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Come è andata la conferenza del Pd di Zingaretti?

Pd

I Graffi di Damato sulla volontà di Zingaretti di dare al suo Pd una fisionomia di sinistra più precisa e moderna in occasione della conferenza programmatica del partito a Bologna

Doveva essere quasi un congresso la conferenza programmatica del Pd svoltasi a Bologna ma purtroppo sommersa anch’essa, nelle cronache, dall’acqua che ha sconvolto mezza Italia facendone emergere ancora una volta tutta la sua fragilità. Che è pari  forse solo a quella della politica dopo decenni di anti-politica svolta in parossistica concorrenza dalla sinistra e dalla destra, e pure dal fantomatico centro, piegatosi a una funzione di sostanziale supporto non all’una o all’altra, ma all’una e all’altra insieme.

PER IL PD DI ZINGARETTI SGUARDO OLTRALPE

Sono state, quelle bolognesi sul Pd impegnato a scrivere, anche nel titolo scelto per il dibattito interno, “tutta un’altra storia”, cronache distratte, o minori. Ne rimarrà francamente poco nella memoria già corta di suo della politica di questi tempi, anche se è stato modificato addirittura lo statuto del partito e Nicola Zingaretti si è impegnato a ispirarvisi per rifare in tempi brevi un nuovo e unitario ufficio di segreteria. Che è ancor più necessario dopo la scissione consumata da Matteo Renzi con la creazione della sua Italia Viva, peraltro col proposito dichiarato di ripetere, pur senza il decisivo sistema elettorale francese, il lavoro svolto da Emmanuel Macron al di là delle Alpi per azzerare, praticamente, il partito socialista. Cui in fondo il Pd dovrebbe assomigliare, pur rifiutando il nome socialista anche dopo avere aderito pienamente, quando Renzi ne era segretario, all’omonimo partito europeo. È la solita schizofrenia della sinistra italiana, non a caso contrassegnata da una storia più di rotture che di riconciliazioni.

“CARO NICOLA” DAL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA

Deciso, almeno a parole, a dare al suo Pd una fisionomia di sinistra più precisa e moderna anche per contestare il rifiuto o superamento sia della sinistra sia della destra conclamato dal movimento grillino, col quale egli ha deciso improvvisamente due mesi fa di allearsi al governo rinunciando al preventivo passaggio elettorale pubblicamente promesso, Zingaretti si è alla fine trovato a Bologna nella singolare situazione di guadagnarsi quasi a conclusione della conferenza programmatica, o come altro la si voglia definire, l’amichevole e caloroso “caro Nicola” del presidente della Confindustria Vincenzo Boccia. Che, dal canto suo, fra i due maggiori partiti dell’attuale coalizione di governo, non poteva non sentirsi a suo agio più fra i piddini che fra i grillini della infausta “decrescita felice”, mitigata dal vantato ma un po’ troppo confuso “umanesimo” del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Al quale solo il ruspante Antonio Di Pietro, intervistato dal quotidiano La Verità mentre raccoglieva le olive nella sua campagna molisana, ha appena avuto il coraggio di contestare una “faccia di bronzo” e di chiedergli “figlio mio, quando diventi maggiorenne politicamente!”.

Come e dove Zingaretti, nel sempre più difficile rapporto con i grillini, cui tiene di più nel Pd il volenteroso Dario Franceschini, potrà avvalersi del “caro Nicola” del presidente della Confindustria è francamente difficile dire, neppure sul terreno di scontro che si è creato fra i due partiti, proprio dopo la conclusione del raduno bolognese, sulla cittadinanza ai figli degli immigrati nati e acculturatisi in Italia. Su questa strada Di Maio si è affrettato a dirsi “sconcertato”, di fronte alla priorità del maltempo, e a sentirsi più in sintonia, praticamente, con l’ex alleato leghista Matteo Salvini.

 

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