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“Def prudente, riconosce che abbiamo bisogno di immigrazione”. Parla Carlo Stagnaro

Def Carlo Stagnaro

Il Def spiegato con semplicità: conversazione con l’economista e direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni Carlo Stagnaro 

Il Consiglio dei ministri ha approvato il DEF, il Documento di economia e finanza 2023, per il triennio 2024-2026. Il documento rileva che, nonostante tutte le incertezze di natura economica e geopolitica, l’economia italiana continua a mostrare resilienza e vitalità. Il 2022 si è chiuso con il Pil in aumento del 3,7% e nei primi mesi del 2023 l’economia del Paese ha ripreso a crescere.

“La prudenza di questo documento è ambizione responsabile – ha detto il ministro dell’economia Giorgetti -. Abbiamo davanti a noi grandi sfide, dai cambiamenti climatici al declino demografico della popolazione italiana ma anche notevoli opportunità di aprire una nuova fase di sviluppo del nostro Paese”.

Prudenza è la parola chiave per descrivere il principale dossier di programmazione finanziaria del nostro Paese. Dei suoi contenuti e, degli aspetti più curiosi e controversi, ne abbiamo parlato con l’economista e direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni, Carlo Stagnaro. 

Che tipo di documento ha preparato il Governo? Se dovesse trovare degli aggettivi per descriverlo quali utilizzerebbe?

Direi che è un Def responsabile nel senso che il governo da un lato si mette in linea con le previsioni, con l’approccio ho avuto con la legge di bilancio e con le previsioni su cui la legge di bilancio si basava. Quello che fa il governo è sostanzialmente prendere atto che il convento è povero e cercare di convivere con una situazione in cui i vincoli di bilancio vengono presi sul serio.

Da un lato c’è la conferma di un percorso verso la riduzione del deficit, che pure rimane relativamente elevato nelle previsioni del Def perché finiamo sul 4,5% ma il governo ha respinto le richieste sia dalla maggioranza sia l’opposizione che sembravano spingere o sperare in un deficit ancora maggiore. Dall’altro lato ha privilegiato gruppi sociali che vengono identificati abbastanza chiaramente.

Ci fa qualche esempio?

Sì, le faccio due esempi. Le risorse previste per fronteggiare il caro energia sono molto limitate, questo chiaramente dipende anche dal fatto che l’aspettativa sull’andamento dei prezzi è moderatamente ottimistica, speriamo di non trovarci in una situazione come quella dell’anno scorso; perciò, le misure di tutela dal caro energia sono concentrate sulle famiglie a basso reddito e sulle imprese in particolare su quelle esposte alla concorrenza internazionale.

L’altro esempio?

L’alto esempio riguarda i miliardi aggiuntivi conseguenti al all’aumento del tasso di crescita atteso. Sono utilizzati per alzare leggermente la riduzione del cuneo per i lavoratori a basso reddito, cioè quelli che sono maggiormente colpiti dall’inflazione. E mi sembra una scelta molto molto sensata.

E cosa non c’è in questo Def?

L’implementazione delle due misure di cui le ho parlato costa al governo un atto di responsabilità, cioè rinuncia ad alcune delle sue bandiere: non c’è niente materia pensionistica e niente per quanto riguarda il taglio della pressione fiscale, la cosiddetta flat tax. Il messaggio implicito è che se vogliamo fare una seria riforma fiscale dobbiamo prendere in mano il bilancio dello Stato e tagliare la spesa, poiché non siamo in grado nel breve termine di tagliare la spesa non ci promettiamo mirabolanti riforme.

Il documento prevede la riclassificazione dei crediti fiscali legati ai bonus edilizi. Ci può spiegare bene che cosa vuol dire aver riclassificato i crediti e perché in questa classificazione ha apportato un peggioramento dell’indebitamento?

Ha comportato un peggioramento dell’indebitamento nel 2022 e un miglioramento del dell’indebitamento, cioè del deficit, negli anni successivi. Questa è la conseguenza di un chiarimento che è arrivato alcune settimane fa da Eurostat su una cosa abbastanza tecnica. Eurostat fa una distinzione fondamentale che è quella tra i cosiddetti crediti pagabili e non pagabili. Cioè se un credito fiscale viene rimborsato a rate in dieci anni si spalma sul bilancio di dieci anni, mentre se viene ceduto a un soggetto terzo finisce solo nel bilancio dell’anno in cui è stato erogato.

Questo si applica a bonus introdotti nel passato, dal punto di vista del governo Meloni la cattiva notizia è che per loro sarà molto più difficile fare delle misure del genere ma la buona notizia è che tutto il deficit viene sbattuto sul 2022 e quindi loro hanno un po’ meno deficit da conteggiare dal 2023 in poi.

E l’altra buona notizia è che il governo già voleva superare misure come il bonus 110%, diciamo che gli viene in soccorso senza volerlo l’Eurostat.

Esattamente, nel senso che con questi criteri se un governo vorrà fare dei bonus che hanno queste caratteristiche, di estrema generosità, dovrà considerare che diventano più onerosi già dal primo anno.

Nel Def si prevede che l’inflazione cali dal 5,7% del 2023, al 2% nel biennio 2025-2026 e a scendere se ha anche la disoccupazione dal 7,6 del 2023 al 7,2 del 2026. Queste stime sono plausibili e che cosa vogliono dire per il bilancio dello Stato?

Per quanto riguarda l’inflazione mi sembra una stima a diciamo relativamente ottimistica, plausibile ma è nella fascia ottimistica delle previsioni possibili. Si presume che la fiammata dei prezzi dell’energia che abbiamo visto l’anno scorso non si ripeta e che i prezzi dell’energia gradualmente rientrino nel seminato, rientrino gradualmente verso le medie storiche. Dall’altro lato si presume che gli eccessi della spesa pubblica a livello europeo, e non solo europeo, che abbiamo visto nel periodo post-covid anch’essi non si ripetano il quindi cessino di avere quell’effetto che hanno avuto di surriscaldamento della domanda.

E questo è tutto sommato coerente col tipo di politica economica che il governo sta attuando, che non è certamente una politica economica super espansiva, è relativamente espansiva. Anche il dato sulla disoccupazione mi sembra relativamente ottimistico ma possibile e coerente con una previsione di crescita che viene vista moderata ma persistente nel periodo. Il governo, sostanzialmente, sta dicendo: continueremo a crescere, un po’ a passo di lumaca, ma continueremo a crescere e quindi in un contesto di sgonfiamento dell’inflazione è ragionevole pensare che aumenterà anche l’occupazione. Vorrei aggiungere che abbiamo già un tasso di occupazione relativamente elevato, per gli standard italiani; quindi, c’è sostanzialmente una scommessa sull’occupabilità dei i lavoratori italiani.

Un altro dato molto interessante è la riflessione che si fa sul sull’aumento dei lavoratori migranti. Si legge che l’aumento o la diminuzione degli immigrati avrà un impatto rilevante sul debito: più migranti arrivano più il nostro debito cala. Sorprendente per un governo che ha appena chiesto lo stato di emergenza per gestire l’immigrazione.

È così. Diciamo che il governo prende atto della realtà e nei documenti seri scrive il contrario di quello che, almeno alcuni esponenti del governo e della maggioranza, dicono quando fanno le interviste. Cioè noi siamo un paese che ha bisogno di immigrazione, poi naturalmente possiamo riflettere possiamo ragionare su che tipo di immigrazione e su come fare a ridurre gli ingressi illegali ampliando, però, i canali legali per entrare in Italia. Il punto fondamentale è che il paese ha bisogno di immigrazione e lo vediamo anche dai saldi demografici.

Pochi giorni fa l’ultimo aggiornamento dell’istat che ci ha detto che nel 2022 l’Italia ha perso ancora circa 200.000 abitanti. Il nostro è un paese che continua a a ridursi, a veder ridurre la popolazione residente, nel breve termine l’unico, insufficiente, tampone al calo demografico è dato dall’immigrazione.

A quali altre esigenze risponde l’immigrazione?

Risponde anche a un’esigenza di una domanda di lavoro che c’è e che, in parte, rimarrebbe non soddisfatta in assenza dell’immigrazione. E questo ha un impatto fiscale perché il Def, chiaramente si occupa dello scenario macroeconomico, ma anche delle tendenze della finanza pubblica.

Gli immigrati che arrivano sono relativamente giovani e, quindi, più immigrati arrivano più si abbassa l’età media del paese e quindi più si abbassa il rapporto tra pensionati e popolazione attiva. E poi c’è evidenza che gli immigrati tendono a utilizzare meno dei degli autoctoni molti servizi di welfare, per cui, in sostanza, noi attraverso l’immigrazione importiamo lavoratori che pagano le tasse che contribuiscono a mantenere i nostri pensionati. Il messaggio che arriva dal Def è fondamentalmente questo.

Ecco, tra i dossier su cui si concentra il documento, c’è infatti anche quello previdenziale. La spesa pensionistica dovrebbe aumentare fino al 2040 per poi iniziare a scendere.

Questo è l’effetto delle varie controriforme pensionistiche che abbiamo visto dal 2017 in poi: prima con la definizione, diciamo generosa, dei lavori usuranti, poi con tutte le varie Quota 100, 101, 102, 103 eccetera. Tutte queste riforme hanno intaccato l’efficacia della legge Fornero che, invece, aveva disegnato un sistema che metteva sotto controllo questa dinamica.

In ogni caso queste previsioni sul sistema pensionistico a lungo termine vanno prese con le pinze, perché ci dicono quale sarà l’andamento della spesa in assenza di cambiamenti della normativa, cioè noi se da oggi in poi nessuno si mette più a pasticciare con l’età di pensionamento. Questo governo, in questo momento, ha deciso di non farlo, gliene va dato atto.

Un’altra variabile che rischia di incidere sulla crescita di quest’anno è il tasso di cambio: c’è una possibilità di una revisione della crescita del -0,1% nel caso in cui ci dovesse essere un apprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro.

 Questo perché noi importiamo molti beni, penso ai beni energetici, pagando in dollari ed esportiamo altri beni verso paesi terzi incluso il Nord America, peri quali ci pagano in dollari. Quindi il bilanciamento tra questi due movimenti, in caso di un apprezzamento dell’euro, rischia, nel breve termine, di avere un impatto debolmente reattivo sulla crescita. Però potrebbero esserci anche altri aspetti positivi. Insomma, il Def fa una previsione ma vedremo ciò che succederà.

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