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Coronavirus, i timori (e i suggerimenti) di Ruffini

Ruffini

Il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini in audizione alla Camera: in assenza di proroghe nei prossimi mesi arriveranno agli italiani 8,5 milioni di notifiche

L’Italia che tra dieci giorni comincia la tanto attesa fase 2 si troverà a fare i conti con un altro problema – non di poco conto – da affrontare: l’arrivo di 8,5 milioni di notifiche da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’annuncio, senza inutili orpelli come richiedono i numeri, arriva dal direttore Ernesto Maria Ruffini che è stato audito dalle commissioni Bilancio e Finanze di Montecitorio in merito al dl “Cura Italia”: dal primo giugno ed entro il 31 dicembre prossimo il Fisco notificherà circa 3,7 milioni di atti e comunicazioni in scadenza entro il 2020 cui si andranno ad aggiungere altri 4,8 milioni di atti e comunicazioni non in scadenza al 31 dicembre ma che consentono ai contribuenti di sanare tempestivamente errori , quindi lettere di compliance e avvisi bonari. Il conto lo sa fare anche un bambino: circa 8,5 milioni di atti e comunicazioni.

I SUGGERIMENTI DI RUFFINI

Uno scenario veramente poco rassicurante e che “rende evidente la necessità di valutare l’opportunità di una ripartizione delle attività di liquidazione, accertamento, controllo e riscossione con tempistiche modulate coerentemente con la ratio ispiratrice dei provvedimenti emanati a sostegno delle famiglie e delle imprese per fronteggiare le difficoltà economiche derivanti dall’emergenza, evitando di concentrare nel secondo semestre del 2020 la notifica di milioni di atti e comunicazioni” ha spiegato Ruffini che in sostanza chiede al governo di allentare la morsa del Fisco.

A inizio giugno, ha aggiunto, anche l’Agenzia delle Entrate-Riscossione riprenderà le attività avviando al processo di notifica le cartelle di pagamento relative ai circa 3 milioni di cartelle di pagamento riferite ai ruoli consegnati dagli enti creditori a febbraio e a marzo. Inoltre ricomincerà l’invio – che era stato sospeso fino al 31 maggio proprio grazie al “Cura Italia” – degli altri atti di riscossione necessari all’interruzione dei termini di prescrizione: parliamo di  circa 1,6 milioni di avvisi di intimazione. A questi si devono sommare gli atti propriamente riferiti alle azioni di recupero, esecutive o cautelari, circa 875 mila.

Senza dimenticare le cartelle di pagamento relative ai ruoli che saranno consegnate tra aprile e maggio – circa 2 milioni – e quelle dei mesi successivi.

L’AGENZIA DELLE ENTRATE DURANTE L’EMERGENZA CORONAVIRUS

Ruffini ha ricordato che dall’inizio dell’emergenza, oltre a quanto attuato secondo le disposizioni del “Cura Italia”, l’Agenzia delle Entrate ha sospeso l’invio ai contribuenti di 250mila avvisi bonari e di 300mila lettere. “Tale sospensione, pur non essendo espressamente inizialmente prevista da disposizioni normative – ha sottolineato – è stata attuata per non porre ulteriori adempimenti a carico dei contribuenti in questa fase così delicata per tutto il Paese. In particolare, da fine febbraio è stato sospeso l’invio di circa 300 mila lettere di compliance per i riscontri delle comunicazioni periodiche Iva e 250 mila comunicazioni di irregolarità ‘(cosiddetti avvisi bonari’) che derivano dai controlli automatizzati delle dichiarazioni”.

IN MAGAZZINO RUOLI PER 954 MLD. PACE FISCALE? DECIDE IL PARLAMENTO

Volendo fare un calcolo di tutti i ruoli accumulati dal Fisco, alla luce del meccanismo di rinvio constante, Ruffini ha parlato di un “magazzino” in crescita dal 2000 al 2019 e che al 31 dicembre scorso ammonta a 954,7 miliardi e riguarda una platea circa 17,4 milioni di contribuenti. Si tratta di un importo che per circa il 40% viene giudicato “difficilmente esigibile” tra soggetti falliti, imprese cessate, persone decedute, nullatenenti e altro.

Secondo quanto si legge nel documento consegnato alle commissioni riunite, corrisponde “per l’83,4% a crediti di natura erariale affidati alla riscossione da Agenzia delle Entrate, dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Agenzia del Demanio o da altri enti statali (ministeri, prefetture, ecc.); per il 13,1% a crediti di natura contributiva e previdenziale affidati dall’Inps e dall’Inail; per il 1,9% a crediti affidati dai Comuni; per il restante 1,6% da crediti affidati da altre tipologie di enti impositori (Regioni, Casse di previdenza, Camere di commercio, Ordini professionali ecc.)”.

Il 45,4% dei contribuenti ha debiti residui inferiori a 1.000 euro mentre il 32,0% ha debiti residui da 1.001 euro a 10.000 euro e il 17,4% ha debiti residui da 10.001 a 100.000 euro. Solo l’1,3% dei contribuenti ha debiti residui che superano il mezzo milione di euro cui corrisponde circa il 67,6% del complessivo valore residuo.

In sede di replica, a partire da queste cifre monstre, si è parlato di pace fiscale. Ruffini ha chiarito come la scelta “spetti al Parlamento” ma di sicuro se “nelle precedenti crisi si è venuto incontro ai contribuenti oggi le difficoltà sono acuite” a causa dell’emergenza coronavirus.

L’ALLARME DEI COMMERCIALISTI

Le parole del direttore dell’Agenzia delle entrate non sono sfuggite ai sindacati dei commercialisti Adc (Associazione dottori commercialisti) e Anc (Associazione nazionale commercialisti). “Apprezziamo molto le criticità espresse da Ruffini e facciamo nostra l’opportunità dallo stesso sostenuta che le diverse attività dell’Agenzia, liquidazione, accertamento, controllo e riscossione, siano tutte rimodulate nella loro tempistica, sulla base dei provvedimenti adottati dal Governo per dare sostegno alle famiglie e alle imprese nel fronteggiare le conseguenze economiche di questa emergenza” hanno dichiarato in una nota chiedendo inoltre “al  legislatore di agire con tempestività e fare in modo che lo scenario che si determinerà dal prossimo primo giugno sia assolutamente scongiurato”.

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