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“Forza Italia a rischio sfaldamento”. Parla il prof. Ricolfi

Per Forza Italia si apre una fase molto delicata: riuscirà a sopravvivere al suo leader? Ne abbiamo parlato con il prof. Luca Ricolfi

La scorsa settimana Forza Italia ha perso il suo leader storico, l’unico capace di succedere a sé stesso nei quasi 30 anni di impegno politico. La morte di Silvio Berlusconi rende ora contendibile quella leadership che per tre decenni è stata saldamente tra le mani dell’ex Premier, vero padre e padrone della sua creatura politica. Forza Italia è chiamata a disputare una partita nella quale si gioca la sua stessa esistenza: conservare il corpo elettorale, rinsaldare le spaccature tra le correnti ed limitare la diaspora di parlamentati.

Ne abbiamo parlato con il prof. Luca Ricolfi, sociologo e politologo, ordinario di Psicometria presso l’Università degli Studi di Torino e in libreria con “La mutazione. Come le idee di sinistra sono migrate a destra” (ed Rizzoli).

Nel corso delle ultime elezioni Forza Italia ha raccolto l’8% circa. Un consenso che i commentatori hanno attribuito al leader. Ora che il leader non c’è più il partito è a rischio sfaldamento?

A breve no, i sondaggi danno Forza Italia sopra il 10%, una sorta di effetto alla Berlinguer (ricordate l’exploit del Pci dopo la morte del suo leader?). A medio e lungo termine invece lo sfaldamento è possibile, anzi – a mio parere – è lo scenario più verosimile. E questo per una ragione tanto semplice quanto decisiva. In quasi 30 anni Berlusconi, proprio come i più narcisisti baroni universitari, ha sempre accuratamente evitato di allevare politici non dico alla sua altezza, ma almeno capaci di ricevere il testimone, di garantire continuità e un po’ di carisma. Ora è tardi, mi sembra impossibile tirare fuori dal cilindro un vero leader, capace di guidare una macchina complicata come quella di Forza Italia, e al tempo stesso non farsi sbranare dai vari capicorrente.

Quali sono i temi sui quali il partito dovrà concentrarsi per riuscire a conservare una parte di quei voti? Potrebbe essere più facile con l’impegno diretto di uno dei figli di Berlusconi?

Non credo sia questione di temi, a parte le pensioni minime a 1000 euro e la riforma della giustizia, che sono il minimo sindacale per preservare l’identità di Forza Italia.

Sul ruolo dei figli di Berlusconi è impossibile pronunciarsi, perché nessuno (salvo forse gli amici più stretti, tipo Gianni Letta e Fedele Confalonieri) ha idea delle capacità non tanto politiche, ma innanzitutto comunicative, dei figli di Berlusconi.

Secondo lei l’elettorato di Forza Italia potrà convergere con più facilità verso il Terzo Polo o Fratelli d’Italia? E per ciò che riguarda i parlamentari c’è il rischio di una diaspora?

Distinguerei nettamente elettori e parlamentari. A livello di elettori, la convergenza più naturale sembra essere quella su Fratelli d’Italia, il Terzo Polo manca di un leader (2 sono troppi…) e – per ora – non ha una linea politica riconoscibile a livello di massa.

A livello di parlamentari, tutto dipenderà dalle contropartite, ossia da chi fra Meloni e Renzi o Calenda offrirà di più. La mia impressione è che tutti e tre offriranno pochissimo, anche se per ragioni diverse. Meloni ha un sacco di posti, ma tende ad accogliere solo persone di cui si fida al 100%. Renzi e Calenda hanno pochissimi posti, e già si sono dissanguati accogliendo personaggi borderline come Carfagna e Gelmini. Se proprio dovessero imbarcare qualcun altro, suppongo che andrebbero a cercarlo dalle parti di personaggi come Cottarelli, assai più affidabili e strutturati rispetto agli ex sostenitori del Cavaliere.

È plausibile pensare alla riformulazione di una grande federazione dei partiti di centrodestra, sull’esempio del Pdl, che abbia come centro FdI e inglobi anche FI e Noi Moderati.

Sì, è concepibile, ma solo a condizione di non provare a inglobare anche la Lega. Però non credo che a Fratelli d’Italia convenga: finché c’è Giorgia Meloni, e finché il premier non commette errori gravi, può tranquillamente drenare elettori da Foza Italia e da Noi Moderati (una lista sotto l’1%) senza pagare prezzi in termini di cessione di posti o cambiamenti della linea politica.

Più che una federazione, quel che potrebbe attirare Giorgia Meloni è l’eventualità di un nuovo “predellino”, con restyling del simbolo e forse pure del nome del partito, ma senza contaminazioni con Forza Italia e Noi Moderati.

Le prossime elezioni europee saranno le prime in cui assisteremo a un’alleanza tra conservatori e popolari?

In Europa le alleanze si fanno dopo il voto. L’ingresso dei Conservatori e Riformisti di Giorgia Meloni nel governo mi pare altamente probabile, la vera domanda è se entreranno anche i rappresentanti di Identità e Democrazia, un gruppo che include la Lega di Salvini, il Rassemblement National di Marine Le Pen, e Alternative für Deutschland di  Alice Weidel. Un’eventualità che diverrebbe probabile, se non obbligata, nel caso in cui la classica alleanza Socialisti-Liberali-Popolari non avesse la maggioranza, e un semplice allargamento ai Conservatori e Riformisti si rivelasse impossibile per mancanza di voti, o per l’indisponibilità di Giorgia Meloni a far nascere un governo con i socialisti e senza la destra estrema di Identità e Democrazia.

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