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Elezione del CdA Rai: Aventino e Caporetto per il Pd. Parla Michele Anzaldi (IV)
Il Pd non partecipa alle votazioni per l’elezione del nuovo CdA delle Rai e per la prima volta non ha un consigliere di amministrazione di riferimento nella tv pubblica. Mossa strategica o errore marchiano?
Prima l’Aventino e poi Caporetto. Il rinnovo del Consiglio di amministrazione Rai, scaduto lo scorso maggio, ha segnato una sconfitta, forse strategica, per il Partito democratico. Ieri la Camera e il Senato hanno eletto i 4 componenti del Cda di Viale Mazzini: Federica Frangi, Antonio Marano, Roberto Natale e Alessandro Di Majo. Questi ultimi vanno ad aggiungersi a Davide Di Pietro, eletto dai dipendenti lo scorso novembre. Completano la squadra il Presidente e all’amministratore delegato, indicati dal governo su proposta del ministero dell’Economia, e votati dal Cda.
I parlamentari del centrodestra (Fdi, Fi, Lega e Noi moderati) hanno votato compatti i propri candidati, Federica Frangi e Antonio Marano, nel campo largo, invece, è stato teatro di scontri e tradimenti: il Pd, Azione e Iv hanno disertato il voto, in segno di protesta contro l’attuale gestione della tv pubblica, mentre M5s e Avs che hanno trovato l’accordo sui nomi di Roberto Natale alla Camera e Alessandro Di Majo al Senato.
PER LA PRIMA VOLTA IL PD NON HA UN CONSIGLIERE DI RIFERIMENTO NEL CDA RAI
“Per la prima volta non ha un consigliere di riferimento, una cosa secondo me grave per il primo partito d’opposizione, anche simbolicamente, poi magari nei fatti non cambia molto ma per la prima volta il Pd non ha un consigliere d’amministrazione e quelli che sono stati eletti dall’opposizione sono punti di riferimento di altri partiti”, ha commentato a Policymakermag Michele Anzaldi, fino al 2022 deputato prima con il Pd e poi con Italia Viva, e per due volte segretario della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. “Oggi è stato messo agli atti che il campo largo non ha funzionato perché qualcuno ha fatto l’accordo – aggiunge Anzaldi -, e non lo dico io, lo dicono i numeri”.
L’AVENTINO DEL PD HA FAVORITO L’ACCORDO TRA M5S, AVS E MAGGIORANZA
Qualche giorno fa, in un post su Facebook, Anzaldi aveva spiegato che con l’Aventino del Pd l’opposizione avrebbe potuto avere consiglieri solo con un accordo con la maggioranza. “Basta conoscere i numeri parlamentari per verificare un semplice fatto incontrovertibile: se il Pd non vota, il M5s di Conte non avrà i numeri per eleggere nessun consigliere, a meno che non faccia un accordo con la destra – aveva scritto Anzaldi -. Conte può eleggere un consigliere solo se si accorda con il Pd, oppure se fa un accordo sottobanco con Giorgia Meloni (consigliere M5s in cambio del presidente scelto dalla Meloni, in violazione della legge sul presidente di garanzia). Ecco i numeri:
CAMERA (elegge 2 consiglieri)
Voti maggioranza (Fdi+Fi+Lega+Noi moderati): 238 (119 voti per ciascun consigliere)
Voti M5s+Avs: 60
SENATO (elegge 2 consiglieri)
Voti maggioranza (Fdi+Fi+Lega+Noi moderati): 118 (59 voti per ciascun consigliere)
Voti M5s+Avs: 30″.
IL PATTO TRASVERSALE PER L’ELEZIONE DI ROBERTO NATALE E DEL PRESIDENTE
I numeri dicono che Roberto Natale, candidato di riferimento di Allenza Verdi e Sinistra, “è stato eletto con 43 voti, è chiaro che c’è un patto tra la maggioranza e l’opposizione”. Un patto che potrebbe avere un altro tassello: quello dell’elezione del presidente della Rai. “La legge che dice devono essere eletti quattro consiglieri, di solito ci si mette d’accordo e due ne elegge la maggioranza e due l’opposizione. E poi c’è l’elezione del Presidente, che deve essere un nome di garanzia. Siamo sicuri che non sarà eletta Simona Agnes?”.
CDA RAI: IL SENSO DELL’AVENTINO DEL PD
Il senso di questa operazione, almeno quello che viene spiegato dagli esponenti del Pd, è nella volontà di non collaborare con una Rai lottizzata e a un CdA “fuori legge perché il Media Freedom Act europeo è un regolamento già entrato in vigore”, come spiega lo stesso Partito democratico. “Il rischio è che con questi accordi la maggioranza riesca a eleggere un Presidente che non sarà di garanzia”, dice Anzaldi. Il nome proposto, come detto, è quello di Simona Agnes. “Fino a ieri era il consigliere di amministrazione del centrodestra, ora diventa Presidente del centrodestra; quindi, non è di garanzia – sottolinea Anzaldi -. Al di là dei conflitti di interessi, è la sua storia professionale che dice che non è di garanzia, che è di area di centrodestra”. Ma i guai, per il Pd, potrebbero non finire qui. “Il rischio è di andarsi a infognare in una riforma della Rai che o non fai o che subisci, perché la maggioranza è sempre la stessa, sarà questa maggioranza che farà la riforma della Rai”.
SCHLEIN, SEGRETARIA A RESPONSABILITÀ LIMITATA
Se i desirata del Pd prevedevano di procedere all’elezione di un nuovo Cda dopo la riforma della Rai, i dem stanno andando incontro a una grande delusione. Un nuovo insuccesso della segreteria di Elly Schlein. La responsabilità, però, secondo Anzaldi non è tutta della nuova segretaria. “Non possiamo addossare tutta la responsabilità a Elly Schlein. La Rai ha diversi gradini – continua Anzaldi -. C’è il capogruppo in vigilanza, c’è il capogruppo in Commissione trasporti, c’è il vicepresidente… diciamo che la Schlein ha messo la faccia”. Un’altra lettura, più maliziosa, potrebbe far pensare al desiderio dem di non collaborare a una stagione della televisione pubblica che non sta spiccando per ascolti e che ha visto molti volti di punta cambiare casacca. E poi addossare la responsabilità a chi ha collaborato con l’attuale maggioranza e l’attuale CdA.
IL PD HA SCELTO DI METTERSI IN MINORANZA DA SOLO
Sono tanti i dubbi sulla scelta strategica del Pd. “Il Pd ha scelto di mettersi in minoranza da solo. Se fosse stato messo in minoranza sarebbe stata un’operazione politica. Ripeto, per la prima volta il Pd non ha un consigliere di riferimento. Poi questi due consiglieri dell’opposizione sono così specchiati per cui il Pd si può vantare di non fare lottizzazione? Se il Pd fosse entrato in Aula e avesse eletto un nome come Antonio Di Bella o Goffredo De Marchis o Stefano Menichini, non sarebbe stato meglio? E non sarebbe stato anche più facile lavorare considerando che non c’era un ex dipendente Rai – si chiede Anzaldi -? Roberto Natale, un ex dipendente Rai, un ex sindacalista. Può avere le stesse idee di un democratico nella riforma della Rai?”.
CAMBIARE TUTTO PER NON CAMBIARE NIENTE
Ma quindi, cosa cambierà con questo nuovo CdA? “Niente. Secondo me, per esperienza, non cambia niente. Faccio un esempio. Il provvedimento che istituisce la war room è stato approvato in vigilanza all’unanimità, è stato approvato in CDA, quindi è legge. Aveva anche il visto di Gubitosi. L’abbiamo vista – si domanda ironicamente Anzaldi -? No, non cambia niente. Perché se una cosa che fa comodo alla politica, di destra o di sinistra, non cambia. Ho scritto una lettera a Grillo, sull’Huffington Post, chiedendogli di guardare a quello che stava succedendo questi Rai e di proporre un nome di valore per la Presidenza della Rai. Non ho avuto risposta”.