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FdI è il partito di Giorgia. Il Pd è il partito di molti. Le elezioni europee viste dal prof. Vassallo
La polarizzazione dell’elettorato tra la leader di FdI e il concerto di voci del Pd. L’insuccesso del Terzo Polo e del M5S. La “rinascita” di FI. Intervista al prof. Salvatore Vassallo (Unibo)
I risultati delle elezioni europee incoronano almeno tre vincitori: Fratelli d’Italia, Pd e Avs. In realtà ce ne sarebbe un quarto, Forza Italia, che, da “partito personale”, è riuscita nell’impresa di sopravvivere alla permanenza in vita del suo leader, Silvio Berlusconi.
L’Istituto Cattaneo nel report “Europee 2024. Risultati e flussi” ha studiato in che modo si sono spostate le preferenze degli elettori tra i partiti, movimenti che hanno dato forma ai risultati elettorali.
Ne abbiamo parlato con il prof. Salvatore Vassallo, docente in scienza politica dell’Università di Bologna e Direttore della Fondazione di ricerca Istituto Carlo Cattaneo.
Professore ci spiega i flussi elettorali che hanno interessato Forza Italia e Lega?
Forza Italia e Lega hanno entrambe goduto di un piccolo incremento rispetto alle politiche del 2022 e si sono avvantaggiati della mobilità elettorale del Sud, veicolata da candidati in grado di spostare un po’ di consensi. Quindi non si è trattato del successo della linea sovranista di Salvini o della moderazione di Tajani. Entrambi i leader, però, escono confermati da questo risultato, hanno ottenuto un vantaggio politico. Dal punto di vista dell’analisi dei voti si capisce che hanno vinto al sud, in territori circoscritti, quindi attraverso spostamenti di voti in buona parte veicolati da singoli candidati.
E invece, per quello che riguarda FdI e il Pd?
Fratelli d’Italia e Pd crescono, come AVS, in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, prendendo voti da diverse direzioni. FdI più da Lega e Forza Italia, più dall’altro campo il Pd, entrambi dal cosiddetto Terzo polo. Sarebbe un azzardo dire che questo ha un particolare significato, io penso che abbia due spiegazioni, tra l’altro diverse.
Quali?
Prima di tutto questo è dovuto alla particolarità della legge elettorale per le Europee che ha una soglia di sbarramento relativamente alta e non aggirabile; perciò, le liste minori sono fuori gioco. In secondo luogo, entrambe si sono avvantaggiati della polarizzazione. Da un lato il timore che una crescita dei partiti di centrodestra potesse stravolgere gli equilibri politici a livello europeo, dall’altra la fiducia nella modalità con cui Giorgia Meloni sta esercitando la leadership di governo.
La presidente Meloni ha preso 2,3 milioni di preferenze. Nel Pd, invece, abbiamo una distribuzione più composita delle indicazioni di preferenze, pensiamo a Stefano Bonaccini con oltre 380mila preferenze e Antonio Decaro con 495.617. Cosa significa?
Allora diciamo che riscontriamo una certa asimmetria negli effetti della polarizzazione, un’asimmetria che riflette la diversa struttura organizzativa di questi due partiti. Nel caso di Fratelli d’Italia il voto riflette la struttura per la quale c’è la leader e al di sotto c’è una classe politica in cui non c’è nessuno che svetti. Ci sono molte persone, peraltro della stessa generazione e dello stesso circuito politico della leader, che competono anche per posizioni parlamentari, ma c’è uno stacco visibile in ogni circoscrizione tra i voti che prende Meloni e i voti che prendono i candidati al Parlamento europee.
E nel caso del Pd?
Nel caso del Pd non sembra che ci sia stato un ruolo così spiccato della segretaria nel sostenere la crescita elettorale del partito. Se guardiamo le preferenze vediamo che Schlein, nei due collegi nei quali è candidata, non prende molto di più dei candidati che arrivano dopo di lei. Nel caso della circoscrizione dell’Italia centrale, lei prende 120.000 preferenze ma Nardella, Ricci e Zingaretti prendono tra 80mila e 100mila. Non solo, mentre lei prende 120.000 preferenze, Decaro ne prende quasi 500.000, in una circoscrizione in cui il Pd ha più o meno gli stessi voti per il partito, Bonaccini prende 380.000 e pure Giorgio Gori ne prende quasi 200.000 nel nord-ovest, Cecilia strada circa 250.000.
Quindi c’è una diversa distribuzione del consenso e della leadership nel Pd.
I dati che abbiamo analizzato mostrano che, per esempio c’è un chiaro effetto Decaro al sud, di trascinamento del successo elettorale del PD, in particolare in Puglia e a Bari. Tra l’altro la Puglia è uno dei pochi casi nei quali il Pd attrae una quota significativa di elettori ex 5 Stelle. Lì c’è un chiaro effetto di trascinamento di un candidato. Non ci sono evidenze empiriche che la Segretaria abbia spinto il partito, ma questo non va necessariamente a demerito. Semplicemente riflette un diverso tipo di organizzazione: da un lato c’è la leader e una serie di figure minori, dall’altro ci sono varie figure che hanno una reputazione, un nome, un’esperienza, una credibilità e che sono stati in grado di trainare il partito.
Quindi sarebbe troppo semplicistico dire che abbia funzionato la strategia di polarizzazione?
Ha funzionato la strategia di polarizzazione ma non della polarizzazione tra le due leader, perché c’è un’evidente asimmetria nel ruolo che le leader giocano in Fratelli d’Italia e nel Pd. Nel primo caso la leader è identificata col partito e il partito è identificato con la leader. Il voto a Fratelli d’Italia è principalmente un voto per Giorgia Meloni. Nel caso del Pd non sembrerebbe.
Professore lei prima ha parlato del successo di Decaro in Puglia. E questo è un dato che smentisce le ipotesi di ricadute, in termini elettorali, delle inchieste della magistratura che hanno interessato la politica pugliese.
Questo ci dice che, forse, la percezione veicolata dai media non corrisponde a quella dell’opinione pubblica barese. È sembrato che fossimo di fronte a una nuova “Mafia capitale” ma evidentemente l’opinione pubblica barese non ha lo stesso genere di percezione.
Il risultato di AVS dipende anche da un risultato, diciamo, sotto le aspettative del Movimento 5 Stelle? Si sono scambiati i lettori?
Questo è un po’ difficile da dire, perché parliamo di numeri piccoli. Quello che vediamo dai flussi in uscita del Movimento 5 stelle, con una notevole regolarità, è che non c’è molto che vada verso sinistra. Io ho l’impressione che questa volta ci siano stati molti flussi incrociati. Questo rende molto difficile fare delle misure precise. Cioè ci sono stati elettori del Pd che hanno votato per AVS, una piccola quota di elettori 5 Stelle che però non credo abbiano fatto una differenza. Ma non c’è un flusso unico che spiega i risultati dei tre che hanno vinto di più, cioè AVS e Fratelli d’Italia e Pd.
Professore passiamo ora a chi queste elezioni le ha perse: il Terzo Polo. Quali sono stati i flussi elettorali più interessanti che hanno interessato Stati Uniti d’Europa e Azione?
Queste due forze hanno perso elettori di opinione e hanno attenuato la sconfitta con elettori portati da personalità locali, territoriali, soprattutto al sud. Stati Uniti d’Europa e Azione hanno perso voti in maniera diffusa, sia a destra che a sinistra, cioè sia verso Fratelli d’Italia sia verso il Partito Democratico e, probabilmente, anche un po’ verso Forza Italia, ma hanno attenuato la sconfitta con risultati particolarmente positivi, più positivi che nel 2022, in Campania e Basilicata, per esempio. Quindi non è, verosimilmente, un voto attratto da un messaggio politico ma sostenuto dalla presenza di candidati accattivanti. Questo è un caso da manuale di quello che, in forma aulica, i politologi chiamano “fallimento del coordinamento in fase di formazione dell’offerta”, cioè di presentazione delle candidature e che altri possono considerare una stucchevole competizione tra individui che non si rendono conto che il conflitto tra di loro può generare questo genere di effetti controintuitivi.
Possiamo guardare a questo risultato e pensare che insieme avrebbero ottenuto almeno il 7%?
Io penso proprio di sì. Data la natura dei consensi che avevano e le direzioni che hanno preso, io penso proprio di sì. Una proposta unitaria di questa area, promossa da una leadership stabile, credibile, non rissosa ha uno spazio che è verosimilmente misurabile intorno al 7% ma forse anche qualcosa di più.
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