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Chi rischia di perdere il Reddito di cittadinanza (licenziati i primi Navigator)

Conte Reddito Di Cittadinanza Cambiare Green Pass

Il Governo vuole riformare il reddito di cittadinanza. Più coinvolgimento per le agenzie per il lavoro, sussidi solo a chi non può lavorare.

Il Reddito di cittadinanza cambierà volto, non più un “assegno perpetuo” ma un sostegno economico limitato solo a chi non può lavorare. Il programma elettorale di Fratelli d’Italia prometteva di cancellare la misura di sostegno al reddito molto discussa e di sostituirla con “un nuovo strumento che tuteli i soggetti privi di reddito, effettivamente fragili e impossibilitati a lavorare o difficilmente occupabili: disabili, over 60, nuclei familiari con minori a carico”.

In Italia 1,6 milioni di famiglie ha ricevuto almeno una mensilità di Reddito di cittadinanza

Attualmente sono più di 1,6 milioni i nuclei familiari che percepiscono il reddito di cittadinanza (almeno una mensilità), per un totale di 3.515.428 persone coinvolte e un importo medio erogato a livello nazionale di 552,33 euro. La prima difficoltà, per portare a compimento una riforma su una misura che ha avuto il merito di evitare l’ingresso in povertà di molte famiglie in momenti estremamente difficili, risiede proprio nel fatto che a beneficiarne non siano individui ma nuclei familiari al cui interno possono esserci sia soggetti abili che inabili al lavoro. Sarà dunque indispensabile identificare dei criteri equi per portare a termine una riforma che apporti benefici ai conti pubblici senza intaccare il tessuto sociale nazionale.

Anpal: 660mila percettori di Reddito di cittadinanza in grado di lavorare (che perderebbero il sussidio)

Secondo i dati dell’Anpal (Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro) aggiornati al  30 giugno circa 920mila percettori di Rdc sono stati “indirizzati ai servizi per il lavoro”. Queste persone, secondo le proposte di riforma in discussione, dovrebbero perdere il contributo stale mensile. Tra questi circa 660mila, il 72%, sono stati considerati occupabili e dovrebbero essere soggetti alla sottoscrizione del Patto per il Lavoro, invece solo in 280mila, il 42,5%, hanno stipulato il Patto per il lavoro. Circa 173mila, il 18,8%, risultano avere un lavoro (dal 26% del Centro Italia al 15,3% delle Isole), sono i cosiddetti working poor che, però, guadagnando troppo poco per sopravvivere continuano a percepire il sussidio. Infine “la quota restante si suddivide fra gli esonerati dagli obblighi di condizionalità (7,3%) e i rinviati ai servizi sociali (2,1%)”. Stando ai dati INPS, tra gennaio e luglio 2022 è stato revocato il beneficio a 37.885 nuclei e sono decaduti dal diritto 207.033 nuclei.

Cosa vuole fare il governo

Nei piani del Governo, che entro il 31 dicembre prossimo deve varare la prossima legge di Bilancio, il reddito di cittadinanza smetterà di essere un “assegno perpetuo”, avrà, invece più paletti e obblighi per spronare i percettori occupabili ad attivarsi per l’inserimento lavorativo. La prima modifica sostanziale e misurabile dovrebbe essere quella di limitare a una l’offerta di lavoro congrua prima del decadimento del sussidio. Prima erano tre, il governo Draghi aveva fissato il limite a due.

Più coinvolgimento per le politiche attive del lavoro

La gamba “zoppa” del reddito di cittadinanza è stata proprio l’attivazione di opportune politiche attive che aiutassero i percettori di reddito a uscire dallo stato di bisogno, attraverso adeguate offerte di lavoro. “Vogliamo un reddito che, giustamente, dia un sostegno vero a chi è nelle fasce di maggiore difficoltà e non può lavorare – ha detto al Sole 24 Ore il responsabile Lavoro della Lega e attuale sottosegretario al Ministero del Lavoro, Claudio Durigon -. Invece la misura dovrà essere più spronante per chi può lavorare”. È previsto, dunque, un maggiore coinvolgimento delle agenzie per il lavoro. “Chi può lavorare non potrà stare più in poltrona e continuare a beneficiare dell’assegno”, sintetizza Durigon.

Chi sono gli occupabili che ricevono il Reddito di cittadinanza?

L’Anpal traccia il profilo degli occupabili. Trovare loro un’occupazione non sembra impresa da poco conto. Il 75% degli “occupabili” risiede al Sud o nelle Isole, il 57% sono donne, il 48% ha più di 40 anni (solo il 34% meno di trenta) e il 10% è straniero. L’ostacolo principale, però risiede nel fatto che il 73% non ha avuto esperienze lavorative negli ultimi tre anni. Anche per chi l’ha avuta non va meglio perché nel 36,3% dei casi non è durata più di tre mesi. Un altro ostacolo all’impiego lavorativo risiede nel grado di istruzione: il 70,8% ha solamente la licenza di terza media e solo il 2,8% un titolo di livello terziario, un quarto ha un diploma di scuola secondaria superiore. “Formalmente possono anche essere occupabili – fa sapere l’Associazione nazionale dei navigator – il punto è che sono poco appetibili per le aziende, interessate a profili già formati e già pronti a lavorare”.

Il reddito di sussistenza per chi non può lavorare

Per coloro che si trovano nelle condizioni di non poter trovare un’occupazione il Governo ha in mente un maggior coinvolgimento degli enti locali che meglio conoscono le situazioni di vera necessità e disagio come pensionati in difficoltà, invalidi e genitori privi di reddito con figli minori. La misura del reddito di cittadinanza, per loro, come ha affermato nel suo discorso programmatico alle Camere la neo-presidente del Consiglio Giorgia Meloni, “resterà un doveroso sostegno economico dello Stato”. In questi casi la misura di sostegno al reddito non sarà più erogata dall’INPS ma dai Comuni.

Addio ai primi navigator

Intanto, il Governo ha deciso di non prorogare più il contratto dei navigator, ovvero di quei lavoratori assunti nel 2019 come collaboratori per 18 mesi con il compito di aiutare i titolari del sussidio di povertà a trovare un’occupazione. Ad oggi ne sono rimasti meno di mille rispetto ai 3 mila iniziali.

“In relazione alle notizie di stampa circolate in queste ore relative alla proroga dei contratti degli ex navigator, scaduti lo scorso 31 ottobre, si precisa che detti contratti non sono prorogabili”,  ha precisato la  neo-ministra del Lavoro Marina Calderone.

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