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Ecco come l’Arabia saudita lancia l’Opa sui medici italiani
Medici italiani in rivolta tra taglio pensioni e bassi stipendi (-70% dei colleghi europei). Nel frattempo l’Arabia saudita lancia in Europa un vasto piano di arruolamento di professionisti della sanità. Occhi puntati sull’Italia
L’esplosione della pandemia da Covid 19 ha acceso un enorme riflettore sullo stato di salute del servizio sanitario nazionale e della professione medica. Stipendi bassi, turni massacranti e neppure le misure della legge di Bilancio sembrano aver limitato i malumori tra i medici, considerata la proclamazione dello stato di agitazione a causa della riduzione delle pensioni che potrebbe portare a una nuova ‘emorragia’ di professionisti sanitari dal sistema pubblico.
I MEDICI ITALIANI GUADAGNANO IN MEDIA 86MILA EURO ALL’ANNO
Un report dell’OECD, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, illustra bene la condizione dei medici italiani che sono tra i meno pagati d’Europa. I medici che lavorano in ospedali pubblici italiani possono contare su uno stipendio medio lordo di 86 mila euro, come riportato dal Conto annuale del MEF. Non di certo uno stipendio basso ma che non riflette il quadro della quotidianità di tanti medici italiani. L’ammontare di 86mila euro risente di stipendi “pesanti” di tanti medici prossimi alla pensione. “Gli 86 mila euro di salario, indicati anche dal Conto annuale dello Stato sono riferiti al 2021 – scrive Repubblica -. Per il 2022 c’è un dato preliminare che sembrerebbe segnare una discesa, fino ai 77 mila euro, a causa dei tanti pensionamenti che hanno abbassato il valore totale degli stipendi”.
IL CONFRONTO TRA GLI STIPENDI DEI MEDICI ITALIANI ED EUROPEI
Il confronto con i colleghi europei è impietoso. I colleghi tedeschi guadagnano 187 mila, gli olandesi 190 mila dollari, i britannici 155 mila dollari, i belgi 140 mila. Anche fuori dai confini europei i medici guadagnano più che in Italia. In Cile i medici guadagnano 136 mila dollari, in Corea del Sud 195 mila dollari, in Nuova Zelanda 132 mila dollari. Sono simili a quelli italiani, invece, gli stipendi dei medici spagnoli e il confronto è favorevole ai medici italiani se guardiamo la Grecia (60 mila dollari) e l’Ungheria (68 mila dollari).
L’ARABIA SAUDITA ARRUOLA I PROFESSIONISTI SANITARI IN EUROPA
Nel frattempo il primo ministro nonché principe ereditario dell’Arabia saudita, Mohammad bin Salman (Mbs), ha lanciato in Europa – come scrive il Sole24Ore – “un vasto piano di arruolamento di professionisti della sanità. La campagna acquisti si concentra soprattutto sull’Italia, per l’elevata qualità della formazione che garantisce. Entro il 2030 il governo saudita dovrà aver reclutato 44mila medici e 88mila infermieri”.
QUASI DUEMILA GLI ITALIANI GIA’ PRONTI A PARTIRE IN ARABIA SAUDITA
Da maggio scorso – come riporta il quotidiano economico -si sono fatti avanti in 1.650: di cui 850 medici specialisti, 600 infermieri e 150 fisioterapisti e osteopati. “Degli operatori disponibili a partire in Arabia Saudita l’80% è del servizio sanitario nazionale”. La retribuzione prevista dal governo saudita “parte da un minimo di 3.400 euro esentasse e arriva a 5mila euro: gratuiti alloggio, utenze, trasporto dall’abitazione al luogo di lavoro e viceversa, 2 voli all’anno per rientrare in Italia, assistenza medica, palestre, piscine e misure di integrazione sociale per le famiglie”.
E IN ITALIA? IL SETTORE PRIVATO E’ PIU’ ATTRATTIVO
In Italia intanto prosegue la fuga dei medici nel settore privato, dove di solito gli stipendi sono più alti e il lavoro è meno pesante. Tra l’altro l’attività di libero professionale può anche solo affiancarsi a quella nel pubblico, non per forza sostituirsi. Il governo italiano prova a correre ai ripari. “La carenza di dottori in Italia è un problema importante. I medici vanno gratificati meglio e hanno bisogno di avere uno stipendio adeguato al lavoro che fanno – aveva detto il ministro Schillaci -. Perché oggi quello dei nostri camici bianchi non è in linea con quelli europei e mi impegno personalmente a trovare una soluzione a questo problema”.
NEI PRONTO SOCCORSO SEMPRE MENO MEDICI SPECIALIZZATI
Particolarmente critica è la situazione dei pronto soccorso. Secondo i dati raccolti da Anaao Assomed molti dei posti delle scuole di specializzazione medica non sono stati assegnati: oltre un quarto delle borse di studio. Ci sono state poche richieste per microbiologia, patologia e biochimica clinica, anestesia, rianimazione, terapia del dolore e cure palliative, e genetica medica. “La situazione è molto compromessa – scrive il sindacato -: 1 contratto statale su 4 non è stato assegnato (24,5%), così come la maggioranza dei contratti regionali (51,3%), la stragrande maggioranza dei contratti Ssn (78,1%)”.
Ma il dato più preoccupante è quello che riguarda la specializzazione di emergenza-urgenza, che forma i professionisti per i Pronto Soccorso: assegnate solo 266 borse di studio sulle 855 a disposizione, solo il 31%, con ben 4 senza alcuna assegnazione (tra cui La Sapienza di Roma – Umberto I e Milano San Raffaele). Dal sindacato sono preoccupati perché questi dati testimoniano “l’estinzione della figura dello specialista in medicina d’emergenza con l’avanzata della figura del medico gettonista che corrisponde irrimediabilmente a una diminuzione della qualità erogata in un ambito delicato come quello dei Pronto Soccorso oltre a costi esorbitanti per i contribuenti”.
LA CARICA DEI MEDICI A GETTONE
Il risvolto di questa situazione è che molti medici scelgono di accettare contratti “a gettone”, molto generosi, dagli 800 ai 1000 euro al giorno. Come dice Pierino Di Silverio, segretario Nazionale Anaao Assomed a Lapresse, lavorare come gettonisti “conviene al medico che fa qualche turno sporadico, non vuole essere integrato e vuole tempo a disposizione e guadagnare di più, ma non conviene ai pazienti“, soprattutto a quelli del pronto soccorso. Infatti, molti medici “gettonisti” popolano proprio uno dei settori ospedalieri più delicati.
“Chi si reca al pronto soccorso la maggior parte delle volte si ritrova di fronte a una cura della persona che non corrisponde alla specializzazione e al percorso professionale scelto – Di Silverio a Lapresse -. Le cooperative non effettuano alcuna selezione a monte. Ci sono quelli che non sono specializzati, coloro che sono specializzati in altre branche e molti neolaureati. Si pone il problema della formazione di questi medici, anche dal punto di vista di erogazioni di cure e di responsabilità. Molte volte questi medici non sono specialisti di medicina d’urgenza”.
Secondo quanto riferisce a LaPresse Fabio De Iaco, presidente Simeu (Società Italiana di Medicina d’Emergenza e Urgenza) la popolazione dei medici “gettonisti” dei pronto soccorso varia da regione e regione e arriva a punte del 65-70% come in Piemonte il 65-70% o in Veneto.
Questo è lo scenario della sanità italiana, che induce oggi tanti medici e professionisti sanitari a partire non solo per i soldi, ma anche per il forte stress accumulato nelle corsie degli ospedali.