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Chi cavalca la polemica sul Msi

Caso La Russa-Msi Partito Almirante

Repubblica apre sul caso La Russa dopo le frasi di celebrazione dell’anniversario del partito che fu di Almirante. I graffi di Francesco Damato 

Da corazzata della sinistra come riuscì a farla diventare il fondatore Eugenio Scalfari dissanguando di copie e giornalisti L’Unità e Paese sera, il quotidiano La Repubblica è andato via via ridimensionandosi. Lo storico sorpasso sul Corriere della Sera è ormai un lontano ricordo. Ma una certa vivacità nella rappresentazione dei fatti, ed anche una certa ambizione nel dettare la linea ad altri giornali, nel suo stesso gruppo editoriale e fuori, gli è rimasta, anche a costo di tirare la corda sino a spezzarla. Così credo gli sia capitato oggi sparando su tutta la prima pagina, come un annuncio di guerra, “un caso La Russa”: ripeto, La Russa. Non la Russia della perdurante, feroce guerra in Ucraina.

Ellekappa, la storica vignettista di Repubblica, all’anagrafe Laura Pellegrini, ha messo al rogo “la seconda carica dello Stato”, tra le fiamme del defunto Movimento Sociale, di cui ha voluto elettronicamente ricordare i 76 anni trascorsi dalla nascita alzando fascisticamente il braccio. E ispirando agli spettatori la rima tra il “falò” nel quale meriterebbe di ardere davvero e la Salò capitale della Repubblica sociale fondata da Mussolini agli ordini di Hitler. Altro, quindi, che le dimissioni reclamate dal solito, imborghesito, banale Partito Democratico: è il rogo quello che meriterebbe il presidente del Senato per essersi unito alle celebrazioni del defunto -ripeto- Movimento Sociale aperte dalla sottosegretaria Isabella Rauti. Della quale non si sa se sia più grave il cognome che porta, trasmessogli dal padre Pino, o l’amicizia della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Che a furia di annunciare pacchie finite di qua e di là, si è vista intestare da Riccardo Mannelli, nella vignetta odierna del Fatto Quotidiano, “l’era fasciopacchiana”. Una carezza, direi, rispetto alla “cattiveria”, sempre in prima pagina, riservata al presidente del Senato e a tutto il centrodestra con queste righe: “La Russa: “Il Msi è stato il partito più democratico di tutti”. La Lega invece è il più colto e Forza Italia il più onesto”. Così  sono stati serviti pure Matteo Salvini e Silvio Berlusconi.

Ma questa col Fatto di Marco Travaglio è l’unica sintonia visibile a occhio nudo con la mobilitazione antifascista e anti-La Russa di Repubblica. Al Corriere della Sera hanno relegato il “caso” a pagina 10 senza un rigo -dico uno- di richiamo in prima pagina. Alla Stampa invece un richiamo in prima si trova, ma abbastanza piccolo e modesto per “l’ennesima vergogna” lamentata  col supporto dell’ordine “Via dal Senato” gridato a La Russa dalla scrittrice ungherese Edith Bruck.

Decisamente neutro nella polemica scoppiata sul presidente del Senato il richiamo sulla prima pagina del Giornale di casa Berlusconi: “La Russa ricorda la nascita del Msi. La sinistra chiede le sue dimissioni”. A suo modo più coraggioso o impegnato, come preferite, è il titolo di Libero su più di una colonna: “La Russa osa ricordare il Msi e la sinistra perde la testa”. Un titolo però da ridere rispetto a quelli culturalmente e politicamente più pesanti del Foglio e del Riformista, e alle argomentazioni, rispettivamente, del fondatore Giuliano Ferrara e del direttore Piero Sansonetti.

“Una visione non retorica delle cose non urla allo scandalo se si ricorda la nascita del Msi”, che “fu un partito orrendo, non un movimentaccio populista”, si è autotitolato Ferrara ricordando peraltro il concorso dei voti missini all’elezione di alcuni presidenti della Repubblica.

“Antifascismo è libertà”, ha titolato Sansonetti, che sta per riportare nelle edicole l’Unità ma ha voluto lo stesso ricordare anche ai suoi ex compagni di partito che “il Msi fu un partito vero, di massa, democratico, che diede rappresentanza all’estrema destra e al popolo  nostalgico del fascismo. Diede ricchezza alla democrazia. La rese più piena. Fece grandi battaglie. Alcune, credo, giuste. Molte sbagliate e reazionarie. Le perse tutte. Non è un demerito”. Parole di Sansonetti, ripeto.

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