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Ddl sicurezza

Ddl Sicurezza: quando e perché gli studenti scendono in piazza

Il Ddl sicurezza non piace a studenti e ricercatori. Temono che a rischio ci sia l’indipendenza dell’università. Preoccupa l’art. 31 che “obbliga” gli accademici a collaborare con i servizi segreti. La “Rete No al Ddl a Pieno Regime” prevede almeno tre manifestazioni 

Un attacco all’autonomia atenei. È questo il timore degli studenti, ricercatori, sindacati e associazioni di settore in merito al ddl Sicurezza già approvato in Camera dei deputati e in discussione al Senato. La strategia per il contrasto a questa norma passa dalla piazza.

Andiamo a vedere perché il ddl sicurezza non piace al mondo dell’università e quali sono le manifestazioni previste.

LA COLLABORAZIONE TRA UNIVERSITÀ E INTELLIGENCE: COSA DICE L’ART 31 DEL DDL SICUREZZA

La preoccupazione degli studenti riguarda, in particolar modo, l’articolo 31 del ddl n. 1660 presentato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, dal ministro della Giustizia Carlo Nordio e dal ministro della Difesa Guido Crosetto. “Le pubbliche amministrazioni, le società a partecipazione pubblica o a controllo pubblico e i soggetti che erogano, in regime di autorizzazione, concessione o convenzione, servizi di pubblica utilità sono tenuti a prestare al DIS, all’AISE e all’AISI la collaborazione e l’assistenza richieste, anche di tipo tecnico e logistico, necessarie per la tutela della sicurezza nazionale”, recita l’articolo 31 del ddl 1660. In particolare “Il DIS, l’AISE e l’AISI possono stipulare convenzioni con i predetti soggetti, nonché con le università e con gli enti di ricerca, per la definizione delle modalità della collaborazione e dell’assistenza suddette. Le convenzioni possono prevedere la comunicazione di informazioni ai predetti organismi anche in deroga alle normative di settore in materia di riservatezza”.

L’ALLARME DI DOCENTI, RICERCATORI E STUDENTI: “IL DDL SICUREZZA LIMITA LE LIBERTÀ UNIVERSITARIE”

L’allarme riguarda soprattutto l’obbligatorietà della collaborazione tra istituzioni accademiche e agenzie di intelligence. Per la norma del 2007 tale collaborazione doveva essere di natura volontaria. Secondo l’AISA, l’Associazione italiana per la promozione della scienza aperta, le università sono già guardate a vista dall’Anvur, l’Agenzia per la valutazione della ricerca, “con il ddl sicurezza, però, la sorveglianza diventa più attiva ed eccitante” e per questo chiede al Parlamento di non approvare il ddl. Anche i docenti universitari sono preoccupati. Secondo il Comitato per la Libertà Accademica della Società per gli studi sul Medio Oriente (SeSaMO) “l’obbligo di collaborazione con i servizi segreti limita la libertà delle università e degli enti di ricerca di operare in modo indipendente, rischiando di coinvolgerli in dinamiche estranee alla loro missione istituzionale”.

ZOCCOLI (CONPER) E CUPERTINO (POLIBA): NESSUN ALLARME

“E’ indubbio, per come è cambiato il mondo, che debba essere messa in pratica una azione che migliori la sicurezza della ricerca in Italia: questo non vuol dire limitare la libertà dei ricercatori nè regalare i risultati ottenuti ad altri ma invece fare l’opposto, fare sì che i ricercatori sappiano quali sono i rischi che corrono, soprattutto se lavorano nell’ambito di tecnologie sensibili. Una volta, quando eravamo nel mondo globalizzato, si condivideva tutto; ora siamo in un mondo diviso, dove purtroppo incombono tanti conflitti, e bisogna avere la giusta attenzione. Non vedo motivi di allarme e del resto tutti gli stati, non solo europei ma anche l’America e i paesi asiatici ci chiedono di avere una strategia nazionale di sicurezza nella ricerca che deve essere aperta quanto più possibile, ma chiusa quanto serve. Sono precauzioni banali che per adesso non erano state prese e ora verranno messe in campo, possiamo parlare di ragionevolezza. Il Mur ha messo a punto una strategia nazionale molto ragionevole ed equilibrata che permette di tutelare i ricercatori e i risultati senza impattare sulla libertà della ricerca” ha detto all’ANSA il presidente degli Enti di ricerca, Antonio Zoccoli.

“Se per esempio mi devo confrontare durante un progetto sensibile e devo capire se posso fare un accordo con una università straniera, ci deve essere una struttura gestita dal Mur che si interfaccia con i servizi: su determinate tematiche sensibili bisogna avere un confronto anche per mettere al riparo ricercatori e risultati della ricerca, lo spirito non è certo il controllo”, ha aggiunto Zoccoli.

Dello stesso avviso è Francesco Cupertino, rettore del Politecnico di Bari e coordinatore del gruppo di lavoro nominato dal Mur dedicato, che considera le linee guida “uno strumento non certo imposizione”.  “Vogliamo dare uno strumento alle università ed ai centri di ricerca, non certo imporre qualcosa – spiega il rettore – e la sensazione è che le linee guida siano attese dalla comunità scientifica internazionale, non temute. Trovare il punto di equilibrio tra libertà scientifica e tutela del valore del valore della ricerca è intrinsecamente complesso ma non si può
dire che il problema non ci sia. Si tratterà di imparare a continuare a fare quello che stiamo facendo ma con delle regole di autoprotezione e maggiore consapevolezza dei rischi”, ha detto Cupertino all’ANSA.

DDL SICUREZZA: LA CGIL PARLA DI SCHEDATURA E LA SPONDA NELLA MINORANZA

Parla di “schedatura”, invece, la segretaria della Flc Cgil, Gianna Fracassi. “L’articolo 31 del ddl – osserva – disegna uno scenario da Grande Fratello per cui, oltre alla PA anche soggetti autonomi come le università o enti pubblici di ricerca sono tenuti “spontaneamente” a fare convenzioni con i servizi segreti e in virtù di queste a fornire informazioni anche in deroga alle norme sulla tutela della riservatezza. Il tutto con paletti così generici che il rischio è sostanzialmente la schedatura. Docenti, associazioni e studenti preoccupati trovano una sponda tra le fila della minoranza. L’articolo 31 del ddl sicurezza non piace alla minoranza. “Una norma del genere rappresenta un attacco diretto e inaccettabile all’autonomia universitaria”, dice il capogruppo M5S in commissione cultura al Senato Luca Pirondini. Anche per il senatore Pd Francesco Verducci “il cosiddetto Ddl Sicurezza contiene, tra altri pericolosi interventi anticostituzionali, un attacco all’autonomia delle università, della ricerca, del sapere”.

LE MOBILITAZIONI DELLA “RETE NO AL DDL A PIENO REGIME”

Il 12 gennaio si è tenuta l’assemblea nazionale della “Rete No al Ddl a Pieno Regime”: all’ordine del giorno le prossime mobilitazioni contro il ddl sicurezza. Si parte il 17 gennaio, in piazza a Roma scende l’Udu, l’Unione degli universitari, per una fiaccolata contro il Ddl sulla Sicurezza. A collaborare anche Amnesty International che organizza le sue fiaccolate a Roma davanti Palazzo Madama a Roma, nel resto d’Italia difronte alle prefetture. All’inizio di febbraio la protesta espatria e dal 3 al 5 rappresentanti della Rete si spostano a Bruxelles per una conferenza stampa con i gruppi della sinistra nel Parlamento europeo. Ma non solo. La Rete vorrebbe manifestare anche il giorno della votazione circondando con un girotondo pacifico il Senato. Intanto, i manifestanti segnalano come un primo buon risultato lo slittamento dell’approvazione del ddl sicurezza.

Leggi anche: Polizia, a che punto sono i ddl sul pacchetto sicurezza?

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