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Elezioni regionali in Puglia. L’analisi di Dino Amenduni (Proforma)

Asl Taranto Emiliano

Una prima risposta alla domanda che ho ricevuto più di frequente negli ultimi trenta giorni. Il post di Dino Amenduni

Questo è il genere di post su cui si rischia di bruciare la propria reputazione. Metto dunque le mani avanti con un’argomentazione, per fortuna, vera: in un mese, nella politica contemporanea, può succedere di tutto. Il Covid purtroppo avanza in tutta Italia, una quota significativa – e sempre crescente – di elettori è portato a prendere la propria decisione di voto nelle ultime due o tre settimane e lo scenario è così inedito da rendere impossibile qualsiasi previsione con massimi livelli di certezza. È dunque possibile che questo post diventi presto carta straccia o che contenga gravi inesattezze. Ed è dunque possibile che ne debba scrivere un altro completamente diverso di qui al 20 settembre, e uno di scuse ancora dopo se mi va male. Ho detto più o meno le stesse cose che leggete qui anche in questa intervista per Radio Popolare (mi trovate dopo circa un’ora e quattro minuti dall’inizio della trasmissione).

Alle analisi su chi diventerà governatore della Puglia, complicate di per sé, vanno incrociati due elementi che nei sondaggi ‘verticali’, quelli che indagano le sole intenzioni di voto alle regionali, di solito non si misurano: l’impatto dell’election day, e nello specifico l’orientamento degli elettori sul referendum costituzionale sulla riduzione dei parlamentari, e le elezioni amministrative che riguarderanno un quinto dei comuni pugliesi, inclusi Andria (100mila abitanti), Trani (55mila) e altri tredici che hanno più di 15mila abitanti. Chi andrà a votare alle comunali farà aumentare l’affluenza per le regionali, e se sì in che modo? Il referendum farà un favore ai candidati sostenuti da liste che sostengono il sì, al contrario ci sarà un vantaggio per chi è posizionato sul no o questo incrocio sarà irrilevante?

DUE RAPIDI SUGGERIMENTI PER CHI GUARDA LE REGIONALI PUGLIESI DA LONTANO

No, non siamo l’Ohio d’Italia. Non saranno le regionali pugliesi a cambiare le sorti del paese. Se vincerà Emiliano, vincerà il governatore uscente; se vincerà Fitto vincerà qualcuno che ha già governato la Regione, in un posto in cui alle politiche il centrosinistra non vince da sempre nonostante alle amministrative le cose vadano diversamente. E a livello nazionale il centrodestra è avanti. (potete facilmente dedurre che escludo che gli altri candidati abbiano qualche possibilità di vittoria. Dopo spiegherò il perché).

No, non credo che i pugliesi voteranno sulla base di chissà quali indicazioni nazionali: voteranno prima di tutto il personale politico messo loro a disposizione dai partiti e dalle liste civiche locali, più o meno come accade in qualsiasi altra elezione regionale. L’elemento di pressione nazionale dipenderà dal livello di (s)copertura delle liste su base locale. Ma, come da tradizione delle elezioni al Sud Italia, le liste e i candidati al consiglio regionale non mancano di certo, soprattutto a sostegno di Emiliano (15 liste in tutto, tra cui esplicitamente alcune liste-civetta. Dopo spiegherò perché secondo me questo è il dato di cui tenere maggiormente conto).

UNA SFIDA A DUE: EMILIANO VERSUS FITTO

I sondaggi delle ultime settimane sono stati (a mio avviso) viziati da due distorsioni, una fisiologica e una più sottile. Quella fisiologica, per quanto non del tutto apprezzabile dal punto di vista etico, è la seguente: i candidati favoriti provano, attraverso i “loro” numeri, a dire di essere avanti rispetto al proprio avversario. In pratica: i sondaggi resi noti da Emiliano vedono avanti Emiliano, i sondaggi resi noti da Fitto vedono avanti Fitto. Questo ci dice, in ogni caso, che la partita può essere considerata ancora incerta. L’elemento meno facile da far emergere riguarda il periodo in cui queste rilevazioni sono state fatte, e cioè durante il pieno dell’estate. Chiedete a qualsiasi sondaggista scrupoloso se ritengono affidabili i dati raccolti in questo periodo dell’anno, e quasi tutti vi risponderanno di no. La sfida dei numeri appare dunque, più che altro, una battaglia di spin per mostrarsi più forte dell’altro.

Detto questo, mi pare improbabile che gli altri candidati abbiano qualche speranza di inserirsi in questa sfida: il MoVimento5Stelle non ha più la forza del consenso delle politiche del 2018, in cui riuscirono a vincere in tutti i collegi uninominali della Regione e arrivarono a sfiorare il 45% dei voti. Oltre alle difficoltà legate all’azione di governo, bisogna tenere conto del fatto che tra i candidati alla presidenza c’è anche Mario Conca, che aveva partecipato alle ‘primarie’ interne al MoVimento e che è stato espulso dopo averle perse. Questo dissidio interno peserà quantomeno sulla mobilitazione, e vedremo se inciderà anche sui voti effettivi.

Ivan Scalfarotto, candidato di Italia Viva, Azione (il partito di Calenda) e +Europa, sembra al momento tagliato fuori dalla più classica delle dinamiche del voto utile, per cui la sfida sembra a due sin dall’inizio, e poi bisognerà vedere l’effettiva forza delle liste a suo sostegno. La questione-liste è, infatti, almeno secondo me, la possibile chiave di volta dell’intera faccenda. Ma, come detto, accennerò più avanti a questa questione.

PERCHÉ L’ALLEANZA GIALLO-ROSSA NON AVEVA ALCUNA SPERANZA DI REALIZZAZIONE IN PUGLIA

Per due motivi, principalmente: Antonella Laricchia è già stata candidata presidente alle Regionali del 2015. L’avversario di Emiliano ‘da destra’, Francesco Schittulli, è stato di fatto cooptato poco dopo dallo stesso Emiliano, e dunque Laricchia si è ritrovata a fare la leader dell’opposizione anche in ragione del suo secondo posto assoluto in quella tornata elettorale. Poco dopo il successo, Emiliano propose al M5S di gestire tre assessorati (tra cui quello all’ambiente), in una sorta di tentativo ante litteram di formare l’attuale alleanza di governo nazionale, ma ricevette un secco e sdegnoso rifiuto. Emiliano, nel frattempo, è stato anche candidato alle Primarie nazionali del PD. Considerando che i candidati presidenti delle due forze politiche sono gli stessi di cinque anni fa (cioè Emiliano per il centrosinistra e Laricchia per il M5S), sarebbe stato impossibile immaginare un’inversione a U del MoVimento nei confronti di un candidato così chiaramente legato alla politica tradizionale.

In modo del tutto speculare bisogna dire che Emiliano mai avrebbe accettato di fare un passo indietro in nome di questo accordo nazionale, soprattutto perché è risultato il candidato della sua coalizione dopo aver vinto Primarie interne.

Per queste due ragioni credo che praticamente nessuno, anche chi formalmente ha lavorato per provare a riavvicinare PD e M5S, abbia mai creduto che questa alleanza potesse essere fattibile, e infatti l’appello del presidente del Consiglio (pugliese) Conte a ricomporre alleanze locali simili a quella nazionale è suonata, almeno a me, piuttosto avventurosa se non del tutto ingenua.

PERCHÉ RENZI E CALENDA NON SOSTENGONO EMILIANO

Con molta franchezza ritengo che le ragioni del mancato sostegno di Italia Viva, Azione e +Europa al governatore uscente della Puglia siano più di natura personale che politica. Sia Renzi sia Calenda hanno avuto scontri molto bruschi durante gli anni scorsi, soprattutto durante i governi di coalizione della scorsa legislatura. Le ragioni degli scontri sono nati quasi sempre su basi di tipo politico (Emiliano iniziò a prendere le distanze da Renzi durante la discussione sulla riforma della cosiddetta ‘Buona Scuola’; Calenda ed Emiliano sono stati spessi su barricate opposte sui temi infrastrutturali), ma se si considera che il principale argomento retorico utilizzato da Scalfarotto e dai suoi sostenitori contro Emiliano sono “l’eccesso di populismo” o “la mancanza di riformismo”, temi che per esempio non hanno impedito a Italia Viva di sostenere De Luca (che non sempre è stato delicato nei confronti dei Governi Renzi e Gentiloni) in Campania, c’è un ragionevole sospetto che Scalfarotto sia stato mandato a candidarsi in Puglia più per fare un dispetto a Emiliano che per misurare la reale forza di quel segmento politico. E se davvero dovesse passare questo messaggio nell’opinione pubblica, è ulteriormente probabile che il tema del ‘voto utile’ tra Emiliano e Fitto possa ridurre lo spazio di manovra del nuovo ‘quarto polo’.

E SE FRATELLI D’ITALIA SUPERASSE LA LEGA?

L’unico dato che a mio avviso potrebbe avere un reale impatto nazionale riguarda il consenso delle due principali forze della coalizione di centrodestra. Raffaele Fitto è infatti un esponente di punta di Fratelli d’Italia, la sua candidatura a governatore della Puglia è stata fortemente voluta da Giorgia Meloni ed è dunque possibile che esista un effetto traino a vantaggio di FdI e a svantaggio della Lega, che non a caso non è mai apparsa entusiasta di questa soluzione politica arrivata dopo settimane di discussione e dopo una distribuzione delle candidature regionali degna del miglior manuale Cencelli. In Puglia il substrato politico che ora dà forza a Fratelli d’Italia è sempre stato piuttosto forte, mentre la Lega è in difficoltà un po’ in tutto il Sud Italia: nelle manovre che Meloni sta provando dolcemente a fare per disarcionare Salvini dal ruolo di candidato premier del centrodestra, qui si potrebbe marcare un punto decisivo – o al contrario, si potrebbe perdere un’occasione forse irripetibile.

IN DEFINITIVA: CHI VINCE (E CON QUALE AFFLUENZA)?

Se oggi dovessi scommettere un euro, a oggi lo investirei sulla vittoria di Emiliano (con un margine nell’ordine dei quattro-cinque punti percentuali), per i seguenti motivi: alla fine la campagna elettorale si sta rivelando una sfida tra debolezze. Fitto, dal punto di vista del voto d’opinione, è il candidato ideale per Emiliano. Non è nuovo dal punto di vista politico (è stato presidente di Regione oramai 20 anni fa) e non entusiasma gli alleati di coalizione; Laricchia è la stessa candidata di cinque anni fa. Considerando che il M5S se la passa peggio di allora, mi risulta complicato immaginare un suo exploit personale.

Emiliano, che a sua volta non è più in grado di mobilitare grandi masse di popolo a suo favore (soprattutto a sinistra e nei segmenti demografici di età più bassa), ha capito di essere a sua volta in una posizione di debolezza e ha interpretato la campagna elettorale partendo proprio dai dati di scenario: candidati non nuovi, scarso interesse della cittadinanza (per ora, in pratica, si è parlato solo della composizione delle liste), data delle elezioni anomala e in piena (nuova) emergenza-Covid potrebbero portare a una riduzione dell’affluenza rispetto al già non entusiasmante 51% del 2015. Con meno elettori e con un voto d’opinione ridotto al lumicino, la via maestra per vincere le elezioni è la costruzione di liste forti, composte da professionisti della politica o, in alternativa/aggiunta, da un sacco di gente a caccia di voti sul territorio. La sproporzione tra le quindici liste di Emiliano e le cinque di Fitto potrebbe, alla fine, consentire al governatore uscente di limitare la perdita di voti (che, come spiegato prima, non dovrebbero essere poi troppi) legati alla candidatura di Scalfarotto e risultare decisiva per l’esito finale del voto.

COSA POTREBBE MODIFICARE QUESTO SCENARIO?

1. Un dato nazionale strabordante a vantaggio del centrodestra, che nemmeno la capillarità delle liste di Emiliano sarebbe in grado di contenere.

2. Un’eventuale sovrapposizione tra gli orientamenti del referendum sul taglio dei parlamentari e quello per le regionali. Il M5S potrebbe, in teoria, trarre un vantaggio da questo effetto-alone, ma è difficile valutare a discapito di chi;

3. Forti anomalie a livello di voto amministrativo che potrebbero creare situazioni altrettanto anomale a vantaggio o a svantaggio delle varie coalizioni a livello regionale, anche se nel recente passato (a partire dalla campagna delle amministrative a Bari dell’anno scorso) è emersa una certa capacità di discernimento da parte degli elettori.

4. Ultimo ma non ultimo (grazie a Giuseppe Campanile che me lo ha giustamente suggerito): cosa succederà se l’andamento dei contagi in Puglia sarà anomalo rispetto al resto d’Italia, verso l’alto o verso il basso? Emiliano potrà pagare o essere premiato da questo genere di numeri? E soprattutto (l’elefante nella stanza di questo periodo della politica): gli election days saranno confermate nelle date attuali del 20 e 21 settembre o bisognerà rinviare tutto?

Articolo pubblicato su medium.com

Dino Amenduni, socio dell’agenzia di comunicazione Proforma di Bari, è comunicatore politico e pianificatore strategico. È nato e cresciuto nel capoluogo pugliese. Ha una formazione psicologica e un master in marketing. Proforma negli ultimi anni ha lavorato a molte campagne elettorali, anche del centrosinistra.

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