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Conte e i Servizi
Se i servizi segreti diventano personali, e non solo politicamente lottizzati
La lettura, ieri su Repubblica, di un lungo articolo di Carlo Bonini sulla “vera battaglia dei servizi segreti”, come dal titolo del richiamo in prima pagina, o su “Conte, Di Maio, Zingaretti – La guerra sui Servizi spacca il governo”, come dal titolo a pagina 11, mi ha lasciato senza fiato, pur con tutte le cautele suggeritemi da quel “retroscena”, in rosso, sovrastante il racconto della complessa trama in cui si intrecciano vite e progetti di militari e politici di rango. Che sarebbero protagonisti – ha scritto Bonini, approdato a Repubblica dal Manifesto e dal Corriere della Sera – di “una partita avvelenata”, che ha “il sentore fetido della cultura del ricatto” e “non ha nulla a che vedere con la sicurezza nazionale, ma con la convinzione, figlia della fragilità delle biografie dei protagonisti politici” di potersi muovere e muovere gli altri per garantirsi la propria sicurezza, sotto ogni punto di vista, prima o al posto di quella del Paese.
A un articolo pieno di nomi, di gradi, di qualifiche, di circostanze datate, di scadenze e di norme inserite come supposte in decreti legge di tutt’altro argomento e destinazione per evitarle o prorogarle, e di giudizi pesantissimi su un generale che avrebbe persino una vita privata troppo “disinvolta” per collaborare col capo del governo e sussurrargli all’orecchio come al cavallo del celebre film del 1998 tratto dal romanzo di Nicholas Evans e interpretato da Robert Redford, mi aspettavo non una pioggia ma un temporale di reazioni, smentite, precisazioni, minacce di denunce e denunce immediate. Ma tutti, militari e civili, sono rimasti silenziosi ai loro posti: terribilmente silenziosi, direi.
Non sono tanto ingenuo, all’età che ho e col mestiere – continuo a chiamarlo così – che faccio, da pensare che ai vertici, ma anche molto al di sotto dei vertici, dei servizi segreti – o solo dei Servizi, come qualcuno li chiama con un generoso e misterioso maiuscolo – uomini e ora anche donne si avvicendano per caso, o per concorso. Se così fosse, dovrei credere che davvero i bambini nascono sotto i cavoli. La politica ci ha sempre messo lo zampino, anche per mano di autentici statisti: da Alcide De Gasperi ad Aldo Moro, per stare al topo e nei confini temporali della Repubblica. Ma erano statisti dietro ai quali c’era appunto lo Stato, nel peggiore dei casi i loro partiti, ma con tutte le fisionomie dovute, i voti, i seggi parlamentari, le maggioranze, le opposizioni incalzanti e quant’altro.
Anche i Servizi – sempre quelli con la maiuscola – hanno finito per essere lottizzati partiticamente. Lo ammetto. Ma qui, a leggere bene Carlo Bonini e il silenzio che ne è seguito, debbo dire che anche la lottizzazione è scesa di livello. E da politica o partitica è diventata personale, intestata persino a uomini dei quali il meno che si possa dire, col nulla di politico davvero che hanno alle spalle, è che sono in cerca d’autore, se mai riusciranno a trovarne uno. E mi chiedo come possa anche l’illustrissimo signor Presidente della Repubblica leggere certe cose senza inorridire, essere soccorso da qualche corazziere nel suo ufficio o per i corridoi del Quirinale e fare poi quello che deve: rifiutare la propria firma a certe nomine, se la sua firma occorre, come spero.