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Di Maio è diventato pro Confindustria?

Di Maio Confindustria

Di Maio scavalca Conte e strizza l’occhio al presidente di Confindustria

Con la complicità – credo involontaria – del Sole 24 Ore, il giornale ancòra della Confindustria, Luigi Di Maio ha compiuto un altro salto nella scalata, o riscalata, che sta tentando al vertice politico del MoVimento 5 Stelle. O almeno di quella parte “governista” se non dovesse spegnersi la miccia della scissione accesa, volente o nolente, dalla coppia Davide Casaleggio-Alessandro Di Battista. Che si è formata, tra interviste e messaggi elettronici, contro la trasformazione poltronistica, diciamo così, dei grillini intenzionati a continuare ad ogni costo l’alleanza col Pd, estendendola a livello locale. E smaniosi di liberarsi dal limite statutario dei due mandati parlamentari, dopo i quali essi dovrebbero tornare a casa per lasciare il posto ad altri, in un continuo ricambio che sarebbe la garanzia contro il professionismo politico alimentato dai partiti tradizionali.

Ospite, sia pure da remoto, come si conviene in tempi di epidemia virale, del convegno organizzato dal giornale della Confindustria e dall’ancor più autorevole Financial Times su “Made in Italy: The Restart”, il ministro degli Esteri ha auspicato un patto tra imprese e istituzioni per “camminare insieme” fronteggiando l’epidemia e costruendo il futuro della ripresa e dell’innovazione.

Tutta roba banale e un po’ trumpista, dirà qualcuno ricordando la recente intervista nella quale il titolare della Farnesina ha tenuto a sottolineare, in piena campagna elettorale oltre Oceano, quanto lui si sia trovato bene con l’amministrazione uscente, sensibilissima agli interessi, cioè agli utili delle imprese. Ma Di Maio si è spinto ancora più avanti infilandosi nelle polemiche interne alla maggioranza di governo, oltre che al suo movimento, per riconoscere al nuovo presidente della Confindustria Carlo Bonomi ciò che gli contesta invece sotto voce il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e a voce altissima il giornale che più raccoglie e spesso addirittura anticipa gli umori di Palazzo Chigi: Il Fatto Quotidiano di Marco Travaglio.

In particolare, come ha tenuto a sottolineare il giornale della Confindustria nel richiamo di prima pagina del suo intervento, Di Maio “ha spiegato che nel discorso del presidente di Confindustria durante l’assemblea” recente degli imprenditori, cui il ministro degli Esteri ha voluto essere presente insieme a Giuseppe Conte e ad altri esponenti del governo, “ha visto tutti gli ingredienti e la road map per evitare tensioni tra mondo produttivo e mondo istituzionale”. Eppure Bonomi aveva pizzicato, diciamo così, il presidente del Consiglio sulla tentazione, secondo lui, di gestire solitariamente, o quasi, la partita dei fondi europei per la ripresa, o la nuova generazione. Di cui sarebbe un peccato se si facesse uso più per fare assistenza, o “debito cattivo”, come lo chiama l’ex presidente della Banca Europea Mario Draghi, che per promuovere sviluppo e ammodernamento.

A Di Maio, forse anche a causa di questa sortita in campo confindustriale, un esponente autorevole del Pd come Luigi Zanda ha riconosciuto, in una intervista al Foglio, che “sta lavorando per conquistare una maturità politica, mentre mi sembra – ha detto – che Di Battista vada veloce verso forme maggiori di infantilismo politico”. Tuttavia Zanda ha anche avvertito che, dopo avere “aspettato troppo per le modifiche dei decreti Salvini” su immigrazione e sicurezza, “ora il Pd sta aspettando troppo per Mes, Ilva, Autostrade, e per capire che cosa fanno i navigator” della mancata gestione produttiva, e non solo assistenziale, del cosiddetto reddito di cittadinanza.

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