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Come è andato il vertice di maggioranza sul Mes

Conte Grillo

I graffi di Damato sulla maggioranza di governo alle prese con il tema che la sta dividendo di più: il fondo-europeo salva-Stati Mes

Non poteva di certo essere scambiato per il Presepe appena raccomandato a tutti dal Papa, durante la sua visita a Greccio nella prima domenica dell’Avvento, quello allestito in serata a Palazzo Chigi dal presidente del Consiglio col vertice di governo e della maggioranza, o qualcosa di simile, sul tema che la sta dividendo più clamorosamente e pericolosamente in questi giorni: il cosiddetto fondo europeo salva-Stati. Che i grillini, ritrovandosi d’accordo con gli ex alleati leghisti, contestano nel testo concordato a Bruxelles e in corso di firma, diciamo così, pur in un contesto temporale di circa due mesi.

OGGI LO SCONTRO IN PARLAMENTO TRA CONTE E SALVINI

In attesa di quello che il quotidiano La Repubblica, sotto il titolo ad effetto di avvertimento sulla prima pagina “Così salta tutto”, ha voluto annunciare per oggi come “lo scontro in Parlamento tra Conte e Salvini”, nell’aula evidentemente del Senato, dove siede appunto il leader leghista oggi all’opposizione, si è consumato nel vertice di Palazzo Chigi uno scontro tutto interno, e ben più decisivo, alla coalizione giallorossa di governo. Che, nell’assenza esclusiva e non casuale dei renziani, ha raggiunto il massimo della tensione, e insieme della incoerenza, quando Luigi Di Maio – nella triplice e imbarazzante veste di capo ancora del movimento grillino, di capo della delegazione pentastellata nell’esecutivo e di ministro degli Esteri, le cui competenze non sono certamente estranee a trattative o iniziative a livello europeo – ha sostenuto che al punto in cui sono arrivate le cose il governo deve “tenersi fuori” dalla vicenda e rimettersi praticamente alla sorte di una mozione parlamentare pentastellata. Sulla quale potrebbe ricostituirsi sul piano formale – guarda caso – la convergenza con i leghisti critici della condotta di Conte e del contenuto sinora noto dell’intesa sul Mes, inteso come meccanismo europeo di stabilità.

L’INTERVENTO DELL’EX MINISTRO TRIA SUL MES

Se non a smentire, almeno ad inficiare la convinzione più volte espressa da Conte, e ribadita nel vertice, che sia stata sollevata dai leghisti, e condivisa dai grillini, una questione fatta di “fesserie” e “calunnie”, meritevoli persino di una querela a Salvini, solo se questi avesse il coraggio di rinunciare all’immunità garantitagli dall’articolo 68 della Costituzione nell’esercizio del suo mandato parlamentare, è intervenuto l’ex ministro dell’Economia Giovanni Tria. Che, in un confronto televisivo con uno dei suoi predecessori, il forzaleghista Giulio Tremonti, si è lasciato scappare qualcosa che obiettivamente dà più ragione alle critiche e proteste di Salvini e Di Maio che alle reazioni stupite, anzi scandalizzate, di un presidente del Consiglio convinto che le trattative sul cosiddetto fondo europeo salva Stati, condotte proprio da Tria negli ultimi mesi del governo gialloverde, si fossero svolte in un clima di totale trasparenza e informazione.

Ebbene, pur difendendo il proprio lavoro e i risultati raggiunti nel difficile rapporto soprattutto con gli olandesi e i tedeschi, che avrebbero voluto regole potenzialmente più svantaggiose per l’Italia, Tria ha rivelato che “in Consiglio dei Ministri non se ne parlò mai perché non era quello il luogo”. Egli ha inoltre precisato di non averne parlato neppure con Salvini e Di Maio per il semplice fatto che i due non erano i suoi vice ministri, ma i vice del presidente del Consiglio Conte. Solo quest’ultimo quindi avrebbe potuto o dovuto sentirsi vincolato a informarli di ciò di cui egli era stato riferito dal ministro dell’Economia.

Da ex titolare del Superministero di via XX Settembre, del quale si è letteralmente perso il conto delle dimissioni preannunciate o minacciate e poi smentite o rientrate, spesso per l’intervento dissuasivo del presidente della Repubblica, durante la convulsa stagione gialloverde che sembra proseguire in altri colori, Tria potrebbe essere anche sospettato, a torto o a ragione, di avere deciso di cominciare a togliersi qualche sassolino delle scarpe.

 

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