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Gaza, il solito Conte alla fine più con l’aggressore che con l’aggredito
Nella “guerra totale” in corso a Gaza l’ex premier Giuseppe Conte sembra parteggiare più per l’aggressore che per Israele. Le riflessioni di Francesco Damato
Novecento morti, migliaia di feriti, alcune centinaia di dispersi, più di cento ostaggi, fra cui due italiani, per limitarci alle persone e non parlare dei danni materiali subiti da Israele, non bastano evidentemente all’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in cravatta e senza, col suo passo sempre rapido e quasi allegro, per capire che “a Gaza è guerra totale”, come ha titolato realisticamente Il Secolo XIX.
Come già accadde dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, quando il nostro per fortuna non era più a Palazzo Chigi ma faceva ancora parte della maggioranza e si lasciava rappresentare al governo dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, dissentendo tuttavia da lui, Conte da una parte solidarizza con l’aggredito di turno, riconoscendogli il diritto alla difesa, e dall’altra ne trova sproporzionate le reazioni o le alleanze e protesta cambiando praticamente campo.
PER UNA VOLTA CONTE D’ACCORDO CON SANSONETTI
Anche con gli israeliani e con le loro bandiere insanguinate Conte ha steso un documento di “profonda preoccupazione” per la “preannunciata sproporzionata reazione” destinata a colpire “l’inerme popolazione civile della striscia di Gaza”, cui Israele – ha aggiunto l’ex premier a voce- ha già tolto luce, gas e cibo violando “il diritto umanitario”.
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Per una volta – ma temo che a questo punto non sarà l’unica – Conte si trova d’accordo col giornalista italiano, credo, più distante da lui dal primo momento che se ne fece il nome come premier, considerandolo semplicemente un fantasma inventato da un comico: Piero Sansonetti. Che oggi, copiandogli voce e pensiero, ha titolato su tutta la prima pagina della sua rinata Unità sulla guerra in Israele “E’ partito l’antiterrorismo (assomiglia al terrorismo)”. L’aggredito, cioè, equivale all’aggressore, se non è addirittura peggiore disponendo di più mezzi per danneggiarlo maggiormente nella reazione.
L’EX PREMIER CONTE CANDIDERÀ PATRICK ZAKI?
Non si arriverà probabilmente all’arruolamento pentastellare di Sansonetti per il legame sentimentale con una certa sinistra che il mio amico Piero ha dimostrato facendo riesumare l’Unità dal suo amico editore Alfredo Romeo, e così ringiovanendo per avervi a lungo e intimamente lavorato quando il giornale era l’organo ufficiale del Pci.
Tuttavia Conte, dopo avere arruolato fior di magistrati giunti al pensionamento ma decisi a perpetuarsi in politica con le loro pratiche e idee, e perduta la speranza ormai di un accordo con Michele Santoro, potrebbe oggi pensare a candidare nelle sue liste, magari già alle elezioni europee dell’anno prossimo, quel Patrick Zaki che l’Italia è appena riuscita a strappare alle prigioni egiziane. E che si è praticamente unito ai terroristi palestinesi condividendo la lezione che hanno dato a quel terrorista più di loro che sarebbe il premier israeliano. Pazienza, evidentemente, per i novecento morti, ripeto, le migliaia di feriti, le centinaia di dispersi e ostaggi di parte israeliana, cui tuttavia Patrick dovrebbe aggiungere le vittime e i danni di quella parte palestinese nella quale si riconosce.