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Cosa dicono i giornali di Conte

Conte Grillo

I Graffi di Damato. Il Conte di Palazzo Chigi tra i brividi della crisi, ora tentato anche dall’odiato rimpasto

Il Conte di Palazzo Chigi che Mario Makkox Dambrosio nella vignetta di copertina del Foglio ci propone con i brividi alla ricerca del suo portavoce viene invece proposto ai lettori di Repubblica come un uomo finalmente disposto a cedere a Matteo Renzi sul rovesciamento del piano d’impiego dei fondi europei per la ripresa e sulla rinuncia alla gestione diretta, senza delega,  dei servizi segreti. E persino pronto, se già non impegnato, a trattare l’odiato rimpasto ministeriale, che potrebbe portare Renzi – secondo alcune indiscrezioni – alla Farnesina, al posto del grillino Luigi Di Maio spostato all’Interno, al posto della “tecnica” Luciana Lamorgese.

Quasi in sintonia con queste indiscrezioni, come per accreditarle, Di Maio è uscito da un certo ermetismo degli ultimi tempi, che aveva impensierito Conte, per definire una “follia” la rimozione dell’attuale presidente del Consiglio attribuita al piano di Renzi. Che, dal canto suo, in una intervista al Corriere della Sera ha praticamente detto a Di Maio che molto più concretamente egli potrebbe sostenere e difendere il posto di Conte rimuovendo il veto dei grillini all’uso del credito europeo di 36 miliardi di euro disponibile per il potenziamento del servizio sanitario nazionale. Le cui debolezze sono confermate in questi giorni anche delle previste difficoltà della campagna di vaccinazione anti-Covid.

Che la crisi stia arrivando su un binario favorevole più a Renzi che a Conte, a lungo elogiato per la decisione con la quale nell’estate del 2019 si liberò del “truce” alleato leghista Matteo Salvini, lo si capisce sul Foglio, oltre che dai brividi della vignetta di Makkox, dai commenti del direttore Claudio Cerasa e del fondatore Giuliano Ferrara. Il primo ha auspicato “più renzismo, meno grillismo”. L’altro, l’elefantino rosso che vigila sul suo giornale, si è un po’ compiaciuto della “ferocia dei morsi” di Renzi, da lui del resto apprezzato  già prima del famoso patto del Nazareno con quella specie di padre politico putativo che poteva essere ritenuto Silvio Berlusconi, “l’amor nostro” dei foglianti. Fu proprio Ferrara a coniare per Renzi la formula o immagine del “Royal baby” e a dolersi pubblicamente dell’opposizione del Cavaliere alla conferma referendaria della riforma costituzionale renziana: opposizione subentrata al mancato accordo sulla candidatura di Giuliano Amato al Quirinale nel 2015, quando Renzi gli preferì Sergio Mattarella.

Il mio amico Giuliano si è spinto, con l’abitudine che ha di lanciare il cuore oltre l’ostacolo, a immaginare un Renzi sotto sotto deciso anche a provocare davvero le elezioni anticipate che invece esclude a parole, perché ne potrebbe uscire finalmente rafforzato per il logoramento, a dir poco, cui sarebbe destinato il Pd se davvero andasse alle urne alleato con i grillini, un’eventuale lista di Conte e la sinistra dei “liberi e uguali”.

Marco Travaglio invece continua a sognare sul Fatto Quotidiano sia un Conte che, senza dimettersi  dopo le eventuali dimissioni delle due ministre grilline, si presenta al Senato e ottiene la fiducia con l’aiuto dei cosiddetti “responsabili” transfughi del centrodestra o ex grillini, sia un Conte che si mette decisamente alla testa dei pentastellati e vince le elezioni, o comunque sconfigge un Pd ormai “in mano a Renzi e allo sbando”, come ha detto in una intervista Achille Occhetto proprio al Fatto. Dove tuttavia c’è ancora qualcuno che conta sui “pontieri Pd” disposti a “far ragionare” il senatore di Scandicci.

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