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Covid-19: ecco come (non) funzionano i protocolli scolastici

Piano Estate Scuola Rientro

Mia figlia è stata posta in isolamento fiduciario (in pratica in quarantena) perché a scuola è entrata in contatto con un bambino risultato positivo. La mia esperienza tra procedure poco chiare, informazioni contraddittorie e personale non adeguatamente preparato

Premessa doverosa: possiamo occuparci delle pastoie burocratiche e delle inefficienze perché i protagonisti di questa vicenda stanno bene, ed è già una grande fortuna.

L’INIZIO DELL’ODISSEA

Circa 48 ore fa abbiamo ricevuto la tanto temuta telefonata da uno dei docenti della classe frequentata da mia figlia (scuola primaria di Roma): “Vostra figlia deve restare a casa, in affidamento fiduciario, è venuta a contatto con un bimbo risultato positivo al Covid-19”. Per quasi 24 ore questa è l’unica comunicazione ufficiale. Da qui un genitore ha due scelte, entrambe potenzialmente disastrose: farsi prendere dall’ansia e agire d’istinto, magari recandosi in uno dei drive in predisposti per i tamponi, o cercare di capire la procedura corretta.

Ogni istituto ha un responsabile Covid, che è (da quanto abbiamo potuto capire) l’unico deputato a comunicare alla famiglia cosa fare o cosa non fare. Il docente che ci ha chiamato intorno alle 8 del mattina ci annuncia l’arrivo di un’email con la procedura precisa. Veniamo a sapere dagli altri genitori coinvolti che alcuni hanno ricevuto la tanto attesa email con le indicazioni del caso, noi no. Ci vogliono quasi 5 telefonate e non meno di 10 ore perché la scuola si accorga dell’errore e ci venga inviata la comunicazione che ha anche una valenza formale.

IL RUOLO DELLA ASL

L’email, indirizzata dalla Asl alla scuola e dalla scuola a noi, recita “Dalla giornata di domani i contatti identificati saranno contattati dalla Asl per successivi adempimenti (programmazione del tampone)”. Decidiamo di saperne di più, chiamiamo il numero verde della Asl predisposto per l’emergenza Covid-19. Le indicazioni sono perentorie: la bambina non può uscire di casa, sareste passibili di denuncia, avrete un appuntamento per il tampone. Quando? Impossibile dirlo. Non possiamo contattare noi i referenti della Asl per queste situazioni? No, non possiamo dare contatti diretti.

L’ATTESA

Informiamo la pediatra, la quale ci invita ad aspettare comunicazioni dalla Asl. Dopo 24 ore queste comunicazioni tardano ad arrivare. Sollecitiamo la scuola, riusciamo a parlare con la responsabile Covid dell’istituto che sottolinea come non sia possibile fare niente altro che attendere. Chiediamo: possiamo andare al drive in? No, avrete un appuntamento. Sono trascorse ormai 36 ore dalla prima telefonata che ha messo nostra figlia in isolamento, e finalmente riceviamo la mail della Asl con le procedure da seguire.

LA PROCEDURA

“Tutti i contatti stretti della classe, dovranno eseguire isolamento domiciliare, anche rispetto ai conviventi, per 14 giorni a partire dall’ultimo contatto con sorveglianza attiva da parte del curante. I contatti stretti dovranno contattare il proprio curante per segnalazione alla Asl di competenza, attivazione della sorveglianza e prescrizione dei tamponi. È opportuno eseguire subito un primo tampone ed un altro al termine dei 14 giorni dal contatto a rischio. I tamponi verranno programmati in concerto con il SISP e ove fosse necessario in collaborazione con MMG e PLS. Gli utenti potranno recarsi (con mezzo proprio e in sicurezza – in caso di minorenne, accompagnato da un genitore – e per il solo tragitto necessario) munito di richiesta dematerializzata del proprio curante presso una delle sedi drive in della Asl di competenza”.

LE CONTRADDIZIONI

Quindi, se l’operatore del numero verde della Asl sosteneva che non potevamo assolutamente recarci in un drive in (sareste passibili di denuncia) e la prima mail della scuola prospettava un appuntamento per il tampone, la mail che di fatto stabilisce il da farsi contraddice l’una e l’altra comunicazione: dovete recarvi con mezzi vostri a fare il tampone in un drive In. La Asl vi fornirà la prescrizione. Anche questo ultimo aspetto è contraddittorio, o quanto meno poco chiaro: chi della Asl deve fornire la prescrizione? Secondo il numero verde è la pediatra. La pediatra alla nostra richiesta si infuria, sostenendo che le Asl stanno scaricando su di loro una responsabilità che la legge non gli affida. Poi ragionevolmente ci fa la prescrizione (“non per dovere ma per senso di responsabilità, sia chiaro”).

L’AMARA REALTÀ

Ora, dopo 48 ore di procedure poco chiare e (soprattutto) informazioni contraddittorie, la prospettiva è mettersi in fila in uno dei drive in predisposti dalla Asl, tempo di attesa medio superiore alle 7 ore. Sperando che non capiti quello che ad altri genitori è successo ieri: in coda in uno dei drive in di Roma dalle 9, alle 17 si sono sentiti dire che i tamponi erano finiti. Qualcuno ha chiamato i Carabinieri, qualcuno si è mestamente diretto a casa, con un bimbo delle scuola primaria in auto da 8 ore.

In oltre 7 mesi di decreti emergenziali, comitati tecnici e proclami, il Governo, le Regioni, Conte, Azzolina e Speranza non sono stati in grado di mettere in piedi una procedura chiara. Magari complessa e faticosa, ma chiara, univoca, certa. Se il sistema regge, è solo per l’umanità, l’impegno e il senso del dovere di quei docenti, medici e operatori della Asl che lo mandano avanti. Ma dovete sperare di trovarli, e sono diventati più rari dei panda giganti.

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