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Di Battista guasta la festa a Conte

Di Battista

I Graffi di Damato sulla provocazione di Alessandro Di Battista che guasta la festa di Conte a Villa Doria Pamphili 

Alla fine, anzi sin dagli inizi, già alla seconda giornata, sono stati i grillini, gli azionisti di maggioranza del governo in carica, come di quello precedente, a rovinare la festa degli Stati Generali dell’Economia a Giuseppe Conte: una festa promossa a “gran ballo” ieri su Repubblica dall’anzianissimo fondatore Eugenio Scalfari e declassata oggi ad “operazione in proprio di Palazzo Chigi”, sullo stesso giornale, dal primo successore di Scalfari alla direzione, Ezio Mauro. Non proprio un’armonia d’orchestra, direi.

LA SORTITA TELEVISIVA DI ALESSANDRO DI BATTISTA

A fare di Conte il classico “Re nudo” è stato, in particolare, l’ex deputato grillino Alessandro Di Battista — Dibba per gli amici, o il Che Guevara de’ Noantri per chi a Roma ci scherza sopra — sfidando in televisione da posizioni dichiaratamente critiche il presidente del Consiglio a iscriversi finalmente e formalmente al Movimento 5 Stelle per contenderne a lui e ad altri la leadership in un’”assemblea costituente”. Che potremmo chiamare anche congresso, o Stati Generali, pure loro, quali erano stati del resto programmati per metà marzo e poi rinviati a tempo praticamente indeterminato per la sopraggiunta, e sotto certi aspetti, provvidenziale emergenza da coronavirus.

LA REAZIONE DI BEPPE GRILLO

È scoppiato il finimondo politico certificato da Beppe Grillo in persona, il “fondatore”, “garante”, ”Elevato” e quant’altro, del movimento maggiormente rappresentato nel Parlamento eletto due anni fa, col declassamento di Dibba a “marmotta”. Sono seguiti altri sberleffi e moniti, fra i quali quello della “pasionaria” vice presidente del Senato Paola Taverna, convinta che al movimento ben deciso a rimanere tale e a non diventare mai un partito occorra solo una direzione o segreteria “collegiale”, in cui a dare gli ordini non sia da solo né Di Battista né Conte né altri: forse neppure Grillo, che da entità superiore risolve tutto a suo modo, tra uno spettacolo e l’altro dei suoi, pur in questo periodo in cui a teatro e nelle piazze ci sono problemi a muoversi, magari solo per ridere e non per protestare.

SCOPPIATO IL “TERREMOTO”

Che lo si voglia  chiamare “terremoto”, come hanno fatto al Messaggero, o rischio di “scissione”, come  hanno fatto a Repubblica, o movimento “a pezzi”, come hanno fatto al Mattino, quello che è uscito dalla sortita di Di Battista e dalle reazioni di Grillo ed altri, compreso l’ex capo non rassegnato alla penombra Luigi Di Maio, per ora espostosi nel riconoscere a Conte un ruolo “decisivo” sotto le 5 stelle, questo non è proprio definibile uno stato di grazia per il governo e la eterogenea maggioranza giallorossa che lo sostiene. Dove la confusione fra i grillini, a dir poco, accende altri fuochi: per esempio, nel Pd di Nicola Zingaretti, nell’Italia Viva di Matteo Renzi e persino fra gli esangui “liberi e uguali” del ministro della Sanità Roberto Speranza, dell’ex presidente del Senato Pietro Grasso, del sempre acidamente sorridente Pier Luigi Bersani e del defilato ma non disarmato Massimo D’Alema.

Pensare che in queste condizioni, feste e cerimonie a parte in corso nella Villa Doria Pamphili, il governo in carica e la relativa maggioranza possano gestire l’autunno caldo in arrivo dopo un’estate rovente e la complessa partita con l’Europa per l’assegnazione e l’uso dei fondi, a credito o a fondo perduto che siano, per il rilancio, la ripresa e quant’altro dell’Italia, è quanto meno azzardato. Che l’opposizione di centrodestra non sia in migliori condizioni della maggioranza è una circostanza non attenuante ma aggravante per il Paese.

 

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