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Effetto Palamara

Palamara

In attesa dell’Italia “reinventata” da Conte, siamo alla guerra per bande togate dopo l’espulsione di Palamara dall’associazione nazionale dei magistrati. I Graffi di Damato

In paziente attesa dell’Italia che, a conclusione dei poco gaudiosi Stati Generali dell’Economia a Villa Pamphili, Giuseppe Conte si è proposto addirittura di “reinventare”, evidentemente sicuro di poter durare abbastanza a Palazzo Chigi per realizzare una simile impresa, dobbiamo un po’ meno pazientemente rassegnarci a vivere in questa Italia malmessa. Dove allo stesso Conte è bastato prospettare una riduzione temporanea dell’Iva, finalizzata a incoraggiare l’aumento dei consumi, e quindi della produzione, per trovarsi contestato da più della metà del governo che guida, dove le idee sono evidentemente molto diverse dalle sue.

LE GUERRE PER PARTITI E CORRENTI

Alle solite guerre per partiti e relative correnti sia della maggioranza sia dell’opposizione – i primi uniti nella difesa delle loro poltrone, di governo e sottogoverno, e gli altri solo nel rivendicare di essere ricevuti insieme nelle consultazioni del presidente del Consiglio per tornare a dividersi già al termine dell’incontro di turno, riferendone in modo diverso, o comunque spaccandosi anche nei comportamenti parlamentari non appena ne hanno l’occasione – si è aggiunta  quella che lo stesso Fatto Quotidiano, non certo ostile alla magistratura, ha definito sulla prima pagina di oggi “la guerra per bande togate”. E ne ha previsto la fine “solo quando tutti diranno la verità”, evidentemente taciuta da una parte credo non piccola di una categoria sorpresa – si fa per dire – a spartirsi incarichi e carriere per meriti e logiche correntizie, cioè politiche. Ci vorrebbe davvero una faccia tosta per sostenere ancora, come qualcuno ancora fa, che le correnti sono solo “di pensiero”, di sensibilità e altre amenità del genere. Che possono essere state tali all’inizio, forse, ma sono diventate ben altro strada facendo, visto che un magistrato in pensione ma attivissimo sui giornali come Armando Spataro ha appena ricordato gli appelli risalenti ai tempi di Virginio Rognoni a “recuperare moralità civile, onestà e coscienza professionale” evidentemente perdute o compromesse già allora, fra il 2002  il 2006, quando l’ex ministro democristiano dell’Interno affiancò come vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura  prima Carlo Azeglio Ciampi e poi Giorgio Napolitano.

VOLANO TOGHE E QUERELE

È bastato che Luca Palamara, sotto indagine alla Procura di Perugia, protestando contro l’espulsione dall’associazione nazionale dei magistrati facesse qualche nome per sostenere di non avere da solo gestito la spartizione correntizia degli incarichi giudiziari perché volassero querele e toghe come stracci, per parafrasare il titolo su tutta la prima pagina della Verità. Ma potrebbe anche bastare il più misurato titolo di cronaca, diciamo così, del Corriere della Sera sui “venti giudici” finiti sotto “verifica”, cioè indagini, da parte del Consiglio Superiore della Magistratura, almeno per ora, se le loro vicende non approderanno in qualche Procura.

È stata ricordata da qualche parte la curiosa circostanza della sinora mancata “rilevanza penale” delle tante cose – fra incontri, messaggi, richieste, solleciti, giudizi, promozioni ottenute o negate – emerse da quella bomba a mano che era diventato il telefonino di Palamara iniettato, o infettato, di “trojan”. Curiosa, davvero, questa circostanza in un Paese in cui tra l’entusiasmo degli stessi magistrati è stato introdotto il reato di “traffico di influenze illecite”, per cui anche per una raccomandazione si rischiano guai giudiziari, anche da 1 a 3 anni e mezzo di galera.

 

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