skip to Main Content

Corse e vignette sul Quirinale

Quirinale

Prevale per ora l’umorismo nella corsa al Quirinale… I Graffi di Damato

Più che le notizie, vere o presunte che siano, nella corsa al Quirinale valgono forse le vignette che si sono procurate. Cominciamo dall’ottimistico annuncio di Enrico Letta -nonostante gli ultimi infortuni che gli sono capitati, fra i quali il no di Giuseppe Conte all’offerta di una candidatura presuntivamente sicura alla Camera nelle suppletive del 16 gennaio a Roma- che avremo un’elezione rapida e sostanzialmente unanime del nuovo presidente della Repubblica, uomo o donna che possa risultare. Gli ha in qualche modo risposto l’imperdibile Sergio Staino sulla prima pagina della Stampa chiedendo “da quale cartomante si serve” il segretario del Pd.

Passiamo all’annuncio di Matteo Salvini, incoraggiato da Matteo Renzi, di volere assumere il ruolo di kingmaker nell’operazione Quirinale, appunto, chiamando uno per uno i segretari di tutti i partiti alla ricerca di un’intesa, convinto che questa sia davvero la volta buona perché a dare le carte sia il centrodestra. Esso dispone in effetti sulla carta del maggiore pacchetto in Parlamento, anche se non ancora autosufficiente per il quorum minimo ma pur sempre qualificato di 505 voti. Gli ha in qualche modo risposto Emilio Giannelli sulla prima pagina del Corriere della Sera proponendo ai lettori, forse addirittura in sintonia con Sergio Mattarella, l’immagine di un “girotondo” da ridere.

D’altronde, i primi a non credere ai propri occhi, diciamo così, sono i sostenitori più convinti e impegnati della candidatura -rigorosamente di centrodestra- di Silvio Berlusconi. Sul cui Giornale di famiglia, pur titolando in una modesta apertura sulla previsione di Renzi che “sarà il centrodestra a dare le carte”, in un editoriale di Paolo Guzzanti -peraltro ex deputato forzista e autore di un libro sulla “Mignottocrazia” ai tempi giocosi dello stesso Cavaliere- si esprimono dubbi e timori per i troppi “ma”  di Salvini e di Giorgia Meloni.

In un contesto del genere, avrebbe detto la buonanima di Giorgio Saviane, rischia di apparire credibile anche un racconto che degli umori di Silvio Berlusconi offre ai lettori del solito Fatto Quotidiano Giacomo Salvini, quasi omonimo del leader leghista. Pieno di virgolettati, ma senza lo straccio del nome di un testimone, l’inviato o non so cosa d’altro di Marco Travaglio rappresenta un Berlusconi fra il preoccupato e l’indignato per le candidature attribuite all’ex alleato Pier Ferdinando Casini, già presidente della Camera col centrodestra, all’ormai perduto- pure lui- Marcello Pera, ex presidente del Senato, ora molto vicino a Salvini, e a Maria Elisabetta Alberti Casellati, presidente in carica del Senato. Che come presidente supplente della Repubblica potrebbe quanto meno sperare di sostituire per un pò Mattarella se la corsa al Quirinale dovesse durare più delle troppo ottimistiche previsioni di Enrico Letta, sempre che sia d’accordo il costituzionalista Michele Ainis, qualche giorno fa convinto su Repubblica del diritto di Mattarella di sentirsi prorogato dopo la scadenza del mandato senza l’elezione, ancora, di un successore.

Di Casini è stata attribuita sul Fatto a Berlusconi la qualifica di “voltagabbana”, non foss’altro per essersi fatto eleggere al Senato l’ultima volta nelle liste del Pd a Bologna. Di Pera il Cavaliere avrebbe detto che è troppo “noioso” per immaginarlo al Quirinale e della pur cara Casellati, da lui voluta al vertice del Senato, che è “ingrata” e “pensa solo a se stessa”.

 

TUTTI I GRAFFI DI DAMATO

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Back To Top