Skip to content

Cosa ha deciso e perché il Viminale su Bari e cosa può succedere adesso

Viminale Bari

Da dove nasce la decisione del ministro Piantedosi di avviare una commissione di accesso al Comune di Bari? Il rischio di scioglimento del Consiglio comunale, Tutti i dettagli

Forse questa volta non ha tutti i torti Carlo Calenda, che riassume così la decisione del Viminale di avviare una commissione di accesso al Comune di Bari che sta sconquassando la politica, al limite di uno scontro istituzionale, e che potrebbe anche portare allo scioglimento per mafia del capoluogo pugliese. “Ricapitolando – scrive il leader di Azione su X – a Bari il governo di destra vuole commissariare un sindaco che vive scortato perché ha difeso la legalità, a causa di due consiglieri di destra che hanno praticato voto di scambio. Il tutto a pochi mesi dal voto. Ma siete impazziti completamente?”

Come si è arrivati a questo punto?

COME NASCE L’INCHIESTA DI BARI

L’inchiesta da cui nasce la decisione del ministro Piantedosi di nominare una commissione d’accesso per valutare l’eventuale infiltrazione criminale nell’amministrazione comunale di Bari fa riferimento – come ricostruisce l’Ansa – a un presunto intreccio tra mafia, politica e affari e al tentativo di condizionare il voto alle ultime elezioni Comunali (maggio del 2019) vinte dal centrosinistra che sosteneva il sindaco uscente Antonio Decaro.

Le infiltrazioni avrebbero raggiunto anche la municipalizzata del trasporto urbano barese Amtab, che è stata sottoposta ad amministrazione giudiziaria per un anno. Il 26 febbraio scorso le indagini della Direzione distrettuale antimafia hanno portato all’arresto di 130 persone legate ai clan e in particolare all’arresto (ai domiciliari) di una consigliera comunale eletta col centrodestra (e poi passata al centrosinistra), Maria Carmen Lorusso, e di suo marito (in carcere), l’avvocato Giacomo Olivieri, ex consigliere regionale. Olivieri sarebbe stato il motore di accordi con i clan mafiosi Parisi, Montani e Strisciuglio per far eleggere la moglie grazie alla compravendita di voti.

Entrambi i coniugi – ricorda l’Ansa – non hanno risposto alle domande del gip dopo gli arresti, ma si sono detti pronti a “chiarire tutto” una volta lette le carte. Lorusso fu effettivamente eletta con la lista ‘Di Rella sindaco’ (centrodestra).

LE ACCUSE

Secondo l’accusa, Olivieri avrebbe versato danaro ad esponenti dei clan mafiosi, promesso posti di lavoro e buoni benzina. Per favorire l’elezione della Lorusso – annota sempre l’Ansa -, si sarebbe mosso anche il padre, l’oncologo Vito Lorusso, già indagato per concussione e peculato e nuovamente arrestato in questa inchiesta che avrebbe a sua volta stretto un accordo con Massimo Parisi, fratello del boss ‘Savinuccio’: in cambio dei voti alla figlia avrebbe curato un nipote del capoclan, poi deceduto. In tandem con Lorusso correva il candidato Michele Nacci (primo dei non eletti della lista ‘Di Rella sindaco’), che avrebbe legami famigliari con pregiudicati ed esponenti di spicco del clan di Andrea Montani. In cambio di danaro e di un posto di lavoro, anche il clan Strisciuglio si sarebbe mobilitato per Olivieri.

Nell’inchiesta sarebbe anche indagata, sempre per voto di scambio, un’assessora regionale del Pd, Anita Maurodinoia. Nella maxi inchiesta sono state sottoposte ad amministrazione giudiziaria per un anno per infiltrazioni mafiose la municipalizzata del trasporto urbano barese Amtab spa e la Maldarizzi automotive spa, società sulle quali i clan avrebbero esercitato la propria forza criminale ottenendo posti di lavoro.

PER IL PROCURATORE DI BARI IL SINDACO DECARO NON COINVOLTO

In occasione della conferenza stampa per illustrare l’indagine, il procuratore di Bari, Roberto Rossi, ci tenne ad escludere il coinvolgimento del sindaco Decaro. Pochi giorni dopo ritornò sul concetto in occasione della firma di un protocollo d’intesa al Comune ringraziando l’amministrazione comunale di Bari per la “grandissima collaborazione data alla Procura per raggiungere importanti risultati sulla legalità. L’amministrazione comunale è stata costante nell’aiutare gli inquirenti a liberare questa città”.

COSA PUO’ SUCCEDERE ADESSO

Adesso però il Consiglio comunale di Bari, a tre mesi dalle elezioni, rischia di essere sciolto per mafia. Tutto dipenderà dall’esito del lavoro della commissione di accesso nominata dal prefetto di Bari, Francesco Russo, su input del ministro dell’Interno Piantedosi. Se si dovesse arrivare allo scioglimento e alla nomina di un commissario le elezioni slitterebbero sino a 18 mesi.

LE PRECISAZIONI DEL VIMINALE

Il ministero dell’Interno ha voluto precisare che il provvedimento di accesso ispettivo “si è reso necessario in esito ad un primo monitoraggio disposto dal Viminale circa i fatti emersi a seguito dell’indagine giudiziaria che ha portato a più di 100 arresti nel capoluogo pugliese e alla nomina, da parte del Tribunale, ai sensi dell’art. 34 del codice antimafia, di un amministratore giudiziario per l’azienda Mobilità e Trasporti Bari spa, interamente partecipata dallo stesso Comune”.

Il Viminale ha precisato inoltre che “l’accesso ispettivo, disposto ai sensi di specifiche previsioni di legge, a Bari come in altri diversi enti locali per analoghe circostanze, non è pregiudizialmente finalizzato allo scioglimento del Comune bensì ad un’approfondita verifica dell’attività amministrativa, anche a tutela degli stessi amministratori locali che potranno offrire, in quella sede, ogni utile elemento di valutazione”.

Leggi anche: Chi è il presidente della Corte dei Conti, il primo vero ‘oppositore’ del governo Meloni

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Torna su