority, si suggerisce che — in sede di conversione del provvedimento — “venga valutata con estrema attenzione la proporzionalità di tutte quelle misure che, con il lodevole obiettivo di tutelare la salute pubblica e proteggere nell’immediato le fasce più deboli del sistema economico, possono pregiudicare la ripresa e la crescita, una volta terminata la fase emergenziale”.

Ad attirare le attenzioni di Piazza Verdi sono soprattutto alcune proposte di modifica del decreto “Cura Italia” che “finiscono per introdurre misure destinate a ingessare, se non a sospendere, il confronto competitivo in interi settori produttivi”.

NO AL BLOCCO DEL CAMBIO DELL’OPERATORE TELEFONICO

Il rischio di bloccare la competizione è rappresentato in modo emblematico, secondo l’Authority, dall’emendamento presentato da Lega e M5S — che ha già fatto infuriare le associazioni di consumatori — con il quale si intende impedire il cambio di operatore telefonico o la generazione di nuovi numeri durante tutta la fase di emergenza. Visto che la maggior parte dell’attività di migrazione viene svolta da remoto, questa misura è “certamente sproporzionata” e rende impossibile  per i clienti cambiare fornitore. Peraltro proprio in un momento in cui trovare l’offerta commerciale di servizi di telefonia “più consona alle nuove esigenze è cruciale e preziosi possono essere i benefici del confronto competitivo (prezzi più bassi o servizi migliori)”.

COME VELOCIZZARE LA RETE IN FIBRA OTTICA

Restando in tema di operatori telefonici una riflessione è dedicata pure alla concorrenza infrastrutturale che è “funzionale all’offerta dei servizi di comunicazione da rete fissa” e che “rappresenta un passaggio cruciale per affrontare le diverse fasi dell’emergenza”.

In quest’ottica si possono mettere in atto diversi  interventi per costruire una rete in fibra ottica più veloce. Ad esempio si possono ridurre gli oneri amministrativi previsti per realizzare le reti; si può favorire la condivisione delle infrastrutture e aumentare il grado informativo rispetto alle infrastrutture esistenti.

Per quanto riguarda le aree bianche, ovvero quelle meno interessate dagli investimenti per portare la fibra ottica, si potrebbero prevedere deroghe alla regolamentazione vigente in modo da “permettere l’avvio di un maggior numero di cantieri”. L’Antitrust chiama in causa pure le amministrazioni locali che “potrebbero mettere a disposizione dei vari operatori le infrastrutture atte ad ospitare le reti di telecomunicazione già esistenti e di loro pertinenza”.

PROROGA DI GARE E CONCESSIONI NON OLTRE LE REALI ESIGENZE DELLE AMMINISTRAZIONI

L’Antitrust segnala anche che occorre procedere con cautela riguardo alle proposte di proroga di gare e concessioni.

Bisogna fare, spiega, “un attento e necessario bilanciamento tra i benefici di breve periodo e i possibili costi che si potrebbero manifestare in un orizzonte temporale più ampio”. Secondo l’Agcm peraltro i provvedimenti per posticipare il confronto concorrenziale dovrebbero essere “rigorosamente temporanei e direttamente funzionali al superamento dell’emergenza, evitando proroghe automatiche e generalizzate”.

Peraltro l’Antitrust ricorda che molte amministrazioni locali, prima dell’emergenza, stavano avviando le procedure per l’affidamento dei servizi di TPL su gomma. “Se un periodo di sospensione delle gare può apparire ragionevole — sottolinea —, le proroghe degli affidamenti (peraltro già tutti in regime di prorogatio dal 3 dicembre 2019) non dovrebbero comunque eccedere le reali esigenze delle amministrazioni”. In tal modo è possibile ricorrere “quanto prima a strumenti idonei a favorire un utilizzo efficiente delle risorse pubbliche”.

E INTANTO IL SOTTOSEGRETARIO DI STEFANO SULL’OLANDA SI ISPIRA AL PRESIDENTE RUSTICHELLI

Indirettamente un legame tra emergenza coronavirus e Piazza Verdi lo ha costruito ieri anche il sottosegretario agli Affari esteri Manlio Di Stefano (M5S). In un post su Facebok dal titolo inequivocabile — “L’Olanda non può darci lezioni” — il parlamentare pentastellato si scaglia contro il Paese guidato dal premier Mark Rutte che si oppone ai Coronabond, la proposta di risposta comune all’emergenza sanitaria ed economica causata dalla diffusione del Covid-19 di cui si è fatto paladino il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.

Di Stefano ricorda un punto saliente della prima uscita pubblica del presidente Roberto Rustichelli, lo scorso luglio, quando, durante la prima relazione annuale alla guida dell’Authority, sottolineò come “la concorrenza fiscale nella Ue mina la fiducia nel mercato unico e penalizza l’Italia”. “La stima del danno per il nostro paese sarebbe tra 5 ed 8 miliardi di dollari l’anno — scrive Di Stefano —. Se alcuni Paesi ci perdono, altri ci guadagnano, visto che i gruppi multinazionali — inclusi ovviamente alcuni italiani — reagiscono alla concorrenza fiscale localizzando ‘intelligentemente’ parte della loro struttura, inclusa la sede legale e/o fiscale, proprio nei Paesi europei con una tassazione più favorevole, tra i quali primeggia l’Olanda” che in sostanza “chiede rigore ma sottrae entrate tributarie agli altri Paesi europei”.

Infatti, ricorda, nel Paese dei tulipani “non sono tassati dividendi e royalties generati da imprese straniere operanti in loco. Solo il 4% del reale volume d’affari risulta imponibile ai fini fiscali. Secondo un rapporto della competente commissione del Parlamento Europeo le politiche fiscali olandesi sarebbero responsabili di una erosione di introiti fiscali pari a 11,2 miliardi di euro, a danno degli altri Stati Membri, contribuendo così all’impoverimento di quegli stessi ‘partner’ sui quali vorrebbe imporre le proprie lezioni di vita”.

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