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Come stanno i centristi europeisti?
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“Sedotti e abbandonati”, si è scritto dei parlamentari, soprattutto senatori, non essendovi problemi alla Camera, disposti ad appoggiare il governo di Conte sostituendosi ai renziani usciti dalla maggioranza, e dallo stesso esecutivo, dopo un lungo tira e molla col presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Che, incline ormai a “dribblare la Costituzione” secondo Michele Ainis su Libero, non aveva molta voglia di trattenerli, anche se ogni tanto mostrava il contrario solo per cortesia verso il presidente della Repubblica prodigatosi, come al solito, in consigli alla prudenza, al dialogo, al confronto e a tutte quelle altre che la buonanima di Amintore Fanfani chiamava “parole magiche” accusando Aldo Moro, l’altro “cavallo di razza” della Democrazia Cristiana, di farne troppo uso per rendere “irreversibile” la scelta del centro-sinistra.
Erano gli anni in cui i socialisti chiedevano col segretario del partito Francesco De Martino “equilibri più avanzati” allarmando una parte della Dc cui l’allora presidente aretino del Senato aveva offerto una sponda, pur avendo preceduto Moro nella politica dell’apertura a sinistra mentre ancora durava l’esperienza del centrismo di tradizione degasperiana. Era stato lui, Fanfani, a formare nel 1960, dopo la caduta di Fernando Tambroni nelle piazze, il primo governo sostenuto esternamente con l’astensione dal Psi di Pietro Nenni.
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Torniamo però a Conte e alla crisi in atto con l’esplorazione delle forze politiche della maggioranza uscente affidata dal capo dello Stato al presidente della Camera. Che, prima di mettere oggi tutti attorno allo stesso tavolo per discutere del programma, ha regolarmente incontrato i “sedotti e abbandonati”, appunto, di quell’area europeista, moderata ed ex grillina cui il presidente del Consiglio si era rivolto nelle settimane scorse per cercare di liberarsi dai condizionamenti di Renzi, e di spaccargli pure partito e gruppi parlamentari per ridurlo alla inconsistenza politica. L’operazione, come si sa, è miseramente fallita tra aspetti anche di una certa comicità, come il senatore uscito e rientrato in Forza Italia dalla sera alla mattina, o la senatrice Alessandrina Lonardo, moglie di Clemente Mastella, che non ha aderito al gruppo autonomo allestito apposta a Palazzo Madama dal sottosegretario agli Esteri Riccardo Merlo, del Movimento associativo degli italiani all’estero (Maie), per l’assenza di “Noi campani”, la formazione di famiglia, dall’intestazione limitata agli “europeisti”, al Maie e al “Centro democratico” di Bruno Tabacci. Che proviene come Mastella dalla Dc e, più in particolare, dalla sinistra demitiana chiamata “Base”, ma non è molto gradito – da quel che si è capito – al sindaco di Benevento. Sono cose che capitano, specie nelle diaspore.
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Vedere queste mancate truppe contiane di rincalzo sfilare nella loro scarsa e al tempo stesso atomizzata dispersione a Montecitorio nella sala delle esplorazioni del presidente Fico mi ha procurato – scusatemi – un sentimento di tristezza. Mi son detto, o ripetuto, che la Dc non meritava né quello scioglimento a mezzo telegrafico rimproverato all’ultimo segretario Mino Martinazzoli persino da Umberto Bossi, né le imitazioni o addirittura rianimazioni poi tentate da reduci e simili. Ed ho capito il fastidio che mostra un ex democristiano o ancora democristiano doc come Pier Ferdinando Casini ogni volta che parla di questi “amici” alle televisioni o ai giornali che lo intervistano da senatore indipendente rieletto l’ultima volta nelle liste del Pd nella sua Bologna.