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Chi è Massimo Bugani, il big grillino che ha lasciato il Movimento 5 Stelle

Bugani

Grillino della prima ora, attualmente assessore all’innovazione al Comune di Bologna, guidato dal dem Matteo Lepore, Bugani lascia il M5s per andare in Articolo 1 di Pier Luigi Bersani, con cui ha un lungo e consolidato rapporto

Quando, nel marzo 2010, Beppe Grillo, come le migliori rockstar, chiudeva il suo V-Day bolognese a bordo di un canotto sorretto dalla folla che trasformava il Crescentone in un enorme lago umano, lui era già lì. Non si può insomma dire che Massimo Bugani non ci abbia creduto, alla causa pentastellata. Anzi, la sua colpa, a leggere a ritroso le dichiarazioni consegnate un po’ a tutte le testate negli ultimi anni (ancora qualche settimana fa a Repubblica aveva detto: “Credo serva un nuovo soggetto politico con al centro ambiente e umanità. Di Maio? È sempre stato un centrista”), è forse quella di averci creduto troppo.

Classe 1978, si descrive così nella biografia sul sito bolognese del sito di Movimento 5 Stelle, fortunosamente ancora online sebbene accusi gli acciacchi della scarsa manutenzione: “Mi sono diplomato al Liceo Scientifico Fermi nel 1997 dopo aver vissuto tutti gli anni della scuola con due visioni nettamente contrapposte tra loro: da una parte la gioia di scambiare emozioni ed esperienze con i miei compagni ed amici, dall’altra la rabbia ribelle e ruggente di uno che proprio non amava l’impostazione della scuola e dei miei insegnanti. […] Dopo gli studi, fra il 1997 e il 1998 ho fatto un anno di servizio civile presso l’AUSER di Bologna. Mi prendevo cura di disabili, persone con la sindrome di down e anziani in grave difficoltà. È stato un anno duro ma molto formativo e molto gratificante. […] Nel 1998 scrivo una fiaba dal titolo “Viaggiare, sognare” che partecipa al premio internazionale Hans Christian Andersen. Su 1596 partecipanti la fiaba entra nelle 4 fiabe finaliste e successivamente viene pubblicata nel libro “Nella baia delle favole” edizioni RAI-ERI. Nel 1999 scrivo una sceneggiatura teatrale dal titolo “Bastan poche briciole” che riceve parere favorevole da autori della RAI TRADE ed è tutt’ora in loro possesso. Nel 2000 la fiaba “il pietrino spezzato” è finalista al concorso letterario “Paolo Fiorile” e ricevo la targa premio dal mio cantautore italiano preferito (Roberto Vecchioni)”.

Appassionato di fiabe, non poteva certo immaginare un finale così agro, senza il proverbiale “e vissero tutti felici e contenti”, per la sua avventura nel Movimento 5 Stelle, specie dopo averlo scalato dall’interno: membro di Rousseau con Gianroberto Casaleggio, presidente del gruppo consiliare M5S nel Consiglio comunale di Bologna, poi vice caposegreteria di Luigi Di Maio, referente nazionale Comuni a 5 Stelle e ancora capo staff di Virginia Raggi con deleghe alla innovazione e tecnologia, comunicazione e partecipazione.

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Lo strappo era nell’aria e già da tempo diversi esponenti pentastellati malignavano sul suo rapporto con Pierluigi Bersani, proprio quel Bersani che i grillini delle origini vollero umiliare con le consultazioni in streaming del 27 marzo 2013. Lo stesso Bugani, al Corsera, oggi ammette: “Con Bersani ci sentiamo da anni e più ci sentiamo più aumenta la mia stima nei suoi confronti. È un peccato che nel 2013 ci fosse lui e che nel 2018 ci fosse Renzi, se il destino avesse invertito le occasioni non avremmo fatto un governo con Renzi nel 2013 e l’avremmo invece fatto con Bersani nel 2018. Il timing spesso è tutto, sia nella vita che nella politica”.

Come si sa – e come dimostra il lungo conclave tra Giuseppe Conte e i suoi di qualche settimana fa – l’epoca delle riunioni di fronte a una webcam che fungeva da spioncino sul mondo è tramontata. I Palazzi non sono stati scoperchiati come scatolette di tonno (cit.) e nessuno sa bene infatti cosa si siano detti  grillini in quelle riunioni fiume sul destino della legislatura, ma Bugani era stato tra i pochi, assieme all’ex capogruppo Davide Crippa, a mettere la firma in calce al proprio dissenso: “far cadere il governo significa tornare soli contro tutti, a ululare alla luna”, aveva dichiarato in quei giorni. “Magari si guadagna qualche punto, anche il 3 o il 4%” aveva motivato, “ma consegnando il Paese a Giorgia Meloni o forse a Renzi e Brunetta”. “Draghi è Draghi e Mattarella l’ha scelto per traghettare il Paese in emergenza dopo che Renzi aveva sfasciato un ottimo governo con una squallida manovra di Palazzo: a ottobre potremmo essere senza lavoro, senza gas, senza riscaldamento, con poca acqua con una qualità dell’aria devastante, con gli ospedali di nuovo pieni di pazienti Covid e con le persone che iniziano a sfogarsi in strada. La condizione perfetta perché la Meloni arrivi al 30%” .

In realtà Bugani picconava il Movimento da tempo. Già nel 2020, a Omnibus, dichiarava: “Abbiamo esaurito gli argomenti, dobbiamo trovare ridefinire il perimetro della nostra azione, non abbiamo più un messaggio chiaro”. Ed esattamente un anno dopo, prima scriveva su Facebook “Gianroberto Casaleggio in piazza ci faceva scandire il nome di Berlinguer, non quello di Luigi De Mita”, in una maliziosa crasi tra un altro avellinese storico, il centrista Ciriaco De Mita e Luigi Di Maio. Poi, sempre su La7, scandiva: “Siamo reduci da una battaglia che ci ha lasciato cicatrici ma da due anni non vogliamo guardare in faccia la realtà. Questo MoVimento è passato in un anno dal 33% al 17% con Di Maio capo politico e bisogna ammetterlo. È un ragazzo molto abile però bisogna capire qual è la visione”. Ed è la stessa frase rimarcata oggi al Corriere, nell’intervista che ufficializza il suo addio al Movimento: “Da tre anni manca un percorso”. In assenza, ha cambiato strada.

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