Al via l'8 dicembre Atreju, il grande appuntamento politico e culturale di Fratelli d’Italia. Il…
Fratelli d’Italia col vento in poppa
I Graffi di Damato
La corsa ai sondaggi prima del divieto di diffonderne i risultati sino al giorno delle votazioni è stata mediaticamente vinta dalla emittente televisiva di Urbano Cairo con una rivelazione eseguita per suo conto dal telegiornale di Enrico Montana, quasi a ridosso di un’altra commissionata dal salotto di Lilli Gruber. E’ stata quindi una gara, alla fine, tutta interna a la7.
Ve ne riferisco in modo molto sommario per obbligo, a questo punto, di legge. Si sono allungate le distanze fra il centrodestra e la maggiore coalizione concorrente, quella formata da Enrico Letta attorno al suo Pd. E all’interno del centrodestra fra i partiti di Giorgia Meloni e quelli arrancanti di Matteo Salvini e di Silvio Berlusconi. Il quale ultimo è ancora più a rischio di sorpasso anche da parte del cosiddetto quarto polo improvvisato da Carlo Calenda e Matteo Renzi per pescare voti appunto in quelle acque, oltre che nel bacino del Pd. Dove Enrico Letta -si sa- ha preferito lasciarsi abbandonare dai due concorrenti di centro con i quali si era già accordato piuttosto che abbandonare, a sua volta, verdi e rossi che pure non avevano mai accordato la fiducia al governo di Mario Draghi. In difesa del quale invece lo stesso Letta aveva rinunciato al cosiddetto “campo largo” con i grillini. Che alla fine avevano rotto con Draghi per diventare più competitivi a sinistra proprio col Pd, ma senza riuscire più di tanto nell’obiettivo perché l’ultimo sondaggio li dà in competizione con la Lega, piuttosto che col Nazareno lettiano.
Questa situazione, che con minore sintesi non sono purtroppo riuscito a rappresentare, rafforza le ambizioni o aspettative di Giorgia Meloni a 15 giorni dal voto. E allarma naturalmente i suoi avversari, venuti particolarmente allo scoperto oggi sul Fatto Quotidiano con la rivelazione di un certo traffico svoltosi al Quirinale, e al massimo livello, nel mese di agosto. Si è riferito, in particolare di “due vertici segreti” fra Sergio Mattarella e Giorgia Meloni, con Mario Draghi messo sullo sfondo in un malizioso fotomontaggio, per preparare quel “clima unitario” post-elettorale non a caso auspicato negli ultimi giorni da Guido Crosetto. Il quale sta alla Meloni come Silvio Berlusconi si è proposto alla stessa Meloni e a Salvini: un padre rispetto ai figli.
Chissà se tutto questo, peraltro, riuscirà alla fine a ridurre un altro rischio che incombe sul voto del 25 settembre: una sospettosa o sconcertata fuga degli elettori dalle urne, in linea con una tendenza che già a livello amministrativo ha portato l’astensionismo allo stato consolidato di primo partito italiano. Ciò danneggerebbe ulteriormente la rappresentatività del Parlamento già compromessa da una riforma monca, che ne ha ridotto di un terzo i seggi a legge elettorale invariata -e che pasticcio di legge- e a regolamento anch’esso invariato alla Camera.
Non per portare acqua al mulino del Fatto Quotidiano, dove i confini fra l’informazione e la partecipazione attiva alla lotta politica -diciamo così- sono quanto meno incerti, ma per una doverosa presa d’atto di cose realmente avvenute di recente, i “due vertici” al Quirinale rivelati dal giornale di Marco Travaglio spiegherebbero la dura reazione opposta da Mattarella allo “stupore”, riserve e quant’altro attribuitegli dal pur autorevole quirinalista del Corriere della Sera, Marzio Breda, sulla automaticità di un conferimento dell’incarico di presidente del Consiglio a Gorgia Meloni in caso di vittoria elettorale del centrodestra e sua personale. Quale andrebbe appunto delineandosi con gli ultimi sondaggi per la giovane leader della destra dichiaratamente conservatrice. Che sono ultimi naturalmente in senso relativo, perché di ultimo davvero ci sarà solo il verdetto delle urne.