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“Elezioni amministrative: luna di miele del governo finita, il Pd sotto le aspettative”. Parla Buttaroni

Carlo Buttaroni

Intervista al sociologo e presidente di Tecné Carlo Buttaroni sui risultati delle ultime elezioni amministrative

Le elezioni amministrative del 14 e 15 maggio hanno restituito risultati certi in sei dei tredici capoluoghi di provincia chiamati alle urne. Tra questi Sondrio, Treviso, Latina e, in una certa misura, Imperia hanno scelto il candidato di centrodestra. Brescia e Teramo hanno scelto, invece, il candidato di centrosinistra. Risultati in bilico nelle altre piazze, in particolare a Pisa dove il sindaco Michele Conti ha mancato la vittoria al primo turno per un pugno di voti.
Il dato, certo, che arriva dalle amministrative di maggio è quello dell’astensione, continua l’emorragia di elettori che ha portato alle urne solo il 59% degli aventi diritto, nel 2018 erano il 62%.

Di tutto questo ne abbiamo parlato con il sociologo e ricercatore Carlo Buttaroni, presidente e direttore scientifico di Tecnè.

Il primo round delle elezioni amministrative si chiude 4 a 2 per il centrodestra. Continua la luna di miele del governo?

Innanzitutto, va precisato che le elezioni amministrative hanno un carattere di fortemente territoriale, legato alla geografia dei luoghi e alla loro storia e alla loro politiche. Questo elemento non va mai dimenticato, soprattutto quando si vogliono trarre considerazioni più generali rispetto alla politica del paese. Detto questo però i segni, come in tutte le elezioni, non sono mancate. Intanto bisogna ricordare che è una partita che si gioca in due tempi e questo primo tempo, sicuramente, si può dire che l’ha vinto il centrodestra unito. L’ha vinto perché, nonostante siano passati diversi mesi dall’insediamento del governo dopo la vittoria delle politiche del 25 settembre, il consenso al governo continua a essere molto solido.

Probabilmente la luna di miele è finita ma la luna di miele è soltanto un periodo in cui si è più disponibili a perdonare al governo delle aspettative mancate. Se la luna di miele è finita però il consenso non è calato come ci si poteva aspettare. La coalizione di centrodestra continua ad avere un consenso molto solido. L’altro elemento però è che il centrodestra continua a presentarsi come coalizione, il centrosinistra a guida PD ha troppe geometrie variabili e non appare agli elettori così solido e con un perimetro definito come invece per la coalizione di centrodestra.

Si è avvertito di più l’effetto Schlein o quello Meloni?

Nel complesso di può dire che l’effetto Meloni continua a essere il baricentro della politica in questo periodo, non soltanto perché al governo ma perché è la cifra sulla quale tutti cercano di misurarsi. Quello che probabilmente è mancato, per lo meno in questa prima fase, è proprio stato il segno della Schlein. Il suo essere diventata leader del Pd non sembra avere inciso in maniera così determinante, e questo si nota anche oltretutto nei sondaggi nazionali.

Dopo un primo effetto molto forte in cui il Pd ha recuperato, dopo una fase in cui era un partito senza leader, dopo le dimissioni di Letta, in questi ultimi giorni si è molto temperato quel primo slancio iniziale fino a perdere addirittura qualche punto. Questo può avere inciso sulle elezioni amministrative. La carica che aveva accompagnato e dato motivazione agli elettori di centrosinistra sembra essersi molto affievolita in questi ultimi tempi.

Questo può aver inciso sui risultati del primo turno ma ripeto, essendo una partita che si gioca in due tempi il secondo tempo potrebbe comunque lasciare spazio a recuperi. Certo è che il governo Meloni in questo momento appare molto solido, e comunque il fatto che il centrosinistra si presenti spesso con formazioni diverse non aiuta gli elettori ad avere un’offerta facilmente identificabile.

Quanto peso hanno i temi nazionali nell’ambito delle elezioni amministrative?

I temi nazionali che hanno inevitabilmente un peso anche quando si tratta di elezioni locali, perlomeno quando si tratta di grandi temi come lavoro, guerra, costo della vita, costo dell’energia, stipendi bassi, precarietà ecco questi temi comunque incidono nel far propendere gli elettori da una parte o dall’altra. Non conta soltanto lo spartito conta anche chi è capace di interpretarlo, su questo i candidati sindaci e i leader dei partiti locali hanno molto da raccontare e da dire.

Un partito può essere più o meno attraente e un candidato sindaco può essere più o meno attraente a secondo di quanto è capace di interpretare non soltanto i temi locali ma anche i temi nazionali facendosi interprete del sentimento dei cittadini. Sotto questo punto di vista possiamo dire che l’offerta politica è sempre un cocktail di elementi e i cocktail riescono bene quando gli i ingredienti sono messi insieme nelle dosi giuste.

Cosa emerge da queste elezioni in materia di flussi di voto interni alle coalizioni?

È ancora presto per dirlo perché è passato troppo poco tempo dalle elezioni e oltretutto c’è un elemento rispetto alle elezioni nazionali, un rumore di sottofondo che disturba ed è la presenza di molte liste civiche e di molti candidati civici a sindaco, perché rappresentano alternative che a livello nazionale non ci sono.

Questo fa sì che, spesso, interpretare gli spostamenti elettorali da una coalizione all’altra, da un partito all’altro è molto difficile, anche all’interno delle coalizioni, perché in molte coalizioni la presenza delle liste del candidato sindaco introduce una turbolenza che fa sì che sia difficile capire come si sono spostati i voti e, soprattutto, se i voti effettivamente si sono spostati da un partito all’altro o non abbiano, grazie alle liste dei candidati sindaci, semplicemente preso in prestito i voli dalle altre forze politiche.

Quindi sulle elezioni amministrative andrei molto cauto su per quanto riguarda i voti e i flussi elettorali. Una cosa si può dire, facendo un’analisi macro, grossomodo, in questa prima fase si può dire che il PD è stato un po’ al di sotto delle sue aspettative mentre Fratelli d’Italia ha mantenuto quelle che erano le attese della vigilia.

Il campo largo non sembra aver convinto gli elettori. In particolare, il M5S ha raccolto un risultato mediocre. Ci saranno impatti anche in ambito nazionale?

Il campo largo soffre soprattutto di un deficit che quello di non essere una coalizione. È un’offerta che prende forma secondo le circostanze locali e senza una visione nazionale, senza un ancoraggio fra partiti che abbia un respiro più lungo del tempo esclusivamente elettorale. Finché PD e 5 Stelle non escono da questo vicolo strettissimo difficilmente gli elettori capiranno che tipo di offerta politica rappresentano. Perché è vero che è ci può essere una convergenza tra forze politiche diverse in circostanze specifiche, però se si parla di campo largo a livello nazionale, poi sui territori in moltissimi casi non c’è corrispondenza e PD e Movimento 5 stelle sono alternativi.

Questo sfasamento lessicale confonde gli elettori anziché semplificargli la scelta. Sarebbe meglio che queste alleanze che, occasionalmente, vengono a determinarsi tra Pd e Movimento 5 stelle non fossero enunciazioni nazionali o che non creino delle attese agli elettori che poi non trovano riscontro o lo trovano soltanto in alcune circostanze.

Prosegue il trend dell’astensione, la partecipazione al voto di attesta al 59%, contro il 62 di 5 anni fa. Cosa tiene gli elettori lontani dalle urne?

La partecipazione è il calo ma ha avuto una flessione minori di quanto ci si aspettasse. È comunque un elemento molto importante e lo sta diventando sempre di più, i tre punti in meno rispetto a cinque anni fa è comunque un segnale negativo. Gli elementi che influiscono sulla disaffezione delle urne sono moltissimi ma cambia è cambiato anche il comportamento degli elettori che vanno a votare.

Ci fa un esempio?

Si è accorciato il tempo della scelta, prima si diceva che contassero le ultime due settimane, poi si è passati una settimana, adesso sono i 3-4 giorni prima del voto. Ma per una buona quota di elettori il momento importante è l’ultimo miglio tra casa e il seggio. Certo questo dipende anche dalla fine delle ideologie che erano comunque un agente mobilitante degli elettori che andavano al voto perché erano parte di un sistema che contrapponeva valori, idee e visioni. Questo non c’è più o comunque è molto attenuato rispetto a prima.

Ci sono altri motivi?

Certo. Un altro motivo altrettanto è che la politica viene reputata sempre meno capace di dare risposte alle esigenze delle persone, averla caricata di aspettative difficili da realizzare non ha aiutato in questi anni, alzare sempre di più l’asticella, ha avuto un effetto doping.  Dunque, è subentrato una sorta di disincanto per cui le persone ci credono sempre. Il terzo elemento che aggiungerei è che la politica parla un linguaggio spesso lontano dai cittadini, una lingua che i cittadini e le persone spesso non riescono a comprendere. Il fatto che la politica provi a dare di sé una rappresentazione vicina alla gente comune peggiora ancora di più la situazione.

Ormai il politico mostra di sé l’aspetto pubblico e l’aspetto privato, mescolare questi due piani, se in un primo momento può avvicinare e incuriosire il cittadino, dall’altro gli fa perdere autorevolezza al politico. E quella distanza non diventa più una distanza determinata dal fatto che il politico ricopre una certa carica, appunto l’autorità, ma una distanza che porta a considerare quelle persone simili a sé ma molto lontani per lo stile di vita e per il ruolo che ricoprono. Paradossalmente, dopo una prima fase di avvicinamento, questa presenza continua sui social crea l’effetto opposto.

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