Caso Paragon: le denunce di Cancellato e Casarini, poi la nota di Palazzo Chigi, quindi…
Cosa prevede l’intesa sulle Riforme, dal premierato all’anti ribaltone

La maggioranza ha trovato l’accordo sulla bozza di riforma costituzionale che vuole introdurre il premierato nel nostro ordinamento. Il testo sarà discusso in Consiglio dei ministri
Il governo Meloni si prepara a varare la ‘Terza Repubblica’. Almeno queste sono le intenzioni della maggioranza i cui rappresentati si sono incontrati lunedi pomeriggio a Palazzo Chigi per discutere di una bozza di riforma costituzionale che dovrebbe introdurre nel nostro ordinamento il premierato, ossia l’elezione diretta del capo del governo.
Il testo del disegno di legge, su cui la maggioranza ha trovato pieno accordo, sarà discusso in Consiglio dei ministri il prossimo 3 novembre.
RIFORMA COSTITUZIONALE: STOP A NOMINE SENATORI A VITA
La bozza del ddl di riforma sul premierato comprende cinque articoli, tra questi l’ultimo si limita a prevedere l’entrata in vigore con le prossime elezioni. Il primo, invece, dovrebbe tagliare la possibilità di nominare senatori a vita, resterebbero come componenti non elettivi solo gli ex Presidenti della Repubblica. Rimangono in carica i senatori a vita che oggi siedono in Parlamento.
CANCELLATA LA POSSIBILITÀ DI SCIOGLIERE UNA SOLA CAMERA
L’articolo 2 elimina la possibilità di sciogliere una sola Camera. Il testo, dunque, andrebbe a modificare l’articolo 88 della Costituzione, che recita “il presidente della Repubblica può, sentiti i loro presidenti, sciogliere le Camere o una sola di esse”, cancellando le parole “o anche una sola di esse”.
L’INTRODUZIONE DELL’ELEZIONE DIRETTA DEL PREMIER
L’articolo 3 della bozza di riforma costituzionale introduce l’elezione diretta del premier con un turno unico e assegna un premio di maggioranza del 55% per garantire la governabilità. La riforma andrebbe, dunque, a cambiare l’articolo 92 della Costituzione in questo modo: “Il Governo della Repubblica è composto dal Presidente del Consiglio e dai Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri. Il Presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto per la durata di cinque anni.
Le votazioni per l’elezione del Presidente del Consiglio e delle Camere avvengono tramite un’unica scheda elettorale. La legge disciplina il sistema elettorale delle Camere secondo i principi di rappresentatività e governabilità e in modo che un premio assegnato su base nazionale garantisca ai candidati e alle liste collegati al Presidente del Consiglio dei Ministri il 55 per cento dei seggi nelle Camere. Il Presidente del Consiglio dei Ministri è eletto nella Camera nella quale ha presentato la sua candidatura”.
Dunque al capo dello Stato non spetterebbe più il potere di nomina del premier (come prevede oggi l’articolo 92), ma quello di conferire l’incarico al premier eletto, mentre manterrebbe il potere di nomina dei ministri, su indicazione del capo del governo.
LA NORMA ANTIRIBALTONE: CON LA RIFORMA COSTITUZIONALE MAI PIÙ UN PREMIER NON PARLAMENTARE
La riforma, all’articolo 4, prevede per il Governo espresso dal Primo Ministro neo-eletto un doppio passaggio parlamentare di fiducia iniziale. Al voto anticipato si andrebbe solo in caso di doppio esito negativo. Qui è contenuta la cosiddetta “norma anti ribaltone” per impedire la formazione di maggioranze politicamente diverse rispetto a quella che ha appoggiato il premier eletto direttamente dai cittadini. In sostanza in caso di premier sfiduciato e dimissionario, infatti, il capo dello Stato potrà assegnare un nuovo incarico allo stesso premier oppure a un parlamentare della maggioranza che ne attui il programma votato dagli elettori.
La riforma costituzionale modificherebbe, dunque, l’articolo 94 della Costituzione, aggiungendo un nuovo comma: “In caso di cessazione dalla carica del Presidente del Consiglio, il Presidente delle Repubblica può conferire l’incarico di formare il Governo al Presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento al Presidente eletto, per attuare le dichiarazioni relative all’indirizzo politico e agli impegni programmatici su cui il Governo del Presidente eletto ha chiesto la fiducia delle Camere”. Il presidente della Repubblica mantiene anche il potere di nominare i ministri, dietro indicazione del premier. Quindi non potrebbero mai più esserci casi di Premier che non siano anche parlamentari, come è successo con Mario Monti, Mario Draghi o Giuseppe Conte.
LE PREOCCUPAZIONI DEL COSTITUZIONALISTA STEFANO CECCANTI
Il prof. Stefano Ceccanti che ha analizzato gli articoli della riforma nel suo blog sottolinea come la riforma manchi di specificare, e dunque costituzionalizzare, anche una soglia minima per l’assegnazione del 55% dei seggi, lasciando i dettagli alla legge ordinaria. “Qualora si ritenga ragionevole, ed è una delle soluzioni possibili, questa scelta di predeterminare un numero di seggi abbastanza distante dai quorum di garanzia, non si può non costituzionalizzare anche nel contempo una soglia minima in voti, altrimenti vi è un rischio di squilibrio”, scrive il costituzionalista.
“In conclusione, non si capisce perché non si sia adottato un modello molto più semplice – scrive il prof. Ceccanti -: una legge elettorale a dominante maggioritaria, anche costituzionalizzandone il principio insieme ad una soglia in voti per ottenerlo, e, al di sopra di esso, la semplice trasposizione delle norme costituzionali tedesche. Per di più non si capisce perché un testo non debba nascere già in partenza da uno sforzo comune in Parlamento, anziché da un testo di matrice solo ed esclusivamente governativa, esattamente come accadde a quello bocciato nel 2005-2006”.