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Pnrr, continua il braccio di ferro con l’Ue. Qual è la situazione dopo il cambio della governance?

Dossier Pnrr Raffaele Fitto, Paolo Gentiloni, Giancarlo Giorgetti

La partita più importante tra Italia e Ue è quella del Pnrr ma il Governo Meloni deve convincere Bruxelles sull’apporto di modifiche dei progetti

Il 2026 è già qui. O quasi. E se la pandemia sembra un ricordo più o meno lontano, i suoi effetti e le azioni politiche messe in campo per la fantomatica ripresa sono ogni giorni ben visibili.

Nel caso dell’Italia, da un lato occorre rilevare che la successione (storicamente) troppo affrettata degli esecutivi (quattro dal 2018 a oggi) e dall’altro ci sono le difficoltà di far sì che le politiche macro direttamente legate al programma europeo del Recovery e del NextGenerationEU fungano da filo conduttore tra i diversi governi.

E allora, il problema è sul Pnrr.

L’ITALIA RINUNCERÀ DAVVERO A PARTE DEI SOLDI DELL’UE SUL PNRR?

La questione maggiormente in ballo è quella relativa alla possibile, forse improbabile e altrettanto pericolosa, rinuncia di parte dei soldi euoropei che stanno arrivando.

Mentre la Spagna si è rivelata come il protagonista mediterraneo più bravo sull’uso dei fondi, adottando la strategia di rinuncia iniziale alle risorse a fondo perduto per poi richiederle successivamente, Roma ha ammesso per bocca del ministro Raffaele Fitto di non essere capace o comunque di non fare in tempo a mettere a terra quanto richiesto e approvato da Bruxelles. I progetti.

Gli interrogativi si susseguono da tempo, negli ultimi giorni ancora più vigorosamente. Dal punto di vista del governo, la proposta di rinunciare a parte dei soldi Ue è arrivata da Riccardo Molinari della Lega. Come ricapitolato da Pagella Politica, rispettare integralmente gli impegni presi – come peraltro ribadito dalla stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni – significa allontanare i sospetti degli altri Stati membri di infedeltà di Roma.

Ma è una scelta di valore anche per un secondo motivo. “Il secondo argomento – scrive Canepa – riguarda il contributo che può dare il Pnrr all’economia italiana, come ha sintetizzato il 5 aprile l’economista Francesco Giavazzi in un editoriale sul Corriere della Sera intitolato “Usiamo tutti i fondi del Pnrr: faranno crescere il Paese”.

LA TRATTATIVA ITALIA-UE SUL PNRR

“Entro la fine di giugno 2026 l’Italia riceverà circa 191,5 miliardi di euro dall’Ue per sostenere gli investimenti previsti dal piano in vari settori, dalla transizione ecologica a quella digitale, dalla sanità alle infrastrutture. I fondi europei saranno erogati in dieci rate se il governo italiano rispetterà ogni sei mesi il raggiungimento di una serie di obiettivi. Se gli impegni non vengono rispettati, l’erogazione dei fondi può essere sospesa o bloccata definitivamente”, ricorda il fact-checking di PP.

E allora serve trattare per evitare figuracce. Oltre che per non perdere l’occasione della svolta per il sistema-Italia. Anche se dal governo emergono più linee che rischiano di far perdere di vista l’obiettivo.

La trattativa per intervenire dialogando con Bruxelles, intanto, c’è. “Vista da Bruxelles, la partita della «flessibilità» richiesta da Roma nel dispiegare le risorse appare ogni giorno più difficile da seguire”, scrive Federico Fubini sul Corriere della Sera. “Non perché non sia permesso di ridefinire una parte dei progetti. Al contrario: la Commissione Ue da tempo ha segnalato la sua disponibilità a una riscrittura del Piano, ma al momento mancano i segnali concreti dall’Italia su come procedere e questo silenzio inizia a sollevare interrogativi nella capitale Ue”.

“La risposta di Bruxelles [alle richieste di Roma, ndr], secondo quanto è stato possibile ricostruire, è stata simile a quella poi formalizzata nel Consiglio europeo del 9 febbraio”, aggiunge Fubini. “Recitano le conclusioni di quel vertice: «Le risorse europee esistenti dovrebbero essere dispiegate in maniera più flessibile». Dunque, anche formalmente, l’Italia aveva ciò che voleva. Il governo potrà spostare alcuni progetti del Pnrr, oggi in ritardo, verso le scadenze più lunghe dei fondi europei tradizionali. Potrà cancellare del tutto altri progetti e inserirne di nuovi, all’interno della dotazione del Recovery da 191,5 miliardi”. Una vittoria, forse mezza, che però non deve far cantare troppi galli.

COSA CAMBIA CON LA NUOVA GOVERNANCE

Intanto, è cambiata la gestione del dossier Pnrr. “Si tratta di un significativo cambiamento del meccanismo di gestione e non già del cambio del Piano in sé”, sottolinea lavoce.info.

“Le principali novità riguardano la nascita di due nuovi uffici: la Struttura di missione Pnrr a Palazzo Chigi, attiva sino al 31 dicembre 2026 e l’Ispettorato generale per il Pnrr costituito al ministero dell’Economia e delle Finanze. La Struttura di missione (art. 2 del decreto) diventa il principale strumento di funzionamento del Piano: assorbe i compiti della segreteria tecnica e coadiuva l’autorità politica delegata (il ministro Fitto) per funzioni di indirizzo e compiti di coordinamento dell’azione di governo sull’attuazione generale del Pnrr”.

“Diventa anche il soggetto incaricato di essere il punto di contatto nazionale con la Commissione europea per il Pnrr (compito sino ad oggi svolto dal ministero dell’Economia e delle Finanze). L’Ispettorato generale per il Pnrr (art. 1 punto “e” del Dl) è invece incardinato alla Ragioneria generale dello stato e sostituisce il Servizio centrale, di cui continua a svolgere i compiti di primaria importanza per l’attuazione del Piano, compresi la responsabilità del fondo di rotazione, dei flussi finanziari e la gestione del monitoraggio”.

LE PULCI DELLA CORTE DEI CONTI

“Il picco di spesa per le opere del PNRR si avrà nel biennio 2024- 2025 “con valori annuali che supereranno i 45 miliardi”, ha fatto notare la Corte dei Conti. Rilevando il corretto raggiungimento degli obiettivi del secondo semestre 2022 ma criticando Roma per i ritardi ancora troppo evidenti sulla riduzione del divario Nord-Sud. Così come quello di genere e generazionale.

La strada è lunga e tutti i naviganti sono avvisati. Anche perché la barca è la stessa per tutti.

Leggi qui: Com’è messa l’Italia sul Pnrr? Tutte le pulci della Corte dei conti

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